Erroneamente attribuiamo i riti di passaggio all'adolescenza solo alle vergini. In realtà, essi riguardano anche il sesso maschile. Qui il sangue ha il valore di unire e di separare una volta vissuta attraverso il rito, la parte femminile, trionfando su di essa.
La supremazia dell'uomo sulla donna è un fatto atavico e legato prevalentemente al discorso della somministrazione del cibo. L'uomo cacciatore era colui che partiva all'alba e si sperava che tornasse con gli altri suoi compagni al tramonto. L'insicurezza sull'uomo concepita dalla donna nasce da lì. L'uomo non è padrone del suo destino, lo diventa la donna, tessendo preghiere di richiamo. Lo vediamo questo discorso traslato alla tragedia greca. Il destino di morte brilla negli occhi di Atropo, la Moira. La donna attraverso la notte figlia del Caos rivendica il proprio ruolo e lo fa attraverso un campo inesplorato agli occhi dell'uomo e da cui l'uomo è tagliato fuori. Quello della Magia. Connesso alla Magia è il dio Dioniso, l'androgine, che sbarcando a Locri diffonde il lato oscuro femminile. Risale da qui nel Salento che anticamente era chiamato Calabria, mentre la Calabria era l'Italia, nome questo derivato dal dio Italo che la mitologia vuole sia vissuto qui.
Alla sobrietà dell'ordine espresso anche attraverso il vestiario e i monili, di contraltare troviamo abiti stregheschi corredati da ciondoli e amuleti a designare maghe e chiromanti. La lacerazione è espressione di un vissuto remoto che risale alla sorgente del tempo e domina su di esso. La zingara è la maga per antonomasia, è colei che non ha fissa dimora. Colei che peregrina e mendica di luogo in luogo e che pertanto non ha radici. Nell'immaginario collettivo sviluppa la figura dell'eternità senza nome e prende potere. È quanto si verifica nell'Italia Meridionale, in particolare in Calabria e nel Salento con la colonizzazione magno greca che comporta il radicamento soprattutto sulle fasce ioniche delle forze irrazionali legate alla figura di Dioniso col suo seguito di donne in preda al delirio dell'ebbrezza. Bisogna essere deliranti per cogliere nella visione totale del tutto il bandolo della matassa a cui diamo il nome di destino che ha inizialmente un aspetto di purezza come ci comunica la figura di Arianna, la Vergine e compagna di Dioniso. Da qui si sviluppa una coscienza che è propriamente femminile e divina che si assolutizza nel momento in cui travalica i confini di male e bene. I ciondoli "zinzuli" identificano una nuova regalità opposta a quella di chi ha scelto ordine e luce. Sono disposti caoticamente, quasi fossero pezzi del tempo. La grotta della "Zinzulusa" nel Salento riconduce a quanto ora espresso.
Nella fine dell'Ottocento i viaggi costanti di mercanzie e di uomini spingono al recupero di un immaginario sommerso a cui la donna cerca di controbattere attraverso la luce e la preziosità di una nuova sostanza che vuole rappresentare. Le collane vistose sono di gran gusto. I motivi archetipici che si rintracciano tra una pietra e l'altra, tra un corallo e l'altro servono a scuotere e a riportare alla luce quanto non razionalmente identificato. La donna diventa luce ma come il sole che contiene il suo riflesso notturno rappresentato dalla luna piena. Comprende il suo ascendente nella società e si riveste da dea. Le arti la omaggiano, così come il Teatro che la vede dominante. Le sue forze oscure che intimoriscono e affascinano l'uomo vengono proiettate nella dimensione estetica e dell'oltre il tempo, consacrando il Teatro a grande spazio assoluto e universale.