correzioni
Il sito "il Centro Tirreno.it" utilizza cookie tecnici o assimiliati e cookie di profilazione di terze parti in forma aggregata a scopi pubblicitari e per rendere più agevole la navigazione, garantire la fruizione dei servizi, se vuoi saperne di più leggi l'informativa estesa, se decidi di continuare la navigazione consideriamo che accetti il loro uso.

Il tempo dell'illusione e il giorno delle Ceneri. Il ruolo di Arlecchino

L'illusione è un argomento che trova plauso e attecchisce nelle epoche di passaggio. Va di pari passo con i processi di trasformazione che hanno bisogno di maturare per offrire visioni nette e risposte plausibili sulla Verità. L'illusione è associata all'esigenza di apparire che dà man forte alla forma, togliendo vigore alla sostanza. È il rovescio della medaglia del Carnevale che nel Cristianesimo trova il suo contrattacco nel giorno delle Ceneri che apre al rigore quaresimale.
"Ricordati che sei cenere e cenere ritornerai" dice Dio all'uomo e questo ammonimento è un duro monito a tutte le banalità che prendono il sopravvento sull'umiltà. È quanto si verifica con l'uscita dal Medioevo e con la fioritura delle Arti e l'Umanesimo che portano l'uomo diametralmente su posizioni avverse a quelle medievali i cui stili di vita si fondavano sulla cultura della pietra e del Sacro. Lo sfaldamento del Cristianesimo tra Cattolici e Protestanti amplifica le aspirazioni di prestigio del Papato, offrendo modelli che distolgono dall'austerità del Credo. L'illusione è quanto ammiriamo seppur suggestionati dall'avvenenza artistica, nella cappella Sistina che offre uno spaccato della vanità e illusorietà di cui si macchia la Chiesa tra Quattrocento e Cinquecento. La magia è figlia dell'illusione estetica. Il mago faccendiere e affabulatore è condotto in corteo durante il Carnevale nelle vesti del servo bugiardo e arraffone. Che si chiami Pulcinella o altri è sempre il prototipo di colui che gioca a carte false in vista di un proprio tornaconto e viene sbugiardato da colui che è sveglio. La decadenza della Chiesa insieme a tutte le sfaccettature degli ambienti di potere viene ridicolizzata e poi condotta al macero terminato il Carnevale. Le Ceneri offrono uno spaccato del mondo consapevole. Il rogo, l'inquisizione e la ghigliottina travolgeranno la Chiesa prima dei ceti abbienti, lasciando sopravvivere le macchie alle esecuzioni individuali.
Non c'è fiera o illusione che non si poggi sui colori. Anche la Natura si veste spuntando dal bianco universale e ritornando al nero del ventre che l'ha generata. Di contro alla Primavera che assurge ad emblema della fioritura delle Arti nell'allegoria di Botticelli, c'è Arlecchino che nel suo costume riassume tutti i colori del mondo. È un personaggio che tutto sommato conserva nella sua espressività un filo diretto con l'estetica del buongusto. "Arlecchino" deriva dall'anglo germanico col significato di "Re dell'Inferno" e nel suo ruolo di prestigio è colui che frammenta il mondo in tanti piccoli pezzi, schegge di colore che diventano niente. È l'illusione del mago che viene smontata dal di' delle Ceneri.
Era usanza nel Medioevo, prima ancora che il Carnevale prendesse una sua forma vera e propria, bruciare un fantoccio che rappresentava il Re delle illusioni terrene. È quanto avveniva l'ultima sera che precede la Quaresima. La cenere è la dissoluzione dell'inganno smontato in tutto e per tutto dalla semplicità del re dei Cieli, il Cristo in vesti umane che, nel deserto affronta Satana, l'avversario che propone e offre vanità e illusione.
I coriandoli che lanciano i bambini sono i frammenti del mondo ricomposti in un quadro di falsità dal prestigiatore mago. È bello il Carnevale. Tutto è lecito, ma è bello solo per chi ha la consapevolezza che tutto è un gioco da vivere entro determinati ambiti e in un tempo misurato. Per gli antichi esisteva il Carnevale perché c'era di contraltare una coscienza del Vero. Oggi purtroppo, nell'epoca dell'inganno universale, così non è più.

https://images.app.goo.gl/3kaBnkAmiHhuAb5m6

Il quadro e la scena. La prospettiva nel mondo che cambia

Il Rinascimento apre a una visione nuova che include il concetto di scena. La scena è quanto si svolge caricata di connotati riferiti alla società dell'epoca. Immortalare e rendere ufficiale quanto si svolge nel piccolo di una immagine rendendola testimonianza assoluta che travalica il concetto di tempo, è quanto si prefigge il mondo rinascimentale. La caricatura ne consegue insieme a forme di esagerazione che attraverso la commedia dell'arte si trasferiscono nel Carnevale. La dimensione salottiera connoterà il Seicento trasformandosi in un microcosmo di opulenza e agiatezza vistosa, di contro al mondo reale.
Con queste caratteristiche nel Rinascimento si diffonde la moda di rappresentare l'Arte su tela, e quindi la cultura del quadro. A differenza del mondo medievale in cui si viveva immersi in una condizione sociale su modelli epici che coinvolgevano anche il popolo, tutto cambia nel momento in cui l'affresco è sostituito dal quadro che delimita gli spazi della tela. Il quadro serve non solo all'autocelebrazione del soggetto che ha commissionato il dipinto ma anche a sviluppare una concezione separatista della società che agli alti ranghi si mostra sempre più inaccessibile.
Il quadro è la scena che acquisterà una sua ben marcata definizione con il Melodramma allo scoccare del 1600. Se nel Medioevo la pittura era legata alle azioni secondo la convinzione che nobilitassero il soggetto spesso rappresentato in forma trionfale attorniato dal popolo, nel Rinascimento con la comparsa della pittura su tela che si converte in quadro, il divario tra chi sta in alto e chi sta in basso aumenta, spianando la strada a un modello classista della società, evidenziato in architettura dalla struttura del palazzo. Il palazzo è uno spazio chiuso ma non secondo l'accezione del castello medievale. Lo è realmente negli ampi spazi cittadini. È un mondo a parte non autosufficiente, ma al tempo stesso precluso alla moltitudine.
All'idea del quadro contribuisce anche la prospettiva con l'idea di profondità che crea l'illusione di espansione del piccolo. È il ritorno del teatro in una nuova visione di corte che introdurrà alla reggia e a forme di assolutismo poggiate sullo sfruttamento degli ultimi.

https://images.app.goo.gl/7EwdG1GeRURVp1EW9

Il Rinascimento quale terra di mezzo

Ci sono fiori che appassiscono prima ancora di sbocciare e altri che fioriscono prematuramente, aggrappati agli angoli del sentiero. La speranza va guidata ma a volte asseconda i capricci del destino. La speranza soffia in determinati periodi culturali il profumo della giovinezza che va acciuffata con rigore e anche freschezza, prima che voli via. La giovinezza è l'età di mezzo che appassisce precocemente in maturità, se non vissuta al massimo. È l'età dei colori che prendono forma e parla il linguaggio estetico del Rinascimento. Per questa importante epoca, la giovinezza incarna le aspettative di chi si rende padrone delle proprie scelte che, nonostante le difficoltà, porta a compimento. È l'epoca di chi sa dirigere timone e vele e con entusiasmo si lancia nella navigazione della vita. Non sorprende quindi, che il Rinascimento sia l'epoca dei naviganti e delle nuove scoperte. Navigare per il cielo equivale a navigare per mare e i pianeti lontani avvistati dal telescopio di Galilei diventano sassi sepolti nei fondali più profondi. Tra l'insondabile di sopra e quello di sotto c'è l'uomo a cui si offre la vita fatta di probabilità da appurare o esaudire.
L'eroe rinascimentale è colui che paradossalmente si lancia nella conquista del bello che raggiunge ed esprime puntando su un discorso di armonia e proporzioni. L'artista scultore o pittore, ma anche, in minor misura, il poeta e il letterato linguista sono coloro che riescono là dove gli altri forano, mantenendo le redini del loro discorso senza, infrangerne le regole. La sregolatezza, la gagliardia giovanile sono momenti oltre i quali tornare sulle direttive della normalità. I canti carnascialeschi o carnevaleschi ricordano un giro limitato nel tempo che ha senso se ben definito. Il Carnevale stesso che trae ispirazione dalla commedia è un ritratto esagerato di quanto avviene nel sociale oltre il quale ritornare a considerare nella sua serietà.
È fatto di scadenze il Rinascimento e di punte tragiche che ricordano i tanti significati della morte che resta l'obbligo più grande al quale l'uomo non può sottrarsi. Il Carnevale è sfida lanciata alla vecchiaia e alla morte che rispunta col giorno delle Ceneri e della presa di anno in anno di coscienza che le cose terrene valgono per il tempo che durano. L'ambizione della terra di mezzo in cui sta l'uomo è realizzata dalle opere di trionfo artistico. Il trionfo è quanto meglio descrive il Rinascimento e lo troviamo nel titolo del componimento de Il Magnifico "Il trionfo di Bacco e Arianna." Il carro dei vincitori di ogni sfilata carnevalesca rimanda all'euforia di chi è capace di andare oltre, sapendo che poi dovrà reintegrarsi in sé stesso.
La Natura di Botticelli che esprime nella Primavera le stagioni di mezzo è un diretto messaggio rivolto al contenimento degli eccessi.
Abbiamo visto il significato del maiale che proprio in quanto diviene simbolo del ventaglio di sregolatezze mondane in cui l'uomo potrebbe spingersi, consta di tanti nomi identificativi. Tra questi "suino" da cui sugna e anche "porco" che fa riferimento allo sguazzare del maiale in ambienti sudici. Il porco è per traslato colui che frequenta bordelli senza alcuna velleità estetica o igienica.
L'ebbrezza ha anch'essa la necessità di esprimersi attraverso un linguaggio aulico che vede la riconciliazione di Dioniso col suo alter ego Apollo.
Il maiale è l'animale che si identifica nei diversi preparati e nelle diverse portate. In questo il maiale lo troviamo associato a Dioniso e a sua volta a Shiva, il distruttore che compare per traslato nella radice greca di "suino". Di contro, Apollo è il ripristino dell'integrità. Come il maiale, anche il pollo nasconde nel suo nome "pollus" la molteplicità in riferimento alla sua facile adattabilità e alla varietà di ricette a cui si presta. Come il maiale, anche il pollo è all'origine e allo stato selvatico un animale che si ciba anche di scarti. Nell'immaginario popolare viene facilmente accostata l'aia al porcile.

https://images.app.goo.gl/R2mPVSiF9sC1zAGF6

Il maiale tra i riti tribali e la celebrazione del Carnevale

L'eroe esalta le qualità dell'uomo dinanzi a Dio. Egli resta a differenza del santo nell'ambito dell'esaltazione delle qualità umane che sono da emulare come modello di vita. La vita in terra ha il suo valore che Dio riconosce e apprezza nell'uomo che si sacrifica per esso. Pertanto, la società che omaggia gli eroi è vista di buon occhio da Dio. È questo il principio che accomuna le tradizioni del passato sparpagliate su tutto il pianeta. È però anche qui necessario porre un distinguo in base all'evoluzione delle stesse tra eroe ed eroe. Per le civiltà tribali l'eroe si confonde con una forma di divinità. Chi eccelle secondo qualità umane aiutate dall'educazione su cui va a installarsi il buon senso del soggetto, è considerato una figura eccezionale e quindi divina. È un discorso questo che apre ad apprezzabili conseguenze che si contestualizzano a e riferiscono a determinate culture. Anche il totem delle civiltà cacciatoriali può ricondursi al valore conferito alla figura dell'eroe che si discosta dalla Natura ordinaria divenendo cristallizzazione o effigie di una figura sacra.
È sacro ciò che apre a un consenso collettivo e quindi si carica di un significato che sfora l'ordinario. È quanto accade alla bestia immolata durante il rito sacrificale. Questa operazione alquanto primitiva è di fatto comune tra le culture più antiche che pur essendo tra loro diverse, si ritrovano accomunate dallo stesso principio di fondo. Quanto più l'animale è legato ad aspetti di una realtà primitiva, tanto più acquista nella trasposizione ritualistica che culmina col sacrificio. Le bassezze umane che vengono riflesse sull'animale, attraverso il rito sono riscattate in qualità sublimi. È la materia che viene ad essere trasposta con la ferocia della morte su un piano di luce.
Questo processo transitivo che annulla le qualità più bestiali dell'animale è espresso con altri connotati dalla forma di venerazione presso culture ancestrali nei confronti della donna abile nelle qualità sessuali. Che sia figura sacra o cortigiana delle più ambite corti, la sublimazione dell'istinto sessuale attraverso le pratiche erotiche fornisce il giusto esempio per comprendere questo meccanismo di conversione e sublimazione che è proprio della psiche.
L'animale che più di tutti si presta a questa forma di riscatto tramite il rito è proprio il maiale non a caso paragonato all'uomo di bassa civiltà o anche alla donna nei loro aspetti diversi ma comunque degradanti. Eppure, nessun animale quanto il maiale è consumato così diffusamente, esaltato e prima ancora deprecato. L'abbattimento del maiale inaugura la parte dell'anno della baldoria godereccia. La morte ne è il suo trionfo. La sua diffusa consumazione sul piano geografico e culturale è resa anche dalla varietà di nomi che lo designano.
Del maiale non si butta niente. È la sazietà del corpo che però non nutre l'anima, anzi la fa sentire sempre più insoddisfatta. Esso incarna l'illusione del Carnevale periodo consacrato alle trasgressioni in tutto, che però ti lasciano vuoto dentro, aprendo quindi al periodo di purificazione che per noi cristiani equivale alla Quaresima. Carnevale significa "periodo che chiude al consumo della carne" facendo identificare come ogni tempo ritualistico l'inizio con la fine e l'abuso con il suo opposto, razionamento o assenza.
Quando gli antichi e nello specifico i nostri predecessori latini parlavano di carne, si riferivano al maiale cotto e preparato secondo infinite modalità. È il piacere sessuale che non conosce limiti e in questo va a coniugarsi nei più raffinati con la fantasia erotica.
Il maiale che ritroviamo nell'iconografia di Sant'Antonio Abate è il piacere sordido della vita che lascia sempre insoddisfatti e prepara all'isolamento del mistico. Il maiale è di fatto il simbolo dell'illusione terrena che già riscontriamo nel nome appunto "maiale". Era questo l'animale offerto in sacrificio alla dea Maia madre di Mercurio e Maia, divinità greca arcaica, significa proprio dal significato di "madre" lega la terra alle illusioni. Maya la ritroviamo nel repertorio delle antiche divinità indù proprio con Il significato di "illusione" facendo riferimento al mondo reale avvolto dal velo appunto di Maya. A Maya si ricondurrebbe anche la radice di Imago (immagine) e di Magia interpretata nel suo doppio e opposto significato e che libera dalle illusioni e che, operata dall'imbroglione, è essa stessa illusione. Sulla base di quanto già espresso nei precedenti articoli l'illusione è la trappola di chi si discosta dall'essere e porta avanti solo l'apparenza nel regno del mutevole.

https://images.app.goo.gl/tCCjjruBpz12v4Bk6

 

"Valere", "Volere" e "levare" nel tema dell'eroe

Ci avviciniamo all'inizio della Quaresima e il Carnevale è ormai agli sgoccioli. "Carnevale" dal significato di "eliminare la carne" richiama all'affinita' con i verbi "levare", "valere" e "volere". Questo trinomio basterebbe di per sé ad avviare i contenuti di una storia che si rendesse portavoce delle istanze di modello di un eroe. Soffermiamoci innanzitutto su "Carnevale" che sembra indicare il verbo "valere" di sostegno al periodo stesso, conferendo il significato di "raccomandato il consumo di carne". Levare sembra l'anagramma di Valere e si lega perfettamente al periodo del Carnevale in relazione a quello della Quaresima. Chiaramente il consumo fi carne non si riferisce solo all'alimentazione ma diviene rappresentazione di un modello di vita godereccio consentito in pieno inverno di contro a quello austero da seguire in Quaresima. Anche se così non è, il Carnevale sembra interporsi come festa di spensierata mondanità tra due importanti periodi sacri: del Natale e di quello preparatorio alla Pasqua. Dico e preciso "Così non è" perché anche il Carnevale nasce come festa dal carattere sacro da noi moderni ormai perso per strada.
Il sostantivo "valore" si connette con "eroe" e con "oro" legandoli indissolubilmente e così combinati i tre monomi conferiscono l'impronta evolutiva di un racconto che va via via definendo il modello dell'eroe. Valore sembra suggerirci "che vale oro" e l'oro tramite l'inciso della R tra due vocali suggerisce l'idea dell'eroe quale soggetto degno di ogni riflessione devozionale, perché nonostante umano, appresenta l'eccellenza che avvicina ai comandamenti divini. Pertanto gli eroi e i sommi poeti avevano il capo cinto di corone di alloro.
Non esiste valore che non sia accompagnato dalla volontà e il verbo "volere" nel suddetto progetto esistenziale si rende necessario. Dimostra la volontà, la vocazione a incarnare un modello di superiorità per il fatto stesso di non essere intrapreso e condotto fino in fondo da tutti, se non da pochi, al fine della propria spirituale realizzazione. L'Essere è oggetto di studio ontologico metafisico e l'eroe in quanto tale rifugge la mediocrità mondana e si applica per insegue l'Essere, ossia il contenuto vero più della forma. L'eroe è l'uomo di valore a cui si giunge eliminando abitudini e stili di vita scorretti che minano anche il carattere dell'individuo. La pietas augustea offre un modello di vita tramite cui approcciarsi alla condotta dell'eroe ed assurgere ad esso.

https://images.app.goo.gl/XedyinWSaqJAr7p6A

Il sole e l'Occidente nell'immaginario antico

Occidente deriva da "occido Is" dal significato di "cadere". Da qui "uccidere" da cui il traslato "cadere morto in battaglia." Leghiamo il verbo uccidere prima ancora che all'episodio di Caino e Abele, ai conflitti bellici. Successivamente, alla fine del giorno e al crollo del sole oltre la curva dell'orizzonte. Questa immagine assume il valore di un vero e proprio atto incendiario che trascina l'astro nel regno dell'Ade, identificandolo col suo splendore. È anche sì vero che la conclusione del giorno celebra ritualmente il sacrificio del sole che si presta a farsi sostituire dalla notte.
Il sacrificio è l'atto che consacra nel tempo il valore dell'eroe, cristallizzandolo in divinità. Questo concetto che caratterizza a livello archetipico l'evoluzione dell'uomo in più direzioni è ben messa a fuoco dalla tradizione germano norrena attraverso l'immagine del sole "Sunno" recuperata dalla cultura anglosassone e tradotta in Sun. È interessante questo passaggio perché il popolo anglosassone recupera e riporta al sole il valore di Figlio contenuto nel numero tre delle lettere. Il sole è il Figlio e in quanto tale si offre in sacrificio per la continuità della vita oltre la vita stessa, consentendo all'eternità di comparire nell'orizzonte delle probabilità. Attraverso la connotazione di Figlio l'eroe trascende la dimensione umana per acquisire titolo divino. Lo vediamo anche nella tradizione cristiana a proposito di Gesù che attraverso la morte e Resurrezione rivela di essere il Cristo.
Il sole nel repertorio immaginifico anglosassone è legato al simbolo del triskali. Tramite il figlio i due opposti vengono intrecciati nobilmente. È quanto riscontriamo nella tradizione celtica in cui il figlio trasla nel simbolo del padre assicurando attraverso il ciclo di transizione e conversione stabilità ed evoluzione alla tradizione.
L'immagine del sole legato alla sua sposa, la luna, ci trasporta nella dimensione idilliaca di preambolo alla cultura cortese cavalleresca. Il sole è colui che si sacrifica per la salvezza della sua amata. È la figura dell'eroe che trascende la soglia del tempo divenendo effigie di sacralità e nobiltà, riferimenti del vero cavaliere celebrato nei poemi bretoni.

https://images.app.goo.gl/iG11Exm42TiL9f2m6

L'improbabile nella vita di tutti i giorni. La mano che diamo a noi stessi tramite l'altro

Ci sono persone che entrano nella nostra vita in punta di piedi, o forse perché siamo noi a proporci a loro al fine di accoglierle. All'inizio un ingombro, poi una rivelazione di qualcosa a cui non avremmo mai pensato. Di una svolta che ci richiama offrendoci una vita migliore e tanto affetto che mai avremmo pensato di ottenere o di dare o di meritare. Non sono solo per noi questi ingressi imprevisti, ma per tutto un circondario che davano per scontato o che ignoravano anche. E non esiste che queste persone che accogliamo operino nel bene per alcuni a scapito di altri. Sovvertono a tutti e nel bene, lo stato di cose. Le incontriamo nella nostra vita, ci capitano all'improvviso, o leggendo un libro, e allora le sentiamo essere tra noi e di non averle mai considerate. E sta a noi proseguire quanto da loro tracciato o ispirato, perché a un certo punto se ne vanno, proprio quando ormai è tutto chiaro e pronto affinché operiamo il salto di qualità.
È anche qui che si materializza l'improbabile. L'Assurdo è la bocciatura completa di un progetto che invece d'incanto prende forma, se noi scuotiamo le corde della nostra letargia, inserendoci in un nuovo percorso. E piano piano, con dolcezza, scopriamo di non essere poi tanto male come invece prima credevamo. L'improbabile agisce così. Semina un germe che fiorisce lentamente e prende a gioire dentro di noi, portandoci ad amare la vita. È quanto di assolutamente creduto lontano dall'avverarsi che noi richiamiamo dal di fuori e ci porta a riscoprire affetti e una vita migliore. Non esistono luoghi preclusi a quanto possa stravolgere in bene le singole vite accomunate dalla nuova introduzione. Anche i quartieri di gente miserabile e malfamati possono incontrare d'un tratto chi porta la primavera nell'inverno più pieno. Questa sorta di incontro miracoloso cammina e abbraccia anche chi di voce in voce ne viene a contatto e si rende parte di questa meravigliosa avventura. Ti tocca il cuore e non ti lascia più, abbellendoti di speranze che neanche immaginavi di possedere dentro la scorza dei duri inverni.
Ti accorgi così di entrare nell'intimità celata di luoghi freddi e inabitabili, di gente che vive ai margini di chi produce e tiene testa alla società. Di quella gente che non a caso viene definita nullità. In un mondo precario che arranca nel marcio di esistenze mal vissute e in cui per chi non ci nasce restano lontane, fa rumore l'inconsueto che sboccia e ti sconvolge. È quanto succede divorando una pagina dietro l'altra il romanzo nuovo di stampa dell'esordiente Sara Gambazza, dal titolo "Ci sono mani che odorano di buono". Lo scenario è il quartiere periferico Cinghio dove la vita ha scelto di materializzarsi all'improvviso grazie all'umanita' nascosta di chi ci vive e che d'un tratto decide per mano di un incontro inaspettato, di fiorire.
L'improbabile allora non è l'assurdo che piomba dal cielo frantumando le categorie del pensiero, irrompendo nelle variabili spazio tempo col nome di miracolo. È ciò a cui l'uomo quando si sente pronto va incontro, a seguito di un'illuminazione nel deserto spento del silenzio. E ci cambia tutti di cuore in cuore, lasciando che la vita accada, completando il capolavoro da una persona semplice iniziato.

https://images.app.goo.gl/Dus7JaMgppMxXpBj7

Il quadrato rinascimentale e le sfide dell'uomo divino

Se rifletto sul Novecento rivedo un secolo proiettato verso il disincanto. Un secolo che ha ricercato confusamente la luce macchiandosi di nero. È il mio secolo, perché allora sono stata giovane. È curioso come invece, subentrata l'era del virtuale colgo laghi di luce e rifrazione di raggi ovunque, nonostante il grave straniamento odierno e l'abisso incombente. Forse è la continua ricerca di un confronto sempre più dinamico con le zone oscure dell'universo a infondere parvenze di un qualcosa che rasserena e la fiducia di in intervento cosmico sottoforma di sconosciuta energia che possa venire a riscattarci dalla rivoluzione antiumana.
Nuove frontiere si vanno ampliando, consentendo a quanto rimasto inascoltato in tempi lontani di trapassarci, venendo ripreso e affrontato dalle nuove tecnologie sempre più affinate.
La sfera, il quadrato e l'uomo rappresentato dal pentagono aprono a nuove soluzioni immaginative rese eloquenti dai numeri dispari alle estremità del quattro che richiama alla perfezione dell'Eden e al tentativo di riprodurlo in terra, poi bombardato dall'accanimento dell'uomo verso vie sbagliate di perfettibilità. Di questo il Rinascimento sembra parlare in forma più che esplicita, ponendoci dinanzi al superamento di sé stesso attuato solo sul piano ontologico, tralasciando quello metafisico sicuramente più impegnativo da affrontare. I tentativi di Marsilio Ficino perpetrati al fine di intessere un canale di comunicazione efficace tra i due ambiti è stato surclassato dalla diatriba allora molto accesa che distingueva in chiave antagonistica Platone da Aristotele. Nell'uomo (pentacolo) si ritrovano entrambi: sfera e quadrato. Sarà proprio la filosofia del nolano Bruno ad accordare le due figure ponendole in relazione con quella della stella pentacolare con la punta rivolta verso l'alto, attraverso la visione dell'uomo divino. Costui a proposito dell'introduzione a una nuova ottica interpretativa del Cosmo, porrà in comunicazione l'antica tradizione sacerdotale ermetica con la spiritualità di Dante e il suo rimirar le stelle, andando ben oltre attraverso il metodo tracciato da Ficino, ossia di concordanza delle posizioni opposte. Per tramite di questa concordanza filosofica, Bruno compirà un notevole passo in avanti, lanciando una visione dello spazio che si espande attraverso il Pensiero che anima il Tutto e viene reintegrato dall'uomo. L'uomo non è colui che assiste soltanto o comunica con l'Universo. Il Pensiero crea e questa consapevolezza rende possibile il passaggio successivo che contempla l'esistenza di altri popoli in altri luoghi o meglio "mondi". Non può esserci vita se non in un sistema ordinato e questa teoria difatti non estromette la potenza di Dio dalla sua teoria, né tantomeno la circoscrive. Il mondo è l'espressione di Dio e Giordano Bruno da buon credente non omette assolutamente la definizione di "mondo" nei suoi trattati.
Il Cosmo è un'intera famiglia che si espande attraverso la sua intelaiatura fatta di richiami di luce e suoni. La centralità dell'equilibrio quale fattore che soggiace all'armonia, riporta Bruno all'antropocentrismo rinascimentale reinterpretato tramite il recupero dell'autodeterminazione che è presente nella Natura e anche nell'uomo.

https://images.app.goo.gl/kfBhfUZoe4f4hqCY6

L'improbabile nella visione della prospettiva rinascimentale

Sembra di primo acchito che la dimensione dell'Improbabile sia quanto di più lontano dal Rinascimento, eppure così non è. l'Umanesimo oltre che ad avvicinare in modo più scientifico rispetto al passato alla storiografia affiancata da un ben più fondato studio della Filologia, mette in moto l'entusiasmo verso le sperimentazioni tramite le quali l'uomo si confronta con le proprie abilità creative e intellettuali che lo completerebbero, dando corpo e senso alla sua posizione centrale nel Cosmo. È paradossale come proprio l'introduzione della prospettiva introduca al relativismo, acerrimo nemico delle posizioni aristoteliche immobilistiche legate alla percezione dell'Essere. L'Aristotelismo e il Platonismo si fronteggiano nel Rinascimento, favorendo una dialettica che introdurrà al superamento dello stesso. Il dinamismo del Platonismo confluito nel Neoplatonismo di Ficino che carica l'uomo di responsabilità vedendo riflessa su di lui la capacità di procedere nell'azione creatrice del Principio Primo, fa di contraltare alla resistenza del conservatorismo impugnato dalla Chiesa sempre più refrattaria a vedere compromessa la sua posizione di potere. La prospettiva slancia l'uomo verso Dio che va sempre più identificandosi con la proiezione dell'uomo in terreni da lui raggiungibili grazie all'affinamento tecnico spaziale delle arti e delle loro espansivita' creative. La prospettiva porta di fatto l'uomo ad acquisire quel fattore di potenza che raggiungerà il suo apice nella configurazione dell'uomo divino di Giordano Bruno, preparandoci ai grossi contrasti del Seicento.
Con la prospettiva l'uomo allunga il passo lì dove non c'è e l'immaginazione lo illude di essere ovunque e nella posizione di esterno rispetto all'opera che guida e conduce, e nel presente del quadro con le figure in primo piano e nella profondità che corrisponde al futuro. Dietro la sua azione creatrice c'è il passato con la sua incommensurabile eredità che viene proiettata all'interno dell'opera che funge come uno schermo di computer che ha in sé la tridimensionalità di una scena. L'improbabile va così affacciandosi al gioco di illusioni che l'uomo crede di poter gestire e che invece lo risucchierà, figlio com'è dell'esuberanza rinascimentale.

https://images.app.goo.gl/vKNZke4HeT1vHx7y5

Il Medioevo e l'arte dell'Improbabile

Le frontiere dell'anima possono essere varcate più facilmente dalla pittura che dalla scrittura. La scrittura deve necessariamente seguire un ordine nello spazio e nel tempo, per quanto "Il flusso di coscienza " avvii agli esordi del Novecento sbilanciato su nuove sperimentazioni, dilatando le misure di tempo e spazio. L'arte figurativa è emissione diretta del patrimonio emozionale e animico che si traduce in accurata ricerca estetica. È un flusso liberatorio che attracca ai porti del consenso di chi si ritrova in quelle suggestioni tracciate dai colori e interpretate da essi.
La pittura è l'infanzia dell'uomo di cui esprime il percorso dell'evoluzione animica. Ogni espressione raffigurativa per quanto elegante e raffinata, parte da un naif di gemellaggio uomo Natura. La fantasia dell'uomo si corrobora partendo da questa realtà di condivisione primitiva di un insieme che non prevedeva sottomessi e di cui l'uomo era un ingranaggio inserito all'interno delle condivise dinamiche. La primitivita' si ritrova nella cultura medievale seppur affinata dai risvolti estetici dettati dal clima di chiusura che ha al suo centro il rapporto con l'ambiente. La fantasia riverbera nell'arte medievale attecchendo al discorso della fede e ai suoi risvolti magici che ne esaltano l'aspetto mitologico e ancestrale. Figure teriomorfi o di orchi spalancano su un inconscio emotivo dalla Classicità a lungo sedato, esplorando tramite il linguaggio visivo il terreno dell'improbabile che è di carattere favolistico e fantasioso di contro a quello dogmatico trainato dalla Cristianità.
Nonostante l'arte medievale sia impostata tutta sulla fede, come dimostra il vasto repertorio riferito alla raffigurazione dei santi, innumerevoli sono le variazioni sul tema della fede. Nonostante i suoi caratteri precisi e concisi, l'Arte medievale si particolarizza caso per caso perché al di là del rigore delle scuole c'è la scioltezza dei sentimenti ispirati a dare luogo ai magnifici esempi pittorici e scultorei. L'assenza di prospettiva, il sentimento di adorazione o prostrazione alleggerito dal ruolo non solo estetico della doratura applicata alle immagini di santi e aristocratici toglie quel panno di pesantezza visiva che connota ogni opera. C'è fantasia e decoro a ispirare il mondo medievale, che arrivano fino a noi anche per tramite dell'influenza del mondo bizantino che ha sparso di bellezze gemmate e di atmosfere sognanti il mondo dei castelli.

https://images.app.goo.gl/UgJ8PNR5nJiRJLYv6

L'Assurdo e l'Improbabile. Le stanze segrete dell'Essere

"Resistere" è il rafforzativo di esistere. Quando resistiamo facciamo leva sulla nostra volontà per continuare ad essere e anche ad esistere. Abbiamo bisogno a volte di scossoni forti che ci portino ad affermare con decisione la nostra presenza e ciò a seguito di importanti cedimenti che mettono a dura prova la nostra voglia di proseguire. Ciò nonostante l'intenzione debole di mollare tutto, quando la stanchezza morde o assale.
Se tutto fosse concentrato a questa vita per come si svolge a finestre e porte spalancate, allora forse vivere non sarebbe poi un'avventura per cui varrebbe la pena rischiare e morire a volte o troppo spesso, per poi rilanciarsi nuovamente. Le sfide che ci consentono di rimetterci in gioco continuamente sono forse guidate più dai sogni per gli altri impossibili e che invece per noi costituiscono il sale e il motore dell'esistenza. L'improbabile che crea la voragine tra i rapporti soggetto altri, è ciò di cui ci poniamo a tutela perché più ci rappresenta. Raccoglie sogni, viaggi, avventure esistenziali che affermiamo di desiderare a noi stessi e che ci pongono in contrapposizione al mondo esterno. Per chi non è il soggetto, l'improbabile e l'assurdo si esauriscono in un mucchio di niente. Combaciano pur essendo il traino di esperienze diverse.
L'Assurdo, tema del Novecento, c'immette direttamente in un duro confronto con noi stessi articolato lungo un percorso spesso impossibile perché campato in aria e concepito dalla follia. È il tema della follia. L'improbabile può figurare come l'assurdo per chi lo guarda con occhi esterni, ma è la cartina di mete che svincolano il soggetto dalle catene pesanti di un'esistenza oggettiva, spianando il terreno a duri banchi di prova.
Nell'improbabile noi non esistiamo qui, ma ci realizziamo altrove, lontano dai recinti del giudizio imposto dagli altri. Lottiamo e scopriamo altre radici di esistenza che ci legano a personaggi perduti, distanti da noi secondo la realtà oggettiva. L'improbabile non ha regole se non il proprio fiuto che ci fa essere armati dove per gli altri non occorrerebbe o innocui dove occorrerebbero armi e corazze. È il regno degli artisti l'improbabile, perché tutto da dipingere. Ciò che non può qui e non può essere nemmeno lì, ha le ragioni che avverto io affinché sia potuto essere in un tempo in cui né io e né tu esistevano, o in un altro Cosmo, e ciò apre alla vanificazione dei confini tra chi siamo ora e i nostri opposti che sentiamo appartenerci e sono forse tracce nella nostra pelle di ciò che siamo stati o saremo, in altre forme e dimensioni, o sotto questo cielo.

https://images.app.goo.gl/iVgPG1AEMnQYZhK57

L'improbabile e il nuovo campo degli eroi

La mediocrità esprime la mancanza di eccezionalità non solo nel concreto, ma innanzitutto nelle aspirazioni. La qualità delle aspirazioni descrive l'uomo capace di andare oltre sé stesso, riflettendo all'esterno i suoi contenuti. Laddove c'è una superficie opaca lo specchio riflette altrove forme e luce, lì dove c'è la predisposizione ad accogliere e a rimandare a sua volta. Il dramma delle società mediocri è dettato dalla ripetitività del soggetto amorfo che assorbe luce e ritorna assiduamente, configurandosi come la normalità. Trarre l'esempio eccezionale dal soggetto normale è spesso un'operazione letteraria anche forzata, figlia del Novecento e che si riattualizza di giorno in giorno ai nostri tempi.
Chi è l'uomo mediocre? Quello senza aspirazioni che vanno a connotare la sua personalità. Il borghese secondo il pensiero primo Novecento e oggi potremmo dire, l'allineato al pensiero vigente. Colui che riflette da automa nel concreto, quanto gli viene chiesto e ordinato dalla dittatura globalista.
Dietro la figura dell'uomo con o senza carattere c'è il pensiero fine Novecento di Paola Capriolo che identifica con la sua fisionomia letteraria un soggetto che pur con sofferenza rimane bloccato sui suoi rigidi e poco accomodanti principi, rinunciando alla bellezza della vita e dell'amore, comodamente seduto sulle sue convinzioni che contravvengono ai principi della verità contenuti nella Natura primordiale e selvaggia. Le qualità negative corrispondono a una chiusura verso il cambiamento che obbedisce al proprio io più autentico e non ha nulla a che vedere coi propagandismi indotti. L'uomo senza qualità dell'austriaco Musil descrive appieno la superficialità di un mondo dal prestigio antico che non sa offrire alcuna risposta di contraltare alla nuova realtà capitalistica in via di organizzazione e che lungo il Novecento troverà la propria definizione negli indifferenti di Moravia. Nell'autore romano campeggia l'ignavo moderno, colui che di adegua e sta zitto, incapace di porre alcuna resistenza od opposizione al conformismo, altro tema da lui affrontato.
Manca la capacità nell'uomo d'oggi di proiettarsi nel proprio improbabile che faccia scattare in lui l'onda d'urto della rivalsa da una condizione non propria. È un tema questo che aveva a cuore Giordano Bruno a suo tempo. L'uomo divino è un'aspirazione che si connota in un'epoca di grave affrancamento dalla Natura come principio, che percorrerà sommessamente la fastosita' scomposta del Barocco e del Rococò.

https://images.app.goo.gl/kbeE8fbS7Zp8Rpy57