
Siamo fatti a immagine e somiglianza di Dio. È quanto si nasconde sul piano vibrazionale in ciascuno di noi. Sul concetto di contenuto e forma la filosofia ha fornito risposte differenti.
Approfondimenti su artisti ed elaborati critici su opere scritte, figurative e musicali a cura della dott.ssa Ippolita Sicoli
Siamo fatti a immagine e somiglianza di Dio. È quanto si nasconde sul piano vibrazionale in ciascuno di noi. Sul concetto di contenuto e forma la filosofia ha fornito risposte differenti.
Essere presi totalmente da una persona si dice "Mi fa sangue" così come "ho nel sangue" indicando di essere posseduti da una forma di incantesimo. È questo il risvolto magnetico della fascinazione provocato da Venere "dea dell'amore" che come tante divinità ha il suo lato oscuro negli abissi.
Ci sono opere di un'attualita' sconcertante perche' riecheggiano nelle stanze dell'anima spoglie di qualsiasi orpello.
Siamo soliti concepire il logos al singolare nella sua complessità di significati. Logos dalla cui radice deriva anche Lingua è un termine prettamente greco che esprime più di tutti il pensiero più maturo della cultura ellenica.
La sacralità di Vesta Estia la ritroviamo nella posizione eretta delle statue che la rappresentano e dalla curiosa posizione assunta dalle dita. L'indice, seppur lievemente arcuato sospinge lo sguardo verso l'Alto sede dell'Uno. Richiama il dito indice che ritroviamo nell'iconografia di San Giovanni Battista riproposta da Leonardo e sempre dello stesso genio nel Cristo Redentore.
Creare un'immagine che esca dagli argini è una prerogativa dell'arte che matura la sua sfera estetica disgiungendola dal paradigmatico valore simbolico. L'Arte rappresentativa matura in elegante e disinvolta evoluzione nel passaggio dal Medioevo all'Umanesimo.
Iniziò il Medioevo a rappresentare per poi piano piano sostituire con l'uomo quanto di prodigioso esiste. Forse perché la selvatichezza era quanto di più lontano da Dio potesse esistere.
La mantella avvolge e non disperde. È la placenta posta magnificamente in rilievo dall'arte. Esprime l'intima accoglienza che perdura e si trasferisce all'esterno. Il borgo medievale, nonostante scoscenda dalla rocca, è sede d'incontro con l'aspetto femminile messo in risalto dalla cinta muraria.
Più l'uomo pensa di assolvere all'obiettivo di essere invisibile e distaccato da quanto propone, più lascia tracce di sé. Nell'arte come nella vita, così come nel tradimento coniugale.
La pittura del Settecento e la scultura di cui Canova è il massimo esponente già guardano al nuovo periodo nascente. Le espressioni dolci che i soggetti esternano con la luce che sembra diffondersi da dentro, suggeriscono la Verità e l'esigenza di aderirvi, riposta nell'animo slanciato verso un desiderio inafferrabile di infinito.
Il legame tra San Giovanni e Firenze è molto antico e dimostrato dalle opere artistiche e architettoniche che rendono la città ben nota in tutto il mondo. A San Giovanni Battista è intitolato anche il centro nevralgico delle opere più importanti che caratterizzano la città, come il Battistero di San Giovanni, Santa Maria della Croce e gli Uffizi.
Mangiando ci nutriamo dell'Universo. Anche il cibo ci parla attraverso l'estetica dei legami con l'integrità. Inseriamo forme e saperi che ci nutrono dall'interno come le sostanze che ingeriamo. È questo il principio che ha permesso alla Natura di trovare un posto fondamentale nei culti fondati sui riti.
La corrispondenza ha sede nel cuore. Anche laddove la croce non si palesa chiaramente ed è velatamente presente, rappresenta il nocciolo dell'esperienza medievale. La ritroviamo difatti nell'incontro che fa scoccare la scintilla tra i due innamorati.
Dante ci presenta il Purgatorio come un monte. Il monte, a differenza della montagna, stimola la figura di un triangolo isoscele. Il monte è slanciato, la montagna è massiccia. Come ho già spiegato nei precedenti articoli a proposito degli agrumi, il triangolo è l'evoluzione estetica che segue allo schematismo induttivo dei raggi della circonferenza.
Il Medioevo è un'epoca dalle marcate contraddizioni che senz'altro contribuirono a vivacizzarne i contenuti. La visione del mondo fornita da Gesù s'imprime in un nuovo concetto d'ordine che tiene conto della giusta successione di eventi.
Il bue alato che rappresenta l'evangelista Luca ci riporta inesorabilmente alla simbologia mazdeico persiana degli Amesha Spenta.
A differenza del Cristianesimo medievale che stimola pensieri ed emozioni cupe, il mondo pagano splende di luminosità e di una fantasiosa gamma di colori. Gli spiriti che animano boschi e brughiera sono creature fatate che suggeriscono stati di gioia.
Il Medioevo è l'epoca delle visioni che non sempre vengono classificate in senso positivo. Alla base c'è il Cristianesimo col tema della Resurrezione che va a incrociare quello pagano degli spiriti immersi nella Natura. La Natura è spirito, dirà Hegel in Età Romantica recuperando quanto avvertito nel Medioevo.
È sicuramente con Dante che il Dolce Stil Novo acquista la sua significativa importanza divenendo altro che non sia solo celebrazione delle virtù femminili. La sua Beatrice da donna storica si erge a modello indiscusso di grazia, portandolo a ergersi dal piano ontologico a quello metafisico.
Anche a proposito dello Stilnovismo Dante presenta delle forti originalità e proprio a riguardo di Beatrice. Partiamo dalla considerazione che il Dolce Stil Novo prende spunto dalla figura della Vergine di tramite tra l'uomo e Dio.
Lo Stilnovismo pregna il Medioevo e pone altresì l'accento sull'invito a rinnovare senza sacrificare nulla delle tradizioni passate. Lo Stilnovismo in Dante assume caratteristiche proprie che universalizzano la sua impronta letteraria trasferendovi il progetto di rinnovamento che tocca in lui diversi ambiti, rendendo il suo patrimonio letterario poliedrico.
Il Medioevo è l'epoca del bianco e del nero e dei dissidi nell'anima. Si è in Cristo e attraverso di Lui si ascende al Padre, per cui quanto è della dimensione del Soprannaturale viene guardato con sospetto se non è nel nome di Cristo.
Chiudere è anche mantenere vivo il presente in sé stessi. Proteggerlo per dare inizio a una nuova vita. È qui il significato dietro il gesto ritualistico di serrare le imposte all'imbrunire, invitando il cielo ad entrare nella casa e a colmare lo spazio tra i muri di infinito.
Nonostante la pietra sia considerata materia inorganica, ci sono dei riferimenti che la assimilano al legno. Abbiamo visto come pietra e legno siano stati determinanti per l'evoluzione delle civiltà antiche.
La profondità è passato. La profondità è futuro. Il mare c'insegna che ogni sponda è inizio e fine. Ogni luogo è un abbraccio, qualcuno più forte degli altri che si esprime in verità. E in quest'abbraccio dimora il presente. Non ha senso un luogo se non è di stimolo a lungimiranti grandezze.
L'ambiguità è il neutro. Altra cosa è l'androgino. Se il neutro è associato alla vanificazione dei caratteri maschile e femminile, al contrario l'androgino ne è la sintesi. Sulla base di questo concetto possiamo dedurre che il primo è il nulla, la vanificazione di ogni principio, il secondo invece è la completezza che rimanda al Tutto divino.
Considerare il Medioevo chiuso alle influenze mediorientali e arabe significa non comprenderlo in profondità. Nonostante il pieno controllo della Chiesa sulla società e sulla vita culturale, sono tanti i riferimenti che ci riportano alla cultura mediorientale, attraverso l'Adriatico e l'Egeo.
In alchimia il metallo con la croce a cui corrisponde il pianeta omonimo è Mercurio collocato da Dante nel secondo cielo. La visione della croce nell'immensa luce composta dai beati è riferita al cielo di Marte, il quarto per ordine nell'ascesa verso il cielo più alto. Stupisce perché proprio al pianeta rosso Dante abbia associato il simbolo per eccellenza dei Cristiani.
La croce nella luce che vede Dante è immagine di vera Resurrezione. Non c'è visione che non abbia un significato universale che elevi a vera fede quanto il credente ritiene. La visione di un santo o di un angelo è una visita che risolleva il nostro essere da una forma di scoramento, oppure la risposta tanto attesa a una supplica.
Nella luce ogni pelle è un velo e come tale nasconde e rivela. "Velo" e "rivelazione" che lo contiene sono presenti nella poetica di Dante il quale superbamente descrive il passaggio della luce nei corpi che ad essa tendono e da essa si fanno assorbire mantenendo ciascuno la propria visibile identità.
Che cos'è il Paradiso se non il luogo nascosto negli occhi di chi guarda? È tensione e se non fosse a parte rispetto a dove siamo, non sortirebbe lo stesso effetto di attrazione e di richiamo. È il luogo della luce, un lago d'oro tra le tenebre. È il luogo in cui si perde lo sguardo degli innamorati che di colpo si scoprono artisti.
L'immagine del volo sembra contrastare con la severità della pietra che diviene simbolo dell'architettura sacra medievale, in particolare del Romanico. Sebbene le abitazioni e le costruzioni nel Nord Europa fossero prevalentemente in legno, la pietra ha la sua rilevanza ovunque e ci ha lasciato testimonianza di sé attraverso gli imponenti castelli.
È dei sogni rimandarci a contenuti sui quali non ci soffermiamo mai doverosamente, o che diamo per scontati. È anche dei sogni distogliere dalle false convinzioni che condizionano i nostri rapporti interpersonali.
La bolla associata al blu ha il suo sapore artico e natalizio, così come estivo, delle profondità abissali. La bolla è blu, l'ampolla che deriva dalla stessa radice ha impressa anch'essa il carattere della trasparenza ma incolore. "Mille mille bolle blu!" cantava Mina.
Ciò che il Clero medievale combatte, in realtà appoggia. È questo alla base di una miriade di contraddizioni che lacerano quel momento storico. Il prete pigro e ingordo o comunque, che vuol tenersi fuori dagli impicci, non è solo una trovata manzoniana inerente al Seicento, ma indica il personaggio tipico di quell'epoca.
Assodato che la pancia non piace a nessuno, c'è purtuttavia da fare un distinguo tra l'uomo e la donna. La pancia nell'uomo sembra non serva a un bel niente e ciò ha influito senz'altro sui canoni estetici epocali e moderni. Nella donna è ben diverso.
Ho parlato del triangolo come della prima figura geometrica. In effetti lo è, in quanto ottenuto dalla linea di congiunzione tra due segmenti o lati. Atipica è la posizione della circonferenza all'interno di tutte le figure geometriche intese anche come simboli, perché essa attiene alla dimensione di antetempore e a quella finale, oltre il tempo, che coincide col principio o punto di partenza.
Cosa definiamo sacro? Senza voler banalizzare quanto lega l'uomo a questo sensibile aspetto della vita, siamo soliti definire sacro con la s minuscola quanto improvvisamente rapisce il nostro sguardo, scaldando l'anima e rendendo brillante anche un luogo prima anonimo. Siamo legati alla percezione di un luogo più di quanto ne siamo mai consapevoli e quel particolare che ci colpisce è in empatica sacralità con il nostro dove.
Il passaggio dalle mani prima alla zappa rudimentale e all'aratro poi, ha seguito un percorso che ha modificato il rapporto uomo Natura, uomo animale. Il bue, animale di tre lettere associato a una sacralità primitiva e discendente dall'uro, è diventato il tramite del capovolgimento del rapporto uomo rispetto all'ambiente.
In ciò che non abbiamo ancora veduto sono nascoste le nostre potenzialità. Avvertire dentro è una forma non di premonizione perché ciò nasconderebbe un utile. Avvertire è un vero e proprio sentimento e quindi è libero a prescindere, come lo è il cielo.
Se la musica è esaltazione, l'arte rappresentativa è contemplazione. La musica sa essere immediata e per questo attraversa le frontiere ed è presente nei momenti di condivisione, di festa come di dolore.
Ci sentiamo spogli di tutto ciò che deve cadere. Degli appuntamenti a parole, degli incontri mai accaduti o ripetuti. Questo è l'autunno e la nebbia che avvolge, ci invita a non aspettarci niente da nessuno, se non da noi stessi.
Il simbolo nella sua semplicità ci porta a visualizzare realtà complesse. Nulla ci trasporta nel regno del tangibile più di una immagine e anche quanto il contenuto da essa veicolato si profila il più lontano pensabile da quanto appare, essa ce lo trasla in rappresentazione.
Abbiamo visto come Bacco a differenza del suo antesignano Dioniso, sia un dio legato all'aspetto godereccio della vita e ispiratore dei canti carnascialeschi rinascimentali che trovano nel "Trionfo di Bacco e Arianna" di Lorenzo il Magnifico una valida testimonianza del rapporto tra la goliardia aristocratica giovanile e la dimensione sacra ritualustica che si cela dietro l'immagine di Bacco.
L'Autunno insegna che si può splendere anche dopo la morte. Che la morte è colore e poesia. Lo vediamo dalle foglie cadute al suolo che raggiungono sfumature strabilianti, colori succulenti.
Dobbiamo pensare alla ghirlanda come a un unico abbraccio che circonda la terra e la contiene. Pensiamo ad essa in rapporto al tempo del Natale che ritroviamo in cima all'anno e l'abete più di ogni altro albero lo rappresenta proprio in virtù della punta apicale.
"Vita" e "Vite" si somigliano e s'incontrano rispettando le reciproche inclinazioni che si risolvono nella tensione verso se stessi e verso gli altri, nella ricerca di incontro che è implicita nella pianta. La riscoperta della luce in sé stessi si concretizza nella discesa nella propria interiorità nel caso dell'essere umano e nell'innalzamento dalle radici invece nel caso delle piante.
Lasciare intravedere obbedisce a un'esigenza del pudore. Abbiamo visto in un precedente articolo come la parola pudore abbia l'orgine etimologica di "bambino" in greco antico. Il pudore lo leghiamo spesso al sentimento della vergogna, ma in realtà significa anche altro.
L'uomo ha bisogno dell'immaginazione per vivere, e spesso l'attivazione dell'immaginazione è il pretesto per nascondere altre verità. Abbiamo visto il significato dei guanti bianchi e del guanto durante il baciamano. Collochiamo questo accessorio di eleganza femminile nel tempo passato, attribuendovi grande significato in rapporto all'età romantica anche sulla base dei film ambientati in quell'epoca e realizzati tutt'oggi.
Avere i guanti bianchi ha assunto un significato preciso che desumiamo dal valore del bianco che, come abbiamo visto, non ha un'identità precisa. È curioso quindi come il bianco sia stato abbinato a valori e a immagini conferendo attraverso il colore definizioni e significati.
Il bianco è il colore che può designare il vuoto come il tutto e il contrario di tutto. È luce che non abbaglia e non ferisce ed è il colore degli stati interiori di passaggio, proprio perché rappresenta il tutto che scivola nel nulla e il vuoto che scivola nel tutto.
Abbiamo dimenticato cosa sia l'intensità e l'osservazione delle nuvole ce lo ricorda. La mancanza di intensità la associamo alla leggerezza dimenticando che essere leggeri è altro dall'essere superficiali. Oggi abbiamo smarrito il senso dell'intensità ormai ridotta a catastrofe e a confusione a seguito degli eventi climatici.
La speranza ha lo sguardo rivolto al passato. Non dimentica e mantiene acceso il fuoco della memoria. La speranza non ha rancore e per questo si libra nel cielo come una colomba bianca. Dio stesso è speranza.
La Bellezza è timida e mai sfacciata ed è questa considerazione che avvicina l'Estremo Oriente all'Ebraismo. È mite come il cerbiatto e ha il candore dell'agnello. È la promessa di Dio radicata nell'uomo, a proposito della terra dove scorrono latte e miele.
Donna a forma di pera, di brocca, di violino. Donna a forma di imbuto e poi, donna a calice, l'esempio più nobile, che la rende leggera e sacra.
La case col tetto e sopra la luna splendente. Basta questo a creare un paesaggio che esprima armonia raccolta. Eppure, i due elementi sciolti sembrano stridere. La luna è per tutti, per ogni cuore umano e non solo e per il Creato intero che le consente in base alle leggi dell'obbedienza cosmica di brillare di sera in sera e di ricomparire dopo una breve assenza.
Li avrebbe condotti in un paese dove scorre latte e miele. È questa la promessa fatta da Dio al popolo ebraico. Il miele è la sostanza sacra agli dei come sacre sono le api che per gli Egizi rappresentavano le lacrime del dio Ra.
Il timore e la colpa passano attraverso l'espressione delle mani. Le mani accompagnano la luce e le ombre della nostra anima. Mani e anima si somigliano anche nei nomi. Le mani, non sappia la sinistra quello che fa la sinistra, sono bianco e nero, amore e odio. Esprimono il conflitto che nel tronco dovrebbe trovare la sua risoluzione.
La follia la troviamo negli spiritelli magici che popolano campi e boschi e che non a caso definiamo "folletti". Sulla follia non mi soffermo ulteriormente perché già trattata abbondantemente nei precedenti articoli. Purtuttavia tengo a intrattenermi su un aspetto che ne sottolinea la specificità e la grandezza.
La scultura di Canova dedicata a Paolina Bonaparte è la manifestazione della rivelazione come racconto infinito. In quanto tale è di stimolo a ricercare in se stessi quel filo conduttore che porta ad essa e ne alimenta la grandezza.
Siamo tutti figli di una preesistente decomposizione e accettare questo principio significa ammettere l'esistenza di un ciclo infinito nell'ingranaggio del quale è caduta ogni forma vivente.
Attraverso la scultura l'uomo rinasce e questa rinascita si converte nella rappresentazione univoca dell'uomo che rinasce Dio. È la nuova alba che si compie e Canova realizza questo lavorando e levigando fino allo stremo le sue opere che appaiono divine.
Non è bello ciò che è bello, ma ciò che piace, si suol dire, mettendo in dubbio l'incontestabilità della bellezza fatta dipendere da rigide regole estetiche.
A rendere veritiera l'affermazione secondo cui la visione parte da dentro è la certezza che le immagini partorite nel buio dell'interiorità hanno una loro luce, altrimenti non comparirebbero. Come ammette la psicanalisi junghiana, anche l'interiorità ha una sua luce che rende possibile alle immagini di mostrarsi. La vista interiore solo così sviluppa appieno il suo significato.
Il ritorno alle origini è nel mondo non è il mondo. Ed è possibile soltanto tramite la libertà che il Romanticismo insegue. Nella libertà possiamo assolvere all'impegno di autodeterminarci secondo l'indole che è in noi, a cui spesso attribuiamo il nome di destino. Siamo alberi che si orientano verso il sole, ciascuno con la propria armonia che obbedisce alla forma del proprio essere.
Esistono diversi modi di porsi di fronte alla realtà e da questi scaturiscono i generi artistici e letterari. La commedia diventa tragedia a seconda di come viene percepita la vita.
C'è sempre una goccia che fa traboccare il vaso. Nel mondo empirico e fenomenico, quanto succede è sotto gli occhi di tutti. È evidente e l'uomo si limita a prevenirlo o a descriverlo.
La morte implica un nuovo inizio. Cos'è la morte se non lo sconfinamento nell'altro? Cosa succede ai nostri sentimenti quando siamo oltre, e all'amore a noi inviato da chi è rimasto nel vecchio mondo?
La morte ci prende e ci porta con sé. C'è una parte di noi che se ne va per sempre nel momento in cui a lasciarci è un proprio caro o una propria cara. Amore è Morte in relazione alle tragedie che si rendono immortali nel momento in cui aprono una voragine in noi, trascinandoci nel baratro.
"Finché morte non vi separi". Questa espressione concludeva il rito di matrimonio cattolico fino a qualche anno fa. È una frase debellata perché considerata non solo macabra, ma anche dissonante rispetto al principio di eternità dell'amore ispirato da Dio.
La morte non è nella vita, è l'altro aspetto della vita che col Neoclassicismo e la cultura sepolcrale prende il sopravvento. Si ha come la sensazione che all'immagine del filo che mantiene uniti i singoli elementi della Natura, la morte in pieno Romanticismo ne sostituisca un'altra più perniciosa e ancestrale che riporta all'immaginario del mare.
La fragilità ci rende uniti. È nella fragilità ogni equilibrio. Usiamo spesso la parola "filo" in rapporto a questo principio. Un filo d'acqua, un filo di voce, appesi a un filo... il filo rende l'evidenza della precarietà della vita e del sistema di congiunture che mantiene unito e regge il tutto.
Il grande si riconosce nel grande, il piccolo nel piccolo e qui ritroviamo i bambini tanto attratti da cuccioli e animali di piccola mole. È da tempo immemore che l'uomo ritrova il suo corrispettivo in animali che universalmente lo rappresentano.
Il simbolo dei capelli nasce in associazione alla dimensione ctonia perché essi riportano all'immaginario del serpente e delle creature striscianti, così come a quello del pesce in collegamento alla fluidità dell'acqua. La bestialità dell'uomo primitivo è accompagnata da una chioma folta e disordinata e da un corpo villoso.
Alcuni studiosi farebbero derivare il nome Ade dalla radice del verbo vedere con l'alfa privativa iniziale. Il risultato è "l'invisibile". Questa derivazione convince in relazione al significato di Adonai in rapporto all'Ebraismo secondo cui Dio è invisibile perché immaterico e perché Eterno.
C'è sempre un antefatto che introduce pur essendone parte, la storia stessa. La burrascosità frenetica del nuovo secolo fa scalpitare le azioni che come nei romanzi gialli dove forte è l'impronta del climax, fanno precipitare i fatti.
L'intuizione della vita oltre la morte è un punto decisivo nella storia dell'evoluzione dell'uomo. Nonostante si creda che lo abbia reso fragile alimentando il carattere di ingenuità su cui hanno insistito i governanti per tenere pressato il popolo.
La Natura avvolge chi riposa in lei e chi è da lei riscosso. È riposo quando è mansueta, immagine questa stimolata dalla mucca che placida con tutta la sua pesantezza si adagia nella calma del pascolo. È veglia quando si scatena con terremoti e tempeste e in lei ritrova la sua radice la donna madre premurosa e maestra, così come la capricciosa bambina.
Tutto nasce da un racconto e quale racconto si mostra a tutti facile da leggere che non sia un paesaggio? Ogni racconto riposa all'ombra di un paesaggio. Sembra una definizione romantica e in parte lo è perché proprio il Romanticismo inglese nasce con questa particolare impronta che avvicina tutta la narrativa ottocentesca al regno degli archetipi.
È dal di dentro che cogliamo la magia. La magia accade dall'interno e parla all'interiorità più primitiva. Ecco perché oggi si è nascosta. Di primitivo cosa è rimasto?
La terra è il tutto e il niente. Il cielo è il niente e il tutto. Il Cristo lascia la terra e il suo nome Gesù per assurgere al tutto che è invisibile a chi non è pronto ad accoglierlo. L'accoglienza è innanzitutto comprensione e la solidarietà fittizia poggia sulla mancanza di comprensione che può essere intellettiva o empatica.
L'infinito porta al dispiegamento dello spirito creativo. È qui che si posa come ali di farfalla, pronto a fuggire via da chi non lo coglie in tempo. E qui è il senso dell'estetica e della poetica romantica.
Ogni storia ha una conclusione a lieto o brutto fine. C'è una evoluzione all'interno dei romanzi che porta alla felicità oppure, alla presa di coscienza di errori fatti in precedenza e che in forma punitiva si riflettono sul destino. I romanzi romantici seguono uno schema preciso che si compie nella conclusione.
Erroneamente attribuiamo i riti di passaggio all'adolescenza solo alle vergini. In realtà, essi riguardano anche il sesso maschile. Qui il sangue ha il valore di unire e di separare una volta vissuta attraverso il rito, la parte femminile, trionfando su di essa.
Fissare le esperienze in memorie e ricordi è quanto si prefigge il Romanticismo creando un punto di intersecazione tra il movimento espresso anche dalla luce, e l'eternità immobile. Il cambiamento nasce come esigenza di ristrutturare la realtà, in cerca di un equilibrio che viene espresso anche attraverso il teatro.
Andare e rientrare per poi riandare è il moto continuo del mare che dà voce al Romanticismo.
"Acconciare" significa aggiustare. Da qui derivano etimi come "acconciatura" e il calabrese "acconzare" o "cunzare". "S'è cunzato u tiempo" è una classica espressione dialettale. L'arte del cucito è stata anticipata da quella della conceria delle pelli, vera e propria attività che con la cura del bello non aveva nulla a che spartire.
"Rammentare" e "Rammendare" hanno una radice comune che nel Romanticismo ritrova la sua risonanza. A "rammedare" si riconduce il "fare ammenda" così come, nel mondo rurale, il rinvigorimento attraverso anche la concimazione, di un pezzo di terra. Il mondo agricolo è pieno di riferimenti all'arte del cucito e della filatura.
Gli antichi dei nonostante riflettessero vizi e virtù degli uomini, rimanevano confinati nel loro regno lontano dalla vita degli uomini. Non mancavano apparizioni e miracoli, spesso veri e propri prodigi a seguito di una loro intromissione nel mondo umano.
Solo l'anima seduce. È quanto il Romanticismo è riuscito a trasmettere e a infondere fino ai giorni nostri. L'anima non intesa come qualcosa di astratto ma che assume caratteri di concretezza nel momento in cui intreccia legami di corrispondenza con luoghi e simboli che diventano assorbiti da lei, tasselli preziosi dell'interiorità.
Il pudore è aderenza alla natura. Gli esserini mitologici e fiabici come fate ed elfi sono timidi e si rivelano solo a chi scelgono perché in sintonia animica con loro. Discrezione e ritrosia sono le caratteristiche degli esseri magici che decidono a chi rivelarsi. La rivelazione è lo stato di esternazione del pudore ed espressione della più alta forma di amore.
Come accade nell'antica tradizione della Torah secondo cui YHVH (tradotto arbitrariamente con Yahweh) era nella dinastia celeste il dio più vicino al regno degli uomini, così nella Teogonia di Esiodo, Zeus. Costui non è tra i primi dei a comparire ma per ordine genealogico lo ritroviamo tra i figli del titano Crono e di Rea.
La grazia è nello sfiorare appena, nel riconoscere l'altro parte propria ma emanazione di un altro sé. L'individuo è un microcosmo a sé stante. È un mistero di luci e ombre che travalica il cuore di una madre. Il Vangelo c'insegna che un figlio non è la proprietà di una madre, né la sua estensione.
Le parole scritte non sono foglie al vento, ma ricami di luce. Sono la rivelazione dell'ombra rappresentata dal foglio bianco che attende di essere vergato. Raccontarsi con le parole è altro dal raccontarsi a parole tipico di chi è fatto di niente.
Le parole un tempo raccontavano, oggi raccontano e raccontano di insignificanti virtù e di un mondo ormai a pezzi. Un tempo le parole raccontavano. Erano produzione concreta del pensiero. Tracce di ebano sul selciato ruvido.
L'arte, anche quella più ancorata alla realtà, non è illustrazione fedele ma esempio supremo che ci porta ad andare oltre. Guardando un'opera, ascoltando un brano, attraverso la lettura di un racconto o di una poesia, noi c'immergiamo in un tempo e in una realtà che altrimenti non potremmo avvertire dentro di noi. Ci sentiamo trasportati da qualcos'altro non per insoddisfazione puerile, ma perché è in noi la ricerca della patria agognata che accende lampi di una profonda e inappagabile nostalgia.
La sensualità è anche tenacia, costanza. Si tradisce nel momento in cui è vissuta come maschera o gioco. È nudo ciò che aderisce a noi stessi e la coerenza richiede coraggio, ossia muoversi e agire partendo dall'interno.
I fari dormienti sono sempre esistiti. Sono i moniti che lo splendore dei tempi trascorsi ci lascia, affinché i moderni ripartano da lì per recuperare i fili gloriosi spezzati o dispersi. È più facile che si rintracci e recuperi il filo disperso, che invece si riporti in vita il filo spezzato. Il nodo è una cicatrice che devia il corso delle cose verso un orizzonte sbagliato o non sempre roseo.
Diventiamo parte di chi desta in noi meraviglia o interesse. Appartenenza è ritrovarsi in un racconto, in un'espressione del volto. È un richiamo continuo che ci assorbe e ci fa rientrare in noi stessi anche nella negatività, nella cattiveria che pure ognuno di noi, chi più chi meno possiede, e nell'odio che esiste e che per quanto brutto e cattivo sia, lo annoveriamo tra i sentimenti.