Ci sono tanti modi di uccidere. La distruzione dell'identità di un popolo equivale a un genocidio vero e proprio che si trascina in silenzio per generazioni e generazioni. Di tutti i delittuosi attentati a un popolo questo è di certo il più ignobile, il più meschino, e ci parla nettamente di un popolo scollato dalle sue radici che ha perso il valore delle parole.

La Morte nel suo stato si perpetua attraverso l’assenza di cognizione del suono. Nel suono noi ritroviamo la traslazione delPrincipio nel Creato, l'incipit di tutto. La volgarizzazione della nostra cultura passa anche attraverso l'imbarbarimento delle lingue che non espande, anzi depreda il vocabolario identitario di un popolo, svilendolo non solo sul piano informativo, ma e soprattutto su quello energetico.
La lingua nasce come collante simbolico, rievocazione del patrimonio divino circoscritto a un dato riferimento antropico. La lingua s’ insedia con una comunita’ in un territorio e automaticamente quel territorio viene ad essere circoscritto dall'aura di quella determinata collettivita’. La nostra societa’ tende a disperdere questa conquista che si esprime in ricchezza conseguita nei cicli storici. Conseguentemente i valori tendono a sfaldarsi in un terreno aspro che non viene irrorato di significati. Lo stesso detrimento tocca al Simbolo considerato obsoleto quanto appannaggio di un’elite dominante rivolta solo alla mercificazione di ogni sostanza.
Un tempo l’arte era al servizio della Bellezza di un popolo e della sua tutela. Oggi l’arte si stende a tappeto di fronte a una mentalita’ collettiva insaziabilmente devota al denaro e ai suoi giri e raggiri che nascondono volti osceni. I flussi invasivi sono una traccia e una cicatrice nelle nostre lacune e rivelano l'incapacita di garantire una tutela al nostro patrimonio funestato da chi viene qui alimentato dalla pretesa di sostituirci in tutto e per tutto. Non ci difende da questi assalti la cultura perche’ non c'è. Si e’ estinta. La cultura si fonda sulla trasmissione della memoria che e’ lume tutelare di chi ci ha preceduti e va santificato con l’onore del ricordo. Oggi quest’onore si e’disfatto e i morti sono defunti che giacciono sul fondale del mare dellanostra ignoranza. La cultura, ormai trita erudizione, amplifica il nonsenso e non ha piu’ilcoraggio di interrogarsi su alcun contenuto. E’ la proiezione di una macroscopica assenza che dilapida ogni contenuto sfaldando il Reale con stonature incomprensibili e anacronistiche.

Poeta e non solo filosofo, Emil Cioran s’interroga sulla vita intesa come accadimento tra gioie e desideri, tra disincanto e una componente di dolore che sempre accompagna chi e’ nato. La vita e’ da lui concepita come sfaldamento individuale, tragedia e inganno rispetto al Mistero preesistente. La vita e’ pertanto incubo, ma al contempo sorprendente delizia nei suoi accadimenti virtuosi in cui ognuno però nell'assieme di vicende esistenziali si scopre unico e solo. Può far sorridere questo concetto a chi considera l’esistenza come un esserci al servizio di chi ci viene ordinato da enti e istituzioni capaci di veicolare e manovrare le sensibilita’individuali.
Si può innescare il processo di acquisizione e di riconoscimento del valore di Patria in chi non crede nei Simboli? Nulla è più vero di un Simbolo in quanto accomuna in un unico sentire le diversità individuali, riconducendole a un punto fisso, all'origine. Il Vero, il Simbolo, l'origine sono tenuti insieme da un unico significato collante di tutto. Il riconoscersi sul piano del Sacro. Che la vita sia inganno o caduta materiale dal Mistero primordiale, è necessario maturare una visione non disgiunta dall'aprioristico ente, e sostituire il nichilismo esistenziale con la riscoperta di quell'umilta’ infusa dalla Natura che ci fa cogliere parti di un quadro ultimo in cui gioia e dolore si superano vicendevolmente nella granitica impronta dell'esserci.