"Vita" e "Vite" si somigliano e s'incontrano rispettando le reciproche inclinazioni che si risolvono nella tensione verso se stessi e verso gli altri, nella ricerca di incontro che è implicita nella pianta. La riscoperta della luce in sé stessi si concretizza nella discesa nella propria interiorità nel caso dell'essere umano e nell'innalzamento dalle radici invece nel caso delle piante.
Appoggiarsi a un sostegno è nella necessità evolutiva della pianta e ciò si converte in inclinazione estetica che fa proprio della vite e dell'edera esempi ammirabili. Nonostante le differenze evidenti tra l'uomo e la pianta in cui spontaneo è la convergenza e la condivisione spesso però a scapito della pianta ospitante, nell'uomo tante sono le barriere di svariata natura, da quella culturale a quella educazionale e ancora, da quella ideologica a quella di carattere personale che impediscono la tensione verso l'altro e il reciproco scambio. Non c'è vero scambio che non contempli l'energia. Quando noi ci scambiamo dai semplici saluti agli auguri e per finire ai favori, rilasciamo energia che l'altro accoglie e fa propria completandosi, o respinge dietro una fittizia accoglienza che relega quello scambio in un recesso della propria intimità.
Non sempre l'accoglienza si identifica con l'accettazione o con il libero assenso e su questo la società odierna avrebbe molto da interrogarsi. Ritornando alla vite che significa propriamente "intrecciare" e per traslato "arrotolarsi", essa esprime nel suo manifestarsi quanto rappresenta nelle sue svariate sfumature il dio Dioniso. Egli esprime l'innesto virtuoso della vita sulla morte e il trionfo della vita sulla morte in cui non esistono perdenti anche a proposito dell'edera che s'intreccia e succhia la linfa e le forze vitali della pianta ospitante. Non sempre chi succhia e spreme è il vincente e l'altro il perdente. In un regime di convivenza quanto viene dato persiste e trascende le singole individualità divenendo effigie stessa degli equilibri che reggono il Cosmo. È quanto trasmette il simbolo della chiocciola che si sbroglia partendo da un centro e da un asse che non esiste, trovando nel punto di origine la sua forza di slancio.
Questo principio racchiude il senso della vita che è ritmo di reintegro e di perdizione. Di dare e ricevere che creano una danza musicale e un motivo celebrati in ogni canzone. Per l'essere umano la vite è slancio e non a caso la parte del busto prediletta dagli innamorati che si abbracciano la definiamo "vita". È da lì che parte il fuoco vitale e del trasporto passionale in cui avviene la disgregazione dell'io. La vita slancia e nella danza classica è responsabile delle sbalorditive piroette che ammiriamo grazie alla spinta conferita dai ballerini alle loro ballerine. Dalla vita parte il luogo di fusione dei corpi che si attraggono come calamite e si abbracciano e si intrecciano nel privato. In questo i due serpenti nella fase di accoppiamento sintetizzano vita e vite. La vite è usata per fissare due parti. La persona svitata è colei che ha perso la bussola. Vita e vite ruotano e s'innalzano a partire da un proprio centro e sulla base di questo concetto potremmo dire che l'identità Adamo la scopre nel momento in cui dalla costola che non a caso è sopra la vita si stacca la figura di Eva. È questo il superamento della sintesi coglibile come involuzione.
Ne "Il peccato originale" di Michelangelo che troviamo nella Cappella Sistina, il serpente compare arrotolato all'albero proibito rivelando la duplice essenza di vita e vite e altresì mettendo in risalto il lato oscuro del male come tentazione che adombra l'animo umano e porta alla divisione e alla distruzione, se gli diamo ascolto.
Lo slancio della vita femminile nell'Ottocento attraverso l'assottigliamento conferito dai bustini, al pari dello stelo del calice ricorda la fioritura di una rosa o di un qualsiasi fiore a calice che nella schiusa della bellezza trova la chiave di volta per ogni sofferenza.