Iniziò il Medioevo a rappresentare per poi piano piano sostituire con l'uomo quanto di prodigioso esiste. Forse perché la selvatichezza era quanto di più lontano da Dio potesse esistere.
O forse il perche va rintracciato nell'uomo di allora, dimentico delle antiche combattenti amazzoni e dell'audacia della parola vergata da esempi femminili come Saffo diversi secoli prima. Di donne virtuose e concrete ce n'erano finanche troppe, da apparire scomode in un tempo in cui l'armonia si astrae da quanto attiene propriamente alla Natura e alla donna stessa. È virtù la parsimonia, è virtù la dolcezza. È virtù la pace domestica e tutto quanto sorga spontaneo. L'autenticità medievale sbilancia la Civiltà verso un passato aggressivo che anche per mezzo delle arti andava affinato.
La selvatichezza, lo slancio passionale e tumultuoso non possono essere elusi. Sarebbe come comprimere gli orizzonti della psiche. Da qui allora la necessità di ammansire gli impeti attraverso la carezza trascinante delle opere artistiche, capace di sorprendere l'uomo non solo sul piano della tecnica, ma concedendo alla tecnica di lasciar parlare l'uomo come identità a parte da Dio e capace di intraprendere un percorso verso l'ideale di perfezione. È quanto l'Umanesimo si prefigge pensando di ristrutturare la coscienza dell'uomo riportandolo al centro di sé stesso, tramite il recupero delle arti classiche.
Si verifica quindi, una trasposizione di quanto esistente in Natura nella materia marmorea. L'uomo è il dio delle arti e non a caso si acclama Apollo, il dio dell'armonia, dalla seconda metà del Trecento, che conferisce proprietà di espressione divine. Limare, accarezzare di contro all'arte Gotica che riproduce gli intrichi arborei in seno a una Natura selvatica e ostile è quanto desidera l'uomo. Trasmettere insegnamenti sulla convivenza di specie diverse in armonica sinergia, comprendere i meccanismi intrinseci che lasciano esprimere la Natura dall'interno, sono i presupposti del Naturalismo seicentesco.
Occorre la fissità di uno sguardo indagatore e centrato nella sua stabilità per descrivere quanto accade fuori e l'uomo ritrattista va oltre se stesso, aggiungendo l'insaputo a quanto rappresentato.
Su Caravaggio si potrebbero spendere eloquenti discorsi e sulla tenebrosità coraggiosa delle scene che portano l'oscurità a uscire dai suoi ambiti nascosti e a incontrare la luce. Il Naturalismo pittorico è questo. Cogliere senza toccare e tramandare oltre ai propri contenuti concettuali quella plasticità che fa rumore nella psiche dell'uomo. Non è più l'angelo immaginato nella pietra a richiamare l'artista, per essere liberato. È la psiche che si edifica nella rappresentazione, cercando una via d'incontro che lascerà l'artista indietro rispetto alla comprensione del suo tempo. Caravaggio, l'inquieto e l'aggressivo lascerà tanto davanti a sé, concedendo a sé stesso di parlare più attraverso i pennelli che tramite la sua biografia.