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[07:53, 23/1/2023] Sicoli Ippolita: La tradizione anglosassone. Suono, Sole e ''Io sono''

Abbiamo visto come l'illusione sia associata al fantasma. È questo l'aspetto contemplato degli spettri dalle culture nordiche. L'illusione è una forma di luce che intiepidisce le gelide notti invernali schizzandole di presenza e movimento. Il sole è un occhio vigile non tanto feroce, e ammansito dalla cortina di gelo che lo rende gemello della luna. A differenza della luna il sole però è una stella che anima il fisico, lo tempra e riscalda.
Quanto è dominio del sole risveglia l'azione e la compresenza di ragione e corpo. Da qui l'attenzione della cultura illuministica inglese a distinguere quanto è illusioni e legato all'apparenza e quanto è invece sostanza, creando così il presupposto al distinguo tra fenomeno e noumeno.
Nel mondo scandinavo la differenza sole luna è colmata dall'equilibrio duslistico che mette il sole in relazione alla luna determinando un riflesso culturale di compartecipazione di entrambi nella psiche e portando a concepire e a concentrarsi sulla natura anche in rapporto ai suoi risvolti magici. La cultura agricola a certe latitudini è pressoché inesistente e i ritmi lunari sono associati ai ritmi della psiche e ne determinano i contenuti.
Nella civiltà anglosassone Il sole è una presenza riscaldante che lega a livello endemico la popolazione all'immaginario cacciatoriale. È fonte di vita e ispirazione del noumeno che governa lo spazio segreto dei cieli. Il sole è certezza, la luna è sogno. Interessante è la definizione "sun" di sole in rapporto a "suono:sound" e all'italiano "Io sono". Il nostro "io sono" è legato alla definizione di "persona" che fa corrispondere l'individuo a un prodotto dell'emanazione divina che in lui risuona. Il sole per gli Inglesi antichi era la presenza di un essere superiore dal quale tutto si diparte nella manifestazione del Creato e tutto ciò che è nei cieli nasce come musica che è forma di identità udibile e di emanazione divina. In questo si ritrova la cultura celtica filtrata da Tolkien scrittore e mitologo e iniziatore del genere fantasy, che abbina divinità superiori ciascuna ad un suono che si trasferisce all'uomo come vibrazione. Il discorso delle vibrazioni delle divinità eteree riprodotte nell'uomo è un aspetto che lega il druidismo alle tradizioni sciamaniche.
Anche l'uomo come tutte le componenti del Creato sprigiona vibrazioni ed emana un suono. È quanto ci evidenzia il primo pronome personale singolare inglese "Io" nel suo carattere di derivazione runica. Se lo swastika riproduce il sole nella sua rotazione in senso orario, il primo pronome ne è un raggio, richiamando la prima rappresentazione del sole il cui raggio ha dato vita allo Jod ebraico, da cui Io, Ai e anche God.

[07:55, 23/1/2023] Sicoli Ippolita: https://images.app.goo.gl/2eznWqEh9MuZLRAN9

Da Drago a Droga. Il cammino delle parole nello sconfinato Nord
Da Drago a Droga. Il cammino delle parole nello sconfinato Nord

 

Le etimologie ci aiutano a comprendere l'evoluzione dell'uomo in rapporto alla lingua. I suoni sono emozioni che traduciamo in noi sonoramente e che riconducono ai nostri sentimenti primitivi.

Nicolas Poussin - Paesaggio con Orfeo e Eurydice
Nicolas Poussin - Paesaggio con Orfeo e Eurydice

 

Il rischio è stato questo: confondere la dolcezza con la calcolata armonia. Ed è quanto suggerisce il manierismo seicentesco. Sarebbe stato impossibile che non avvenisse la scissione tra anima e pura estetica che provvede a trasferire l'anima nella fatua austerità dell'ordine umano.

Sant'Antonio Abate. Il Carnevale e la via del deserto
Sant'Antonio Abate. Il Carnevale e la via del deserto

 

Gli elementi iconografici che designano Sant'Antonio Abate sono tanti. La Bibbia, il bastone degli eremiti, il fuoco, il maiale e il campanello. Mi soffermo sul bastone o anche, in sostituzione di esso, su un ramo vecchio o su una canna che anticamente servivano come sostegno ai pellegrini e agli eremiti.

Il carro e il ribaltamento dell'ordine. Dioniso e il Carnevale

Dissolutezza e dissolvenza hanno la stessa radice. Lo sperpero del dissoluto comporta la sua distruzione. È un tema questo caro alla letteratura di confine tra Ottocento e Novecento ma che caratterizza l'immaginario popolare di ogni epoca. Il contadino troppo previdente che accumula e accumula nella cantina, è punito dalla farina vermicosa. È quanto la tradizione orale ci ha tramandato attraverso diversi racconti e storielle.
Il maiale è un animale sudicio e rozzo e questo secondo aspetto è messo in risalto dal termine Scrofa che indica il maiale femmina in allattamento. Scrofa è il contrario di Strofa che mostra una sua armonia orecchiabile che aiutava la tradizione orale alla trasmissione della poesia o filastrocca. Ciò che ha un suono mostra di essere vivo. È questo il lato frastornante di Dioniso portato in processione con una serie di strumenti fragorosi. Tra questi, corni e campanelli. Il rumore eccessivo e stridulo come lo squillo di tromba disturba e crea disarmonia. Indica l'esagerazione scomposta. Il termine "sordido" che ci collega a "sorcio: topo" ha la stessa radice di "sordi" il termine volgare di "soldi". I soldi che anticamente erano in moneta, quando venivano accumulati sprigionavano un tintinnio fragoroso che disturba. Il troppo storpia e sporca ed è qui il collegamento semantico tra Sordido, Soldo e Sorcio. Il sordo ( non udente) è colui che non coglie il frastuono dei soldi. Il soldo unico e solo non fa rumore.
Il suono "Scr" di "scrofa" e "scroscio" esprime sensazione di fastidio. Il fastidio è associato al disordine e alla disarmonia che nell'uomo si scatenano come sfogo nel periodo di Carnevale. A questi fa da contrappunto il silenzio delle Ceneri che cade di mercoledì, terzo giorno della settimana. Di contro, i giorni sfrenati del giovedì e del martedì grasso sono pari. Il numero pari a differenza di quello dispari è associato al frazionabile e quindi, agli Inferi e al demonio. Le Ceneri rappresentano ciò che rimane delle illusioni. L'uomo stesso è illusione ed è quanto grida Dioniso portato in trionfo durante i riti bacchici.
Il carro anticamente indicava potere e trionfo. Sul carro saliva il vincitore o il dio portato in processione dal popolo che si illudeva di essere lui a condurre il corteo con la statua o effigie del dio. In realtà è il dio che si beffa dell'illusione della folla ed è lui a condurre. Da carro deriva l'inglese "To Carry: portare, condurre." È il Carnevale il tempo degli scherzi che attraverso l'illusione dicono il vero. Gli stolti non afferrano, i saggi sì. Il carro di Dioniso Bacco nel periodo del Carnevale rinascimentale evidenziava proprio questo principio, nel gioco delle illusioni in cui il popolano può prendersi la briga di offendere il potente che ride perché,finito il gioco, tutto ritorna al suo posto.

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Il Barocco e il fiore del filosofo mago

La scrittura cura solo se ha in sé germi buoni pronti a germogliare anche negli altri. Ogni forma d'arte ha senso se inquadrata in tale prospettiva. Allora parla al di là delle esigenze di chi l'ha partorita.
L'attenzione verso la scrittura evolve con la comparsa della stampa che nel Seicento porta il pensiero a osservare le capacità intrinseche alla magia e a rivelarle. La potenza della Magia è un fuoco che brucia e dissolve le costruzioni effimere che si affermano non come sovrastrutture, ma come contenuto, catapultando l'uomo in uno stato di vuoto che lo va separando dall'Essere. Il Barocco più che come periodo artistico culturale, si afferma come vera e propria rinuncia di quanto c'è di sostanza legato alla magnificenza del Dio Creatore. Lo stupore del mondo illusionistico trova come canale espressivo la ridondanza del Barocco che paradossalmente verrà adoperato, ma secondo altri requisiti, da chi vorrà seguire il percorso della conoscenza magica. La scrittura porta a nuove esigenze di pubblico e chi opera nel campo della ricerca della verità si pone la necessità di rintracciare un pubblico a lui spiritualmente connesso, per aprire interessanti forme di confronto evolutive. L'alchimia che rifiorisce nel Seicento è il fine ultimo che si prefigge la Magia che va a sposare la forza del pensiero. Il pentagono è il fuoco che a seconda brucia e distrugge, oppure santifica. La riscoperta del fuoco come elemento a cui rapportarsi per realizzare la trasmutazione dell'uomo attraverso i metalli, è lo specchio della sostanza contenuta nell'uomo. La pietra filosofale è il punto fermo a cui ricondursi in un mondo dalle trasformazioni che schiacciano il senso di giustizia.
C'è il Rinascimento di mezzo ma per la riscoperta della Magia e la sua riqualificazione positiva il Seicento riprende quanto già avviato attraverso il Medioevo. La pietra distrugge la vanità o la ostenta, a seconda, e il tufo diviene la materia prima facile da lavorare ed elevare dalla sua primitivita' ossia dallo stato di verginale purezza. I calchi, gli stucchi sorprendono lavorando sul o nell'uomo. Alla sovrapposizione stupefacente dell'abbondanza corrisponde per via contraria lo snellimento e la riconduzione all'umiltà che a differenza del Medioevo non è del mistico, ma della nuova figura del mago che riflette sulla transitorietà e cerca nuovi linguaggi alla sua fede complessa. È del filosofo mago rintracciare e portarli a un unione risolutiva i punti comuni tra il Cattolicesimo e altre forme di spiritualità, ricercando percorsi affini e ricomponendoli in una visione di giustizia. In tale prospettiva il fiore ricrea e si ricrea attraverso la sensibilità più vera del Barocco. I petali sono le diverse vie dell'Uno che porta avanti sé stesso, mentre l'opulenza si avvia verso la propria totale distruzione.
Al contrario di quanto la Chiesa intende attuare attraverso i Gesuiti che coooperano per l'imposizione nel Nuovo Mondo della fede clericale, la Magia intende operare il contrario, avvicinando le diverse vie di fede allo scopo di ricondurle allo stesso calice. Un'operazione che suona come una scommessa esistenziale che riverbera' di sentenze dure e si compierà nella morte fisica di chi audacemente cercherà di portare avanti quanto osteggiato dalla Chiesa.

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La ritrattistica e il valore di "classe" nel declino del Novecento

Il quadro rappresenta un momento messo a punto. L'immobilità riferita dalla ritrattistica è il presente eterno. È focalizzazione di quanto è e che potrebbe non essere più. La ritrattistica per come la concepiamo nel suo rigore stilistico sparisce con il Novecento, perché con l'età contemporanea entra in campo la fine di ogni certezza. Al declino della ritrattistica nella sua più illustre accezione contribuisce il pittore Modigliani che stravolge i termini di quanto era stato concepito finanche dagli Impressionisti. Il ritratto non è solo riprodurre un primo piano fedele della persona, ma anche salvarne atteggiamento e carattere. Si pensava anticamente con le sculture a mezzo busto o intere (che compaiono prima dei ritratti) di lasciare passare il carattere e la forza della personalità del soggetto riproposto anche a fini propagandistici. Pensiamo ai busti di eroi, filosofi, politici e strateghi dell'età Classica. Lo sguardo è tra i particolari tramandati quello che forse rappresenta meglio il soggetto e racchiude il senso dell'esecuzione. Nello sguardo c'è il presente intramontabile del soggetto scolpito o ritratto. Il tutto della sua saggezza che trasfonde sentimenti di autorevolezza che pretendono in risposta rispetto. Nella scultura e nella ritrattistica c'è un mondo fermo nella realtà in movimento e trasformazione.
Là dove la persona si annulla nei connotati fluidi riassunti nella concezione di individuo, il soggetto viene ricreato dall'artista che lascia numerose tracce di sé. Il ritratto è quindi più che trasposizione nel tempo del presente immortalato dall'artista, un resoconto dimostrativo della personalità e del genio dell'esecutore dell'opera.
Boldini, Modigliani stravolgono la definizione di ritratto. Nel primo il soggetto quasi sempre femminile sembra annegare nei mostrini e nei pizzi delle raffinate vesti, proponendoci tramite un'immersione nei costumi d'epoca uno spaccato del lusso primo Novecento e di un'alta società spaccata in due tra aristocrazia avviata al tramonto e borghesia capitalistica rampante. Donne silhouette che come bomboniere nutrire di seta e velluto propongono il modello di estasi di chi si lascia sopraffare da un'eleganza del vivere che consta di cocktail party e di eventi mondani. Il corpo è un'illusione che allude allo stile fondamentale come biglietto di presentazione. L'eleganza è farsi ricordare, dirà Armani verso il tramonto del Novecento che sembra indicare la rotta verso la disintegrazione di ogni principio di stile.
Le nobildonne proposte da Boldini sono neanche più muse, anticipando così i tempi, ma mannequin che ispireranno gli atelier esclusivi. È la moda indossata bene a colmare i vuoti della nullità esistenziale. La persona si assenta e prende sempre più piede il termine "figura"una finestra che apre all'apparenza ben esibita introducendo al significato nuovo di "classe". La classe è della persona vestita bene, di figura e riservata. La definizione "di classe" si presta più a una figura femminile. L'uomo è il fuori classe, il borghese vincente che si è reso capace di cambiare le carte del suo destino. "Classe" e "fuoriclasse" sono termini che acquistano accezioni di prestigio basandosi sul linguaggio ippico. Il cavallo, mentre fa ingresso l'automobile come mezzo di trasporto del nuovo potere borghese, è il simbolo di una aristocrazia a cui rimane lo scettro del buongusto dettato dall'inflessibilita' ad accordarsi al declassamento della moda e dei costumi in genere.

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Il Seicento e il ruolo della Magia

Spesso ritratto col bastone, Arlecchino è la maschera della disgregazione. È colui che illude e a lui si riconduce il Joker così come il Jolly che fa sperare di vincere e che subito dopo lascia avviliti e sconfitti. Altro dalla fortuna, il Jolly mescola i semi di tutte le carte impersonando la bizzarria del caso confuso col non senso. È quindi il paladino del disordine perché, per colui che ha fede, il caso non esiste e tutto obbedisce a un senso.
Il burlone è il mago incantatore che anziché aiutare a uscire dal marasma delle illusioni, compie l'esatto contrario.
Come allora difendersi dall'inganno? Sicuramente avvicinandosi alla compiutezza che esprimono le arti. Attraverso di essa esaltano, elevando le idee ad ideali che sono le prime assurte a un piano divino. E poi , studiando. È quanto il mondo rinascimentale risponde al teatro delle illusioni che va sempre più approfondendosi. Il mondo successivo invece, risponde con l'uscita dall'ignoranza, la sola che possa sconfiggere il mago millantatore che si ostina a fare brillare il mondo delle illusioni.
Col termine ignoranza si recupera il principio di raccordo con la Natura primigenia e selvaggia. Un'operazione questa che si rivela essere sempre più ardua dal momento che il Barocco e il Rococò vanno a ricreare il mondo partendo dalla sovversione dei principi primordiali di armonia ed equilibrio. A risentirne di questa decadenza diffusa è anche la giustizia espressione del potere incontestabile del Papa e dei suoi fedelissimi aristocratici. La morte è di fatto sbeffeggiata e fatta rientrare nel teatrino delle esecuzioni pubbliche. In pochi capiscono il senso di quelle esecuzioni capestro ordite dall'Inquisizione, e sono proprio coloro che contemplano la salvezza dell'uomo in congiunzione all'integrità del Cosmo.
Arlecchino, maschera divertente che tanto piace ai bambini, col suo bastone dalla cui origine etimologica deriva il verbo Battere e anche il nome Bacco, è il distruttore che porta emblematicamente su di sé i riquadri romboidali dello smembramento dei colori e della distruzione del reale. È la sepoltura della vita dalla quale Flora, dea della Primavera, trarrà il suo riscatto vincente, vellutando i campi di prati dipinti, riassicurando così il germoglio di una nuova vita sulla distruzione.
L'Arte è la Primavera personificata da Botticelli nella dea Flora che compie il miracolo di reintegrare l'uomo nella Natura. La stessa finalità la ritroviamo in Crivelli e negli altri maestri della pittura rinascimentale per i quali la Madonna con Bambino diventa emblema di rinascita e di ricongiunzione alla maternità ancestrale che ritroviamo in Iside e in Cerere.
Purtroppo l'estetica e l'armonia non bastano a ricucire il rapporto Uomo Arcano. Sarà compito della Magia aiutare l'uomo a liberarsi dalle gabbie dell'inganno in un mondo sempre più alla deriva di Dio. È quanto mostrerà nel Seicento anche la danza affettata del minuetto che imita i passetti degli uccelli. Questo in una rivisitazione della Natura sempre più lontana dalla sua primordiale bellezza e artificiosamente riproposta sulla base delle esigenze salottiere e smoderate di un'aristocrazia sempre più fatua.

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Carlo Crivelli, la sfericità, la pienezza scultorea dei colori nei dipinti della Madonna con Bambino

Capita raramente, un tempo di più, di sentirsi dire "ricordo te e quel periodo perché stavo leggendo un libro che mi ha attraversato come lame di sciabola da cui sbocciano splendidi fiori." È quanto succede alla croce pasquale. Dai fori dei chiodi spuntano i germogli della nostra santità.
Non si può chiamare illusione ciò che ci solca nel profondo. Possiamo dimenticare l'accaduto, ma quanto ci percorre dentro ci porta a riscoprire la nostra integrità e ci aiuta a sentirci interi. Il mare allora lo si percepisce non come un'amalgama che separa, ma una costellazione di ponti che si riassume in noi in un quadro intero. Allora ecco dalla cornice spuntare un tondo che come pezzo unico ci fa tornare a casa, il nostro tempio che, osservando il tutto, riconosciamo essere la Natura.
C'è a tal riguardo un'opera del Crivelli suscettibile di diverse considerazioni frutto delle emozioni e sono tante, che rievoca. La Madonna della Candeletta ripropone in modo molto più completo quanto già esposto nella serie di Madonna col Bambino nelle quali opere viene fuori il legame con la Natura visto dal Crivelli, artista del Rinascimento.
La pittura in queste opere di fa piena come a voler incontrare la stabilità della scultura. Non è semplice e pura testimonianza della genialità fine a sé stessa, ma esprime la volontà di rapportare la poliedricità geometrica del reale alla sfera originaria, riassorbendola in essa. È quanto ammiriamo nei volti dei soggetti della ritrattistica e pittura rinascimentale che rievoca il tondo della perfezione che si erge sulla brutalità avviandoci verso la natura interiore compassata dell'uomo educato a limare ogni eccesso. Pare quanto ora detto in contraddizione col Carnevale, tempo della sregolatezza. In realtà, come precisato in altri momenti, il Carnevale con la sua struttura di ritualità ciclica è un tempo nel tempo che ha i suoi confini e la sua durata prestabilita.
La Natura incornicia ed ispira nelle opere di Crivelli contraddistinte dall'uso sapiente della tecnica combinata alla varietà di colori usati in cui si cancella la presenza dell'ombra. Tutto è morbidezza statuaria rasserenante che riconcilia l'uomo con la sua autorità interiore rendendolo padrone e bilanciere delle sue emozioni. La prospettiva c'è ed è posta in risalto dall'illusione architettonica dei luoghi, troni regali o balconcini attorniati di fiori. Interessante il discorso di equilibrio solido e altresì sognante che emerge all'osservazione, accentuato dai frutti scelti accuratamente e non solo perché di forma rotonda. Altresì infatti secondo una scelta giudiziosa che rientra nel discorso di perfezione. Ciò non preclude il riferimento di attinenza alla stagione autunnale, equinoziale che prepara alla luce santa del Solstizio e del Natale.
La rigogliosità abbraccia la Primavera, nelle sensazioni che ispira. Come quanto già accennato sul Botticelli, per l'Umanesimo e il Rinascimento l'autunno è invito a riflettere e a incontrare il senso pieno della vita e a viverlo nel presente. È la giovinezza che sfuma nella maturità pronta ad accogliere i nuovi germi dell'essere attraverso il momento santo del Natale.

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Il tempo dell'illusione e il giorno delle Ceneri. Il ruolo di Arlecchino

L'illusione è un argomento che trova plauso e attecchisce nelle epoche di passaggio. Va di pari passo con i processi di trasformazione che hanno bisogno di maturare per offrire visioni nette e risposte plausibili sulla Verità. L'illusione è associata all'esigenza di apparire che dà man forte alla forma, togliendo vigore alla sostanza. È il rovescio della medaglia del Carnevale che nel Cristianesimo trova il suo contrattacco nel giorno delle Ceneri che apre al rigore quaresimale.
"Ricordati che sei cenere e cenere ritornerai" dice Dio all'uomo e questo ammonimento è un duro monito a tutte le banalità che prendono il sopravvento sull'umiltà. È quanto si verifica con l'uscita dal Medioevo e con la fioritura delle Arti e l'Umanesimo che portano l'uomo diametralmente su posizioni avverse a quelle medievali i cui stili di vita si fondavano sulla cultura della pietra e del Sacro. Lo sfaldamento del Cristianesimo tra Cattolici e Protestanti amplifica le aspirazioni di prestigio del Papato, offrendo modelli che distolgono dall'austerità del Credo. L'illusione è quanto ammiriamo seppur suggestionati dall'avvenenza artistica, nella cappella Sistina che offre uno spaccato della vanità e illusorietà di cui si macchia la Chiesa tra Quattrocento e Cinquecento. La magia è figlia dell'illusione estetica. Il mago faccendiere e affabulatore è condotto in corteo durante il Carnevale nelle vesti del servo bugiardo e arraffone. Che si chiami Pulcinella o altri è sempre il prototipo di colui che gioca a carte false in vista di un proprio tornaconto e viene sbugiardato da colui che è sveglio. La decadenza della Chiesa insieme a tutte le sfaccettature degli ambienti di potere viene ridicolizzata e poi condotta al macero terminato il Carnevale. Le Ceneri offrono uno spaccato del mondo consapevole. Il rogo, l'inquisizione e la ghigliottina travolgeranno la Chiesa prima dei ceti abbienti, lasciando sopravvivere le macchie alle esecuzioni individuali.
Non c'è fiera o illusione che non si poggi sui colori. Anche la Natura si veste spuntando dal bianco universale e ritornando al nero del ventre che l'ha generata. Di contro alla Primavera che assurge ad emblema della fioritura delle Arti nell'allegoria di Botticelli, c'è Arlecchino che nel suo costume riassume tutti i colori del mondo. È un personaggio che tutto sommato conserva nella sua espressività un filo diretto con l'estetica del buongusto. "Arlecchino" deriva dall'anglo germanico col significato di "Re dell'Inferno" e nel suo ruolo di prestigio è colui che frammenta il mondo in tanti piccoli pezzi, schegge di colore che diventano niente. È l'illusione del mago che viene smontata dal di' delle Ceneri.
Era usanza nel Medioevo, prima ancora che il Carnevale prendesse una sua forma vera e propria, bruciare un fantoccio che rappresentava il Re delle illusioni terrene. È quanto avveniva l'ultima sera che precede la Quaresima. La cenere è la dissoluzione dell'inganno smontato in tutto e per tutto dalla semplicità del re dei Cieli, il Cristo in vesti umane che, nel deserto affronta Satana, l'avversario che propone e offre vanità e illusione.
I coriandoli che lanciano i bambini sono i frammenti del mondo ricomposti in un quadro di falsità dal prestigiatore mago. È bello il Carnevale. Tutto è lecito, ma è bello solo per chi ha la consapevolezza che tutto è un gioco da vivere entro determinati ambiti e in un tempo misurato. Per gli antichi esisteva il Carnevale perché c'era di contraltare una coscienza del Vero. Oggi purtroppo, nell'epoca dell'inganno universale, così non è più.

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Il quadro e la scena. La prospettiva nel mondo che cambia

Il Rinascimento apre a una visione nuova che include il concetto di scena. La scena è quanto si svolge caricata di connotati riferiti alla società dell'epoca. Immortalare e rendere ufficiale quanto si svolge nel piccolo di una immagine rendendola testimonianza assoluta che travalica il concetto di tempo, è quanto si prefigge il mondo rinascimentale. La caricatura ne consegue insieme a forme di esagerazione che attraverso la commedia dell'arte si trasferiscono nel Carnevale. La dimensione salottiera connoterà il Seicento trasformandosi in un microcosmo di opulenza e agiatezza vistosa, di contro al mondo reale.
Con queste caratteristiche nel Rinascimento si diffonde la moda di rappresentare l'Arte su tela, e quindi la cultura del quadro. A differenza del mondo medievale in cui si viveva immersi in una condizione sociale su modelli epici che coinvolgevano anche il popolo, tutto cambia nel momento in cui l'affresco è sostituito dal quadro che delimita gli spazi della tela. Il quadro serve non solo all'autocelebrazione del soggetto che ha commissionato il dipinto ma anche a sviluppare una concezione separatista della società che agli alti ranghi si mostra sempre più inaccessibile.
Il quadro è la scena che acquisterà una sua ben marcata definizione con il Melodramma allo scoccare del 1600. Se nel Medioevo la pittura era legata alle azioni secondo la convinzione che nobilitassero il soggetto spesso rappresentato in forma trionfale attorniato dal popolo, nel Rinascimento con la comparsa della pittura su tela che si converte in quadro, il divario tra chi sta in alto e chi sta in basso aumenta, spianando la strada a un modello classista della società, evidenziato in architettura dalla struttura del palazzo. Il palazzo è uno spazio chiuso ma non secondo l'accezione del castello medievale. Lo è realmente negli ampi spazi cittadini. È un mondo a parte non autosufficiente, ma al tempo stesso precluso alla moltitudine.
All'idea del quadro contribuisce anche la prospettiva con l'idea di profondità che crea l'illusione di espansione del piccolo. È il ritorno del teatro in una nuova visione di corte che introdurrà alla reggia e a forme di assolutismo poggiate sullo sfruttamento degli ultimi.

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