Chiudere è anche mantenere vivo il presente in sé stessi. Proteggerlo per dare inizio a una nuova vita. È qui il significato dietro il gesto ritualistico di serrare le imposte all'imbrunire, invitando il cielo ad entrare nella casa e a colmare lo spazio tra i muri di infinito.
È questo il significato mistico che si nasconde dietro l'oscurantismo medievale. La necessità di infinito riporta l'uomo ad assaporare l'immensità degli spazi profondi del cielo coglibile di notte nella sua essenza. Il firmamento che porta impresso il sigillo del suo fattore è di sera e ancor più di notte che si rende presente alla vista, quando la luce del sole dorme. L'infinito è nella luce ma l'infinito è anche nella notte che rende possibile la visione degli astri. La luce è quanto trova riscontro nell'esperienza terrena dell'uomo che rincorre i tesori materiali con i quali risplendere di luce divina. È in tale prospettiva che vengono rivisti gli eroi del passato e dei miti. L'oro, l'opulenza caricano l'uomo di onnipotenza ma parimenti lo allontanano dal centro che è Dio. Ed è proprio tra questi due estremi che si concentrano l'azione e il pensiero dell'uomo medievale.
Lo spirito solstiziale che vede compartecipe al divino l'uomo pagano, viene sostituito nel Medioevo dall'attenzione rivolta agli Equinozi che portano l'uomo a trasferirsi in una collocazione centrale sulla linea delle cose terrene in un percorso di tremola continuità. La luce diventa sempre più terrena e marchia il senso della storia su cui si fa vigile l'occhio di Dio. L'uomo e Dio sono separati e forse proprio questa configurazione ellittica porta l'uomo a vivere sul piano del timore la presenza di Dio. Più l'uomo cerca Dio e più Costui si nasconde porgendo la sua luce a quei pochi che vivono nella sua legge.
La notte è il mistero che governa l'agire umano e interrogando gli altri, l'uomo si rivolge a Dio a cui si affida. È quanto ammiriamo anche nella Divina Commedia a proposito dell'Orsa Maggiore che designa Settentrione, la zona alta del cielo che corrisponde alla dimora di Dio.
Come per l'uomo romantico, il navigante per l'uomo medievale ha un significato preciso. È colui che può facilmente perdere la rotta e si affida quindi alla provvidenza divina. Gli astri brillano sopra l'uomo che peregrina e il mare, parimenti al bosco, è luogo di smarrimento. Cambia quindi nel Medioevo rispetto all'antichità il rapporto uomo foresta. Questa, come spiega la parola stessa da "fore: fuori" nel latino medievale, non è più la dimora degli dei, ma la dimora dei demoni pagani. Le cappelle e le abbazie che sorgono nelle foreste non servono a omaggiare gli dei antichi, ma a portare tra i demoni la presenza purificatrice divina.