"Amiamo il bello" dall'epitaffio di Pericle

Con questa espressione il tiranno ateniese pone l'accento sulla Bellezza che proprio nei momenti di profonda crisi politica e culturale risulta essere determinante. In contrasto con la brutalità della guerra condotta da Atene contro Sparta, la Bellezza assume una valenza metastorica che proietta l'uomo verso una condizione di stabilità emotiva ed interiore. E' evocazione divina, è slancio verso l'incontro col dio che si manifesta nella teofania attraverso la maschera tragica. La Bellezza diviene quindi espressione di quella totalità a cui l'uomo ambisce da sempre e a cui ha conferito nel corso dei tempi le sembianze di un dio. Non può esserci bellezza nel ricongiungimento col divino al di fuori della sublimazione attraverso i sensi. E' altresì vero che nessun dio può rivelare se stesso se non tramite il ponte della comunicabilità estetica tracciato dall'uomo, come suggeriscono da un'analisi attenta gli upadi giapponesi a cui fa riferimento il mitologo-antropologo J. Campbell ne Le maschere di Dio.