Caravaggio e l'estetica del turbamento
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Caravaggio e l'estetica del turbamento

Invito all'Arte
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Caravaggio e l'estetica del turbamento
Caravaggio e l'estetica del turbamento

 

Più l'uomo pensa di assolvere all'obiettivo di essere invisibile e distaccato da quanto propone, più lascia tracce di sé. Nell'arte come nella vita, così come nel tradimento coniugale.

Il rapporto Arte Amore al maschile è spesso un tradimento alle proprie convinzioni. L'artista che vorrebbe apparire estraneo e per nulla coinvolto nella sua produzione è proprio colui che cede alla suggestione terapeutica dell'arte. Prendiamo proprio come esempio Caravaggio. Curarsi equivarrebbe ad estraniarsi ed è quanto il teatro contemporaneo vorrebbe insegnarci. Se si prendono le dovute distanze dal ruolo, si diventa terapeuti di se stessi. Ed è quanto impone la deontologia in psichiatria e in psicologia e in ogni ambito didattico e terapeutico.

La farfalla è un animale semplice e primitivo. Appare anaffettivo perché incapace di stringere rapporti profondi con l'uomo, eppure una sua visita è una benedizione. Siamo noi nel potere della farfalla e non viceversa. Lei è libera e proprio in quanto tale trasmette profondi messaggi a chi è capace di comprenderli. È il trionfo sul bozzolo e sulla crisalide legati ai vincoli del filo. La farfalla è forse l'animale più libero che si conosca e capace di insegnare a vedere oltre noi stessi e finanche oltre se stessa, perché lei è oltre la finzione e l'illusione con cui la natura vorrebbe tenerla a lei stretta e possederla.

Il legame della farfalla con la donna è un legame viscerale che parte dalla natura stessa del fiore. Il fiore muore se perde i petali, così come l'altra estremità invisibile che sono le radici. I suoi petali vengono trasferiti nella farfalla che è la proiezione dell'impossibilità del fiore a volare. L'arte e la donna potrebbero essere il fiore ma pochi sono gli artisti e le donne maturi al punto di accettare di vedere la parte migliore di sé abbandonata alla leggerezza della libertà che se ne approprierebbe facendosene carico. Rinunciare significa lasciare agli altri le responsabilità che sono proprie e che per la donna molto spesso riguardano solo la prole.

La donna è libera se sa essere anche madre di sé stessa e allora non avrebbe muri su cui riversare il proprio pianto. Lo stesso l'artista. Ma a differenza della donna, egli è colui che finge a sé stesso una libertà che andrebbe conquistata prima dell'opera compiuta. La libertà è profumo. La leggi e la cogli ovunque. Più vorresti essere libero ancor più ti ritrovi impantanato nel dedalo del tuo bozzolo. Partendo da ciò, il Naturalismo è una tenda misterica che si realizza solo in rapporto alla fotografia pura, alla fine dell'Ottocento. Quanto noi definiamo invece a proposito del passaggio dal Rinascimento al Barocco è una coscienza che ha bisogno di spogliarsi di quanto ha prodotto attorno all'uomo, per poi abbracciare l'opulenza sfarzosa del Seicento. È una pratica magica liberatoria da strati di convinzioni indottrinate che passeranno e non libereranno le origini del vecchio mondo. La disperazione di Caravaggio è il confine tra la sopportazione dell'uomo e la morte che non giunge. È un'eco che si libra dall'opera stessa e s'inalbera nelle epoche successive. È dolore e incomprensione da parte dei soggetti presenti del tutto inconsapevoli e che rimangono storditi dai riflessi di note scordanti da loro prodotte. È qui che incontriamo lo schizzo magico dei Seicento. Nell'inconsapevolezza infantile di voler dare adito a una rappresentazione di grido che però stravolge i piani e diventa la negativa di un qualcosa di non sospettato perché troppo aderente a sé stessi. L'oggettività acquisita dall'antropocentrismo è l'illusione di chi poi si scorge alla periferia di quanto verrà percepito come uno spazio infinito nel quale risuonano gesta e azioni semplici che sopravvivono solo in virtù del tocco magico della bellezza. E qui Caravaggio scuote gli antichi e collaudati dogmi classicisti.

Il volto deturpato, assorto e rabbioso è di una bellezza oscena che travalica ogni giudizio estetico e morale, riproponendo il Medioevo ancora ignaro di sé stesso. Manca il giudizio dantesco che relega e discrimina. Per tale ragione parliamo di Naturalismo e di Realismo a proposito dell'arte di Caravaggio. Ma il Naturalismo ha in sé una vena magica che forse in Caravaggio traspare appena nelle nature morte. Il Paradiso è lì dinanzi e si compie nella luce quale un'epifania di forme rotonde e di acceso colore. Ma questa poesia viene poi accantonata dall'uso forte della luce di contraltare alle tenebre. Una luce che non porta l'uomo a trascendere I suoi orrori ma ad esaltarsi nel tratto di una spada fiammeggiante antica. Nulla punisce o fa male più della luce che divora ogni sospetto e denuda.

Potremmo paragonare Caravaggio per la durezza dei soggetti rappresentati al teatro della crudeltà di Artaud, nel primo Novecento. Ma in Caravaggio non vi è alcun programma escatologico, alcun fine ultimo che invece contraddistingue l'ideazione terapeutica della drammaturgia connessa col tema del sacrificio assolutamente inerente alle tematiche e gli ideali di un Novecento teso tra le due guerre mondiali.

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Ippolita Sicoli
Author: Ippolita SicoliWebsite: http://lafinestrasullospirito.it
Responsabile del Supplemento di Cultura "La finestra sullo Spirito" del quotidiano online "ilCentroTirreno.it"
Docente della Federiciana Università Popolare, Specializzata in Discipline Esoteriche, Antropologia, Eziologia e Mitologia, ha partecipato in qualità di relatrice a convegni e conferenze. Ha pubblicato le seguenti opere: “Il canto di Yvion - Viaggio oltre il silenzio” prima edizione Wip Edizioni 2003, seconda edizione Ma.Per. Editrice 2014. Il romanzo “Storia di Ilaria e della sua stella” Edizioni Akroamatikos 2008. La raccolta di racconti per ragazzi “Storie di pecore e maghi” Ed. Albatros 2010. Il romanzo “Il solco nella pietra” Editore Mannarino 2012. Il saggio antropologico “Nel ventre della luce” Carratelli Editore 2014.

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