"Dio si e' chiuso nel suo silenzio" ebbe a dire Giovanni Paolo II nell'ultimo periodo del suo Pontificato alludendo all'escalation di violenza che caratterizza la nostra epoca e al materialismo spudorato che la impregna.
Quesa frase nella sua veemenza si presta a svariate interpretazioni che ruotano intorno al principio cristiano secondo cui Dio e' un' entita' a se stante rispetto alla Natura e all'uomo. La frase in se' esprime amarezza e tocca il tasto dolente dello sdegno verso chi, una buona fetta di umanita', non si attiene ai postulati della Chiesa. Le religioni da sempre innalzano un muro tra l'Onnipotente e la sua schiera di entita' pure, l'empireo di angeli e santi, e la creatura umana peccatrice per sua natura a cui il compito di ubbidire ai precetti religiosi, per innalzarsi nella purezza. Se si riconsiderano le antiche religioni oggi reputate pagane, balza subito agli occhi l'identificazione piu' o meno consapevole tra il principio onnipotente e la Natura, quindi l'Uomo. Dio e' il sole, la luce che scaccia le tenebre e non teme l'eclissi, esternazione di quella rottura ciclica e armonica insita in ogni creatura. Nelle civilta' matriarcali quanto detto aveva come parametro di riferimento non il sole, bensi' la luna, e la luna nuova o nera, carica di mistero, raccoglieva le negativita' da non intendersi nell'ottica del giudizio ma parte integrante dell'ordine interno a cui tutte le cose obbediscono e non ubbidiscono.
Quanto detto or ora riecheggia nel verbo riflettere inerente alle attivita' del Pensiero puro. La riflessione consente di cogliere all'interno di noi quanto accade nella Creazione e di far proprio attraverso il passaggio alla consapevolezza cio' che erroneamente viene colto con sguardo distaccato. Riflettere significa infatti rimandare indietro con l'esplicito riferimento all'attivita' del pensiero che acquisisce un elemento e lo fa proprio. Indietro permette di cogliere l'interno e la trama di rapporti tra le cose che fanno essere il molteplice non scisso nelle sue parti, bensi' totalita' e unita'. In tal senso il mondo equivale al sogno con cui Dio si manifesta e si esprime in ciascun essere fatto a sua immagine e somiglianza e quindi capace di rifletterlo. Dio si e' chiuso nel suo silenzio indica quindi la notte del mondo, la crisi epocale che stiamo vivendo, gia' messa a fuoco dallo studioso René Guénon nei suoi studi pubblicati a ridosso degli anni '30. L'interiorita' dell'uomo e' muta, parla solo la sua superficialita' che lo lega alla fisicita' materica che caratterizza l'eta' del ferro e della guerra, a cui seguira' la resurrezione della Verita' interiore tramite il ritorno dell'Eta' dell'Acquario, eta' di purificazione e dello stanamento delle virtu' dall'inverno della decadenza.
Al nero (assenza di ogni colore) si contrapporra' il risveglio della luce rappresentato dal bianco (la somma di tutti i colori). Il bianco e' il colore della Resurrezione del Cristo che riecheggia nella seconda domenica di Pasqua, la domenica in albis (albis=bianco) che apre un nuovo ciclo, quello dell'immortalita'. La civilta' druido celtica in rapporto alle grandi eta' dell'Uomo faceva corrispondere l'era del Cinghiale bianco all'era della spiritualita' presso le civilta' mediterranee e mediorientali nota come Eta' dell'Oro. I Celti mettevano in luce la forza indomita dell'animale dei boschi, relazionandola alle virtu' sacre insite nel Cosmo, offuscate dall'umanita'. L'era del cinghiale bianco ha come perno la centralita' di Dio ravvisabile in tutto l'Universo. Nell'epopea bretone la tavola rotonda rappresenta il ciclo dello zodiaco in rapporto alle grandi Eta' dell'Uomo, mentre Artu' e ' l'ultima espressione di regalita' dispensatrice di armonia e sigla il tramonto dell'era del cinghiale bianco.