La dea Flora, la fata Primavera è uscita allo scoperto, rendendosi operosa per i prati e i campi insieme agli altri magici spiritelli. Loro è la legge secondo cui ogni essere di luce deve rendersi presente attraverso la sua opera e non nel suo aspetto. Eppure, sono tante le testimonianze in ogni tradizione di chi giura di aver incontrato qualcuno e visto qualcosa andando ben oltre il muro della realtà illusoria.
La Primavera ci spalanca gli occhi sul mondo esterno invitandoci a godere di quanto accade e ci seduce con i suoi colori e i profumi. È della Primavera ricondurci all'arcano che giunge a noi attraverso il racconto di luoghi perduti, di quei campi e giardini in cui il latte scorreva col miele. Ci riconduce la Primavera a quel Paradiso agognato e Flora appare a chi ha occhi sognanti, l'Eva redenta che ci porta doni, offrendosi lei stessa attraverso fiori e frutti appesi ai rami come lampade di buon augurio. Apre il cuore di speranze che cancellano l'impronta di anime cattive. Non c'è spazio o posto nella bellezza per chi non si risana nello spirito e a guarire nella tradizione pagana è il sole potente e maturo che chiude le ferite al cuore.
La cattiveria ordunque cosa sarebbe se non una deviata forma di infelicità? Ecco quindi cambiare di frequente carattere e personalità, fluttuare a seconda dei racconti, tra bene e male i personaggi dell'oralità antica. Di colpo vediamo personaggi buoni diventare a seconda delle narrazioni cattivi e viceversa. Nel mondo fluttuante delle storie gli Equinozi e i Solstizi servono e tanto a fomentare quel principio d'ordine che altrimenti in mano all'uomo non sarebbe costante.
All'arcano e al suo racconto si riconduce la greca Arcadia che lavora sullo stato di divina beatitudine a cui riporta la Natura come prima espressione della Luce. Per quanto originata dalla classicità greca, l'Arcadia la ritroviamo ricordata come un giardino di bellezza divina in diverse epoche e con accenti che variano a seconda. Risplende nell'Umanesimo e senza mai eclissarsi rispunta con le note di un paradiso perduto nel Neoclassicismo. Ispira Pindemonte e Foscolo, fino ad assurgere a lido beato sulle cui rive sedare i tormentosi affanni. L'infinito leopardiano ci porta a guardare oltre ogni barriera visiva, ponendoci di fronte all'illlusorietà del reale che pure desta turbamenti e patimenti. L'illusione della bellezza che ammalia il nostro sguardo è pure anch'essa resa vera dagli ostacoli che sbarrano il cammino agli occhi, eppure fondamentali perché quegli spiragli di beata bellezza sono il sale vero di quanto ci attende oltre il confine inspiegabile delle cose.
Arcadia conserva nel nome la luce del principio che è di conforto ai poeti e d'ispirazione per tutti ad andare oltre nel futuro, procedendo sul sentiero della saggezza antica.