La Divina Commedia e il tema dell'Amore
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La Divina Commedia e il tema dell'Amore

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La Divina Commedia e il tema dell'Amore
La Divina Commedia e il tema dell'Amore

 

È sicuramente con Dante che il Dolce Stil Novo acquista la sua significativa importanza divenendo altro che non sia solo celebrazione delle virtù femminili. La sua Beatrice da donna storica si erge a modello indiscusso di grazia, portandolo a ergersi dal piano ontologico a quello metafisico.

Non avrebbe potuto che essere lei ad accompagnarlo nel Paradiso, luogo di Dio. Beatrice dunque è più della musa ispiratrice di beatitudine. Non manca Dante di affidarle il ruolo principale. In quanto vicina alla sfera della beatitudini divine e di tramite tra lui e Dio, Dante, assegnandole il compito di guida, la investe di azione preparandolo all'incontro con gli angeli, i beati e la Vergine. E alla vista delle stelle. Pur non trasparendo da lei alcun riferimento alla carnalità, non è una semplice visione e nella sua figura vediamo concentrarsi il perno intorno a cui ruota l'intero poema. L'amore. L'amore fatto senza spigoli né ombre è la sfera di luce che in conclusione Dante rimira e ammira. Senza Beatrice sarebbe rimasto un concetto astratto e la visione, in quanto rappresentazione suprema dell'allegoria, sortisce la sua missione assolutistica che porta l'uomo ad innalzarsi rimanendo se stesso ma in forma sublimata.

Se Beatrice fosse stata la donna storica e carnale, il poema avrebbe preso altre direzioni e la missione di Dante sarebbe stata distratta dalle sue iniziali intenzioni. Il corpo depreda l'anima del suo carattere universale. Conduce la ragione sulle vie delle pulsazioni terrene che ottenebrano e soffocano il cuore. L'amore è altro. È altro anche dagli episodi struggenti raccontati da ciascun personaggio nell'Inferno in cui prevale la cecità dell'uomo al cospetto delle ragioni assolute, argomento proprio dell'amore universale. Ecco pertanto che il tema amoroso devia in situazioni deliranti e di lussuria, così come di insana morte. E qui incontriamo nel II canto nel girone dei lussuriosi Paolo e Francesca, nonostante il loro amore folle che però non riesce a riscattarli dalle colpe.

È interessante la lettura psicologica che Dante ci propone in un'epoca in cui la psiche era concepita solo come anima e non ancora come sede dalle ben più complesse trame che vedono il cervello interagire col cuore. Si respira la dimensione della coscienza scorrendo i versi, che per quanto punitiva e ancorata al Medioevo, già semina importanti interrogativi nel lettore particolarmente attento e sensibile.

"Amor ch'a nullo amato amar perdona" suona come un'espressione che cela al suo centro un algoritmo segreto che immette a una soluzione alchemica. Dante sembra giocare con le parole da sommo linguista quale è, ma il suo non è un gioco fine a sé stesso ma una porta che introduce a un passaggio segreto che solo pochi iniziati al vero sapere possono percorrere. Qui sembra anticipare e di molto Shakespeare e il suo teatro, così come i giochi di corte che partendo dalla dimensione a lui contemporanea di gioviale spensieratezza, acquistano via via un carattere magico che si consolida nel Seicento in determinati ambienti, sconfinando da quanto è propriamente umano. È dei potenti spingersi oltre e la Magia, chiaramente non quella farlocca del popolo, acquisisce caratteri dal doppio taglio, di perfezionamento o di distruzione. Ciò che è di Dio e da Lui deriva, innalza e qui Dante prende le distanze dall'amore sanguigno e passionale cantato e celebrato nelle corti nordiche, e l'amore puro.

C'è molto della cultura araba in lui e nella concezione stilnovistica della donna. L'amore come condanna o come slancio verso l'Eterno rappresentato dalla visione delle stelle che si fa via via più vicina.

Il firmamento è la via. Esso porta impresso nella sua definizione il carattere di essere firma della volontà divina che in esso si riflette e prende volto. Il firmamento è la firma di Dio e le costellazioni sono i suoi diademi. Era questa la concezione dell'uomo antico vissuto nelle civiltà capitali remote, poi recuperata tramite il mondo arabo dall'Occidente medievale. Rubini, topazi, smeraldi... sono riproduzione delle gemme celesti che ripropongono nella realtà storica moderna la sintesi tra regalità sacra e regalità temporale. In Dante si va ben oltre e lui anche nel Paradiso si scopre navigante come i marinai antichi che si orientavano per mare attraverso la costellazioni e la stella Polare che indica sempre il Nord. Incrociare la stella Polare significare cogliere nell'immensità della volta notturna la mano di Dio che conduce l'uomo nel porto sicuro.

C'è un passo del Paradiso di Dante dove il sommo poeta esorta i lettori a seguirlo nell'ultima tappa della sua navigazione tra i tre mondi. Sono tante le anime che lo assistono oltre alla guida Beatrice. "L'acque ch'io prendo, giammai non si corse, Minerva spira e conducemi Appollo e nove muse mi dimostran l'Orse". Ci si aspetterebbe che da credente cristiano Dante releghi le divinità pagane nell'inferno. Così non è perché esempi di virtute e conoscenza da non dimenticare e qui applica un rapporto dinamico e osmotico tra classicità e fede cristiana. La saggezza antica, la bellezza non sono realtà sterili ma vive e attraverso la rappresentazione delle Muse spingono l'uomo verso la vetta del cielo. Verso lì dove l'amore ha il suo centro e si spiega investendo il Cosmo e tutte le cose.

 

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Ippolita Sicoli
Author: Ippolita SicoliWebsite: http://lafinestrasullospirito.it
Responsabile del Supplemento di Cultura "La finestra sullo Spirito" del quotidiano online "ilCentroTirreno.it"
Docente della Federiciana Università Popolare, Specializzata in Discipline Esoteriche, Antropologia, Eziologia e Mitologia, ha partecipato in qualità di relatrice a convegni e conferenze. Ha pubblicato le seguenti opere: “Il canto di Yvion - Viaggio oltre il silenzio” prima edizione Wip Edizioni 2003, seconda edizione Ma.Per. Editrice 2014. Il romanzo “Storia di Ilaria e della sua stella” Edizioni Akroamatikos 2008. La raccolta di racconti per ragazzi “Storie di pecore e maghi” Ed. Albatros 2010. Il romanzo “Il solco nella pietra” Editore Mannarino 2012. Il saggio antropologico “Nel ventre della luce” Carratelli Editore 2014.

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