Il bianco è il colore che può designare il vuoto come il tutto e il contrario di tutto. È luce che non abbaglia e non ferisce ed è il colore degli stati interiori di passaggio, proprio perché rappresenta il tutto che scivola nel nulla e il vuoto che scivola nel tutto.
Lo ritroviamo quindi come colore delle spose, di lutto o di purezza. Si usa vestire i neonati di bianco per la somministrazione del Battesimo. È il colore delle suore e della Prima Comunione. Il giglio è sinonimo di purezza e come simbolo lo si accosta all'agnello pasquale.
Il bianco associato al nero, il suo opposto, esprime la diade e compare nei percorsi iniziatici come anche nel simbolo del tao come origine del tutto, e nei paramenti comuni dei sacerdoti.
Il bianco che vira al nero indica un cambiamento di frequenza responsabile dell'intensità dinamica. Lo osserviamo nelle nubi che salendo ricevono l'ombra del sole, s'inspessiscono e danno luogo agli acquazzoni.
Dimentichiamo che in natura tutto è soggetto alla variabile dell'intensità che si manifesta nei cambiamenti e nel passaggio da uno stato all'altro.
I colori anticamente erano percepiti come natura fluida che andava a rivestire i corpi colti come neutri. Da qui la necessità e la conseguenza di corpi e cose estremamente colorati nelle culture antiche all'origine delle civiltà più evolute. Ammiriamo ancora colori sgargianti nei reperti archeologici egiziani, nei resti rinvenuti delle civiltà precolombiane. Sicuramente molto colorato era il mondo mesopotamico e colorato era il successivo mondo greco anche della polis in cui il discorso di bellezza come armonia tanto sostenuto e propagandato da Pericle andava a confliggere con un'urbanistica dai colori sgargianti e spesso in contrasto con una visione compatta della realtà urbana. Tutto questo è stato perso nel tempo, così come i colori che ricoprivano le statue greche e romane. Colori vistosi e intensi perché il colore era concepito come vita e in Grecia di supporto al pensiero democratico di Pericle che dava a tutti gli Ateniesi la libera scelta sui colori da applicare al prospetto esterno delle loro singole abitazioni.
Il gusto secondo gli antichi deriverebbe da un'educazione che si convertiva in abitudine. Ci si abituava anche alle realtà eccessivamente colorate che riproducono i mondi in Natura oppure, laddove ci fosse un appiattimento di tonalità, come nelle civiltà del deserto, le costruzioni immettevano su una pluralità che era partecipazione divina all'intuizione e creazione del Cosmo. La luce allora più di oggi concepiva una mescolanza di riflessi a cui l'uomo assegnava una voce attraverso la definizione dei colori. Un processo questo psicologico fondamentale nella crescita e adattamento allo spirito comunitario, ancora applicato nella psicologia infantile e in alcuni giochi formativi di gruppo.
Il colore è voce perché dalla voce è nata la vita. Pensiamo anche ai tasti del pianoforte distinti tra loro in bianco e in nero ma che alternati, danno vita a una scala sensoriale policromatica di suoni. Abbiamo visto quanto questo discorso fosse determinante nel Romanticismo al consolidamento delle sue peculiarità culturali, e quanto contribuisse all'alleggerimento dello stato malinconico proprio dei soggetti più sensibili di allora. Riconoscersi nelle melodie malinconiche del pianoforte era un po' come entrare in sé stessi e superare l'angoscia interiore ricreando attraverso le variazioni e gli effetti della musica una realtà diversa che è propria, fatta di impressioni e di cadenze che danno senso e corpo all'esistenza stessa. Vediamo come l'alternanza tra bianco e nero nelle epoche scandisca il passo dell'uomo portandolo a una rinascita in sé stesso e nel mondo.