Il simbolo dei capelli nasce in associazione alla dimensione ctonia perché essi riportano all'immaginario del serpente e delle creature striscianti, così come a quello del pesce in collegamento alla fluidità dell'acqua. La bestialità dell'uomo primitivo è accompagnata da una chioma folta e disordinata e da un corpo villoso.
Il clima di ordine imposto dal Cosmos sul Kaos ha fatto sì che i capelli lunghi e luminosi venissero equiparati alla corona fiammante del sole. Il fuoco del fabbro forgia la spada e il sole illumina i capelli di eroi e dame rendendoli preziosi al pari della corona reale. La capigliatura di serpenti di Medusa e la forza nei capelli di Sansone sono due esempi diversi che raccontano la bivalenza di questo simbolo.
Secondo la cultura greca i capelli associati alla barba esprimono saggezza e virilità maschile. I capelli nelle donne legati o coperti da un velo indicano purezza e animo gentile, doti che derivano dal cielo in associazione all'acqua che scorre e lava via ogni impurità. Questo è un concetto particolarmente avvertito nella tradizione ebraica dove la donna viene riscattata dalla magnificenza di Dio che su di lei splende attraverso il telo che le copre il capo.
Nel Romanticismo i capelli lunghi escono allo scoperto nell'uomo il quale presta alla sua capigliatura e alla sua barba le dovute cure. Il modello della sapiente antichità viene filtrato dal Medioevo a cui il Romanticismo attinge il suo repertorio immaginifico riattualizzandolo in base ai suoi scopi e al sentire dell'epoca. Accanto alla capigliatura dell'eroe guerriero educata dalla luce in cui si espande il suo valore, troviamo l'antica radice ctonia dei capelli che soprattutto nel repertorio gotico riconduce alla cultura mitologica dell'oltretomba. Il mistero è della luce per mistici e santi e per gli artisti che attraverso la scrittura, i colori e la musica portano all'esterno i loro contenuti interiori. Ma il mistero intraducibile regna nel mondo sotterraneo, una realtà a sé che sfugge al potere della luce.
La bramosia del vampiro interpreta l'esigenza di travalicare i confini della morte e la sua dolorosa immortalità. L'eternità macabra pullula di spiriti antichi e malvagi recuperati anche da una cultura religiosa deviante che come era successo nella Grecia della polis, vede il destino di morte collocato al di sopra della divina luce. Ognuno ha un suo destino che va ineluttabilmente accettato da chi ha o non ha fede. Per chi ha fede c'è la possibilità di un riscatto interiore. Altrimenti, necessario si rende imparare a convivere con la realtà parallela di mostri e spiriti e demoni.
Interessanti sono i tentativi letterari di creare una via di collegamento tra il mondo umano e quello demoniaco notturno. Il Faust di Goethe propone il modello del cattivo maestro che introduce l'uomo alla conoscenza superiore. Abbiamo bisogno del nostro alter ego per andare oltre noi stessi e andare oltre se stessi significa anche capire dove e quando doversi fermare. Il Frankestein della Shelley apre al confronto tra l'uomo e la spudorata ricerca scientifica intrapresa come sfida alla natura in toto, nonché a quella umana nello specifico. È interessante come il Romanticismo apra a una visione dialettica e moderna della visione umana a introduca temi appassionanti in rapporto all'etica, disgiungendola dalla religione. La sacralità è altro dalla religione e sacro è il Tempio del poeta libero senza alcun condizionamento escatologico come ad esempio Leopardi, e altresì dannato perché non sa darsi risposte che invece l'onniscienza di Manzoni possiede.