Ci sono opere di un'attualita' sconcertante perche' riecheggiano nelle stanze dell'anima spoglie di qualsiasi orpello.

La sofferenza vissuta diviene riflesso di un verita' umana o divina che sia, capace di ergersi oltre gli orizzonti visibili. Il dramma del confronto razziale nasce nell'uomo nel momento in cui egli esce allo scoperto dal suo guscio di intimita' per intrecciare rapporti con gli altri. L'altro e' amico e simbolo del proprio io sfuggente difficile da domare, da gestire. Il conflitto razziale nasce nelle primitive societa' suddivise in clan che culminano con un reggente nella composizione di una struttura verticistica. Dio accompagna tutto questo e non sta a guardare nel momento in cui autorizza una simile configurazione.
Conosciamo i conflitti razziali in rapporto all'olocausto e sterminio degli Ebrei per mano dei nazisti, ma se vogliamo, la suddivisione in ceppi o tribu', poi in caste e infine in veri e propri raggruppamenti di razza, gia' la riscontriamo nella Bibbia segnalata piu' volte con la puntualizzazione di "popolo di Dio". Si puo' essere superiori in tanti modi, per intelligenza e virtu', ma nel momento in cui alla superiorita' si fa accompagnare la legittimizzazione della violenza, inevitabilmente si passa dalla parte del torto. Chi e' superiore non ha bisogno di andare oltre se stesso, calpestando e indignando l'altro. Si e' superiori nel momento in cui si cerca un'armonia di convivenza laddove sia possibile o lasciando l'altro sul suo libero cammino. L'uomo allora assume una statura divina che richiama negli altri un sentimento di autorevolezza indipendente dai comportamenti del primo.

Laddove c'e' nobilta' negli uomini, li e' rintanato Dio in quel silenzio che invita all'ascolto e innalza. Se questo e' un uomo di Primo Levi e' un componimento divino in se', nonostante egli di sangue ebreo, si professasse ateo. La dignita' di un uomo si misura con la sua capacita' di calarsi nel dolore e di saperlo vincere. Il dolore che piove addosso mosso da mano e agente esterni ha la peculiare caratteristica di santificare e di far apparire l'uomo piu' che umano nei confini di aberrazione dei propri limiti. Primo Levi, ebreo antifascista, con questo componimento poetico breve ma pregno di essenziale energia che introduce i contenuti dell'opera autobiografica di cui porta il nome, e' andato ben oltre la consapevolezza partigiana che lo ha designato dall'inizio alla fine, divenendo modello di quel principio di universalita' non piu' astratto, bensi capace di reincarnarsi nelle croci di ogni tempo e civilta'.