La Mafia è una montagna di merda" urlava decenni fa Peppino Impastato. Erano gli anni Ottanta e da allora al Sud poco è cambiato, se non nella delusione dei cittadini vistisi mal rappresentati, Calabria in testa, dai loro governanti per colpa dei quali il Sud fatica a recuperare tempo e spazio.
I programmi televisivi trattano sempre gli stessi argomenti di trent'anni e più fa, a iniziare da quelli che vedono protagonista la Sicilia, dove ancora sulla strage di Capaci non si è fatta totalmente luce. La Mafia con tutti i suoi nomi non potrebbe nulla senza la complessa rete politica con cui intesse accordi. Rete in espansione se si considerano gli intrallazzi non solo a livello locale e la compiacenza delle capitali settentrionali italiane e non.
Cosa è cambiato quindi? Niente, la gente del Sud grida, perché dall'interno le trame costruite dai burattinai non si scorgono. Non è cambiato niente, eppure è cambiato il mondo. Non qui! Urlano dal Foggiano e dal Crotonese. Ma è proprio così? E chi lo sostiene? Il cambiamento vero è qualcosa di energico e di talmente sottile che da chi gestisce l'opinione pubblica è reso invisibile. Per capirci occorre risalire ai meccanismi sociologici che fanno scattare la parola cambiamento. Abusiamo di tale termine per nascondere la leggerezza di pensiero e il vuoto mentale di quest'epoca. Quando non si hanno proposte da avanzare o non si riesce a sbloccare una situazione imbarazzante, ricorriamo a questa parola come fosse un mantra ipnotico. Dovrebbe essere circoscritta la parola cambiamento al di fuori dei temi politico sociali per il danno psicologico che arreca soprattutto ai giovani. Questa e’ una parola distorsiva e micidiale quanto un proiettile. È una droga somministrata per piegare i poveri a nuove logiche di potere.
La nostra percezione delle cose influenza la Natura delle cose. La nostra conoscenza la muta. Per adempiere a ciò occorre un lavoro incentrato su se stessi che parta dall'interno. Alla luce di quanto ora detto, a chi è indietro, le innovazioni arrecano solo danni, messaggio chiaro riportato ne Il Gattopardo. C'è chi si sente indietro e non lo sa, chi ne è consapevole e ancora, chi pur sapendolo, vi attribuisce cause sbagliate. E intanto? Tutto il Sud del mondo e non ultimo il nostro Meridione finirà così: sotto una montagna di spazzatura. È previsto e non dalle Mafie da noi Meridionali elette. Questa è propaganda mediatico razzista. Bensì dagli accordi stipulati tra Roma e Bruxelles e la cosiddetta massoneria finanziaria. Ricordiamolo quando andremo a votare. Che lo ricordi bene chi intende votare per il cosiddetto cambiamento. Il disastro avanza non tanto dalla 'ndrangheta che va comunque contrastata, ma sopratutto dai cosiddetti movimenti di ambientalisti. Bada bene, Calabria, a non fare il gioco di chi pretende di amministrarci in nome di un potere occulto e ingestibile che ha radici lontane. Spero davvero che qualcuno si svegli e non intenda dare retta a chi ci vuole trasformare in una discarica inclusiva di spazzatura inorganica ed umana.
Io c'ero a Catanzaro sabato 18 e non per dare sostegno a Gratteri che sinceramente non trovo ne abbia bisogno e a cui non trovo giusto darlo, affinché la sua irreprensibile figura di uomo con un forte senso dello Stato non venga macchiata da intenzioni particolaristiche e partitocratiche. Io c'ero con gli occhi di chi guarda, studia movimenti e parteggiamenti in corsa al fine di contendersi fette sostanziose della realtà.
La passerella di personaggi ideata da Pino Aprile l'ho trovata offensiva anche verso chi i fatti li conosce e non ha bisogno che vengano spiegati. Offensiva sotto ogni aspetto e manipolatrice verso chi continua a dividere una nazione tra Nord e Sud, invece di pensare a unirla. Di chi ci mette ancora gli uni contro gli altri e non ha la capacità di guardare oltre un orizzonte obiettivo, per mancanza di serie informazioni non parla dei veri rischi della Calabria e del Sud. Non lasciamoci raggirare, allora io dico, dal solito ritornello secondo cui le mafie ci paralizzano. Qui dove nulla par che si muova, abbiamo bisogno di velocità e non solo burocratica, ma anche mentale, di quella sveltezza creativa che ci consentirebbe di alzare la voce con chi venisse da altrove a ficcare il naso nel nostro territorio, arruolando la criminalità locale per il lavoro sporco. Perché questo è il serio pericolo, sotto il nome di un cambiamento indispensabile che ci farebbe regredire ad epoche pregresse e proseguire alla deriva di noi stessi.