Il vero dolore non consiste nel perdere, ma nel perdersi dopo aver realizzato se stessi
Il cambiamento allora, diviene negazione del ritorno tra le braccia di un passato che ci ha regalalato poesia. Matura allora quel senso di sconfitta che porta l’uomo a non risollevarsi e a pernanere in una condizione sospesa tra incubo e realta’. Il sogno sfuma nel delirio ed emerge la stanchezza di vivere come angoscia costante.
La noia, l’angoscia, l’insignificanza dei gesti in se’ che ritroviamo nell’Esistenzialismo degli anni ‘50 in autori che spaziano da Camus a Moravia, comunicano un senso di abiezione nei confronti di una realtà incapace di decodificarsi a seguito del non senso maturato durante la disastrosa seconda guerra mondiale. Ricostruire equivarrebbe a ricostruirsi, ma e’ sempre dall’interno di se stesso che l’uomo trae la forza e la motivaziobe ad agire sull’esterno. Gli anni delle macerie s’ infiltrano nella letteratura mondiale riproponendo su scala diversa il divario uomo società che in Pasolini trova la sua risoluzione nella ricostruziobe della fede cattolica. La politica, l'impegno nel sociale non impediscono all'intellettuale moderno di sognare a piani elevati una condizione in cui il sogno visita la realtà nutrendo la filosofia dell'azione. Azione e reazione s’ incrociano su strade diverse a seconda del pensiero ideologico di provenienza. La reazione allergica ad ogni tipo di sopraffazione placa attraverso la poesia i sentimenti di aberrazione e dolore indossando una veste intima e per nulla accademica che riconduce ai luoghi dell’infanzia spolverati della poesia della terra. La luna e i falo di Cesare Pavese racconta la semplicità di un tempo spazzato via dalla ribellione del presente, mantenendo quell’aura di intimismo che mai fa scadere l’autore nei farraginosi avvitamenti su un’esistenza dolorosa perché priva di senso. La poesia della terra, delle radici odorose sono il sogno che alimenta il presente infilando raggi di sole negli spazi oscuri della vita.
Il suicidio di Pavese non va pertanto inserito in un’ottica meramente di distruzione ideologica, quanto di ferma solitudine nei confronti di una societa’ incapace di tradurre l’animo degli individui, ravvolra nel suo cinico distacco.
Cesare Pavese morirà di suicidio, portandosi dietro il motivo del suo distacco dal mondo. Forse il rifiuto per il cambiamento che già traspare tra le pagine del La luna e i falo, o l'esperienza del confinamento in Calabria le cause. O forse ancora un inappagabile bisogno d’amore. Di sicuro, in ogni caso, a monte del gesto compiuto, la difficile accettazione di una realtà sterile e sorda al silenzio urlante dell'anima.