Il Sacro delle unicità assolute
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Il Sacro delle unicità assolute

Invito all'Arte
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Jacopo Amigoni, Venere e Amore, 1739 40 ca., olio su tela, 47,6 x 69 cm
Jacopo Amigoni, Venere e Amore, 1739 40 ca., olio su tela, 47,6 x 69 cm

 

Cosa definiamo sacro? Senza voler banalizzare quanto lega l'uomo a questo sensibile aspetto della vita, siamo soliti definire sacro con la s minuscola quanto improvvisamente rapisce il nostro sguardo, scaldando l'anima e rendendo brillante anche un luogo prima anonimo. Siamo legati alla percezione di un luogo più di quanto ne siamo mai consapevoli e quel particolare che ci colpisce è in empatica sacralità con il nostro dove.

Siamo qui dove ci troviamo e siamo anche contemporaneamente in noi stessi e il particolare che ci coglie impreparati e di colpo, rende interessante anche una modesta stanza o un vicolo cieco lasciando sgorgare dentro di noi una sorgente di luce benefica. È spesso un particolare piccolo a sorprenderci, a farci desiderare di ritornare in quello spazio fisico, quale potrebbe essere una strada della nostra città come anche un luogo dove abbiamo trascorso la vacanza e che di colpo ha acquisito luce. È quanto accade sempre più spesso ai tempi nostri in cui bene o male, un po' tutti andiamo alla ricerca di quel filo che ci riporti a vivere in armonia con i luoghi e innanzitutto dentro di noi. Notiamo un bel paesaggio su un sito di vacanze e desideriamo andarci. Così partiamo col massimo dell'entusiasmo per rimanere di colpo delusi nel vederlo non proprio come ci aspettavamo fosse. Luoghi troppo aridi in base alle aspettative, oppure sporchi o trascurati finiscono verso l'ultimo, sul finire della vacanza, col regalarci emozioni che una volta partiti, difficilmente saremo in grado di dimenticare. Una presenza di una grossa banalità che non deve necessariamente avvincere il nostro palato, come farebbe ad esempio un piatto della tradizione locale, né tanto meno interessare o affascinare lo sguardo portandolo a desiderare il cameriere o l'istruttrice di nuoto del villaggio turistico o del lido in cui ci troviamo. Queste sono emozioni che bene o male, per quanto uniche, capitano e si ritroveranno. Il particolare a cui mi riferisco ha la capacità di sfondare i muri del già percepito, portandoci a nutrirci di sensazioni o emozioni che in noi erano nascoste. Ecco pertanto la dimensione di sacralità che crea quell'incontro. Ruba la scena e ci riporta a scoprire il giardino bellissimo che è dentro di noi.

Cosa potrebbe essere così potente da restituirci noi stessi, scendendo a una tale profondità? Una pianta mai vista che lì è tipica e sprigiona un originale profumo altrove mai ascoltato. L'inclinazione dei raggi del sole quando sorge o tramonta e crea un abbaglio che carpisce per riportarci a casa, dentro di noi. Potrebbe essere la profondità del cielo mai vista prima o la bellezza dei gatti che popolano i luoghi asciutti e spogli dei vicoli antichi. Questo. Sembra niente, eppure queste unicità assolute sono briciole di diamanti disseminate lungo i percorsi della vita.

Quanto detto finora confligge con l'idea di Sublime della cultura ottocentesca e romantica. Il Sublime nasceva da uno stato di esaltazione insorto da uno sconvolgimento improvviso che portava l'artista o l'animo sensibile a vivere una forma di estasi. Era il fuoco che divampava e risaliva le viscere dell'interiorità da una scintilla interiore accesa dall'incontro con quanto sfugge all'ordinarietà. Il Sublime non ha nulla in comune col rapimento di chi vive nella dimensione uggiosa determinata dalla noia. Non è la ricerca in sé del decadentista che vuole fuggire dalle gabbie dell'ordinarietà a costo di smarrirsi. È spinto e stimolato dal contatto che l'uomo vive nel tempo della Natura a cui il pianoforte assegna timbro e musicalità. È il cambiamento improvviso e sciolto dalle sue dinamiche di armonia che trafiggono l'anima di tempestosa bellezza, fino a farla sbalzare al di fuori del corpo e della ragione.

Al tempo d'oggi è di pochi beati vivere il Sublime. La Natura non ha più un suo sottofondo che la caratterizzi e tutto appare confuso e insipido allo stesso tempo. Ecco pertanto la sorpresa delle cose semplici che ci porta a rientrare in noi stessi, lì dove non eravamo più da tempo o non eravamo mai stati.

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Ippolita Sicoli
Author: Ippolita SicoliWebsite: http://lafinestrasullospirito.it
Responsabile del Supplemento di Cultura "La finestra sullo Spirito" del quotidiano online "ilCentroTirreno.it"
Docente della Federiciana Università Popolare, Specializzata in Discipline Esoteriche, Antropologia, Eziologia e Mitologia, ha partecipato in qualità di relatrice a convegni e conferenze. Ha pubblicato le seguenti opere: “Il canto di Yvion - Viaggio oltre il silenzio” prima edizione Wip Edizioni 2003, seconda edizione Ma.Per. Editrice 2014. Il romanzo “Storia di Ilaria e della sua stella” Edizioni Akroamatikos 2008. La raccolta di racconti per ragazzi “Storie di pecore e maghi” Ed. Albatros 2010. Il romanzo “Il solco nella pietra” Editore Mannarino 2012. Il saggio antropologico “Nel ventre della luce” Carratelli Editore 2014.

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