Stiamo dimenticando di essere italiani e stiamo perdendo la nostra lingua.

Oggi è così, ma come spesso accade, ci si accorge di un fenomeno quando esso ormai è giunto all'apice. Rintracciarne il percorso non è cosa semplice perché tanti sono i fattori entrati in gioco. La lingua esprime l'identità di un popolo al pari della bandiera che ne racchiude gli umori pulsanti, ma a differenza della bandiera, la lingua è dinamica e assorbe orientamenti e influenze. La forte inglesizzazione a cui siamo sottoposti già dalla fine della Seconda Guerra Mondiale ha avuto ripercussioni gravi in un contesto di forte analfabetizzazione a cui va aggiunta la difficile percorribilità di strade e tratti ferroviari. Il regionalismo ha portato a una diffusa conservazione dei dialetti a cui si è andata sommando l'incidenza pressante dell’inglese americanizzato a seguito del fenomeno dell'emigrazione che, se da un lato ha avvicinato terre lontane, dall'altro ha impoverito i nostri territori sottoposti in crescendo al dramma dell'abbandono. Poi, tornando ai nostri giorni, che è successo?
L'emigrazione continua ma oltralpe, e l'immigrazione dei nuovi pionieri come fenomeno sociale anche, sotto l'egida di un potentato globale fatto di banche e nuovi mercati da conquistare, organizzati sotto un'unica campana che riconosce nell'inglese la lingua dominante. E così, il patriottismo linguistico anch'esso dichiarato obsoleto, ha ceduto il passo a etimi anglofoni difficili da acquisire anche per chi sta sui social ed esigerebbe chiarezza di quei contenuti, guarda caso economico-finanziari, volutamente lasciati in ombra e mai spiegati da nessuno.
Dal divismo alla musica e dalla musica alle politiche economiche, per far sì che nessuno sappia, a parte i soliti noti che legiferano e maneggiano titoli e banconote. Questa è la frontiera della nuova analfabetizzazione che serve a disorientare e a manovrare, in un contesto, quello virtuale, in cui si galleggia in un presente scollegato da ogni causalità e consequenzialità.
Povera nostra lingua...Altrove la studiano, e noi la perdiamo. Congiuntivi dimenticati, inglesismi invasivi, periodi ipotetici ed espressioni sconnessi. Lasciando stare l'analfabetismo funzionale che occuperebbe uno spazio a parte. Eppure, l'italiano oggi si studia già all'asilo, dicono! Ma non sarebbe una novità che lì dove si sviluppa l'eccessivo indottrinamento, l'ignoranza e la barbarie imperano. Non ci resta che aver cura del nostro pensiero, ritornando alla lettura dei classici maestri della capacità di raccontare, riflesso di quell'ordine mentale che purtroppo nel magma sociale del nostro tempo abbiamo perduto.