Non privateci del sorriso. La gente un tempo sorrideva e lo faceva con grazia, gratitudine e bellezza. Il sorriso era il vestito più bello da indossare. Da tempo non più. S'incontrano di tanto in tanto sorrisi forzati, di educazione.
Oggi neanche più questi. Sono proibiti dalle mascherine che livellano le espressioni. È stato bandito il sorriso e c'è un appiattimento intollerabile di tutto che si manifesta nel duro colpo inferto al mondo dell'Arte e della Cultura tesi per principio ad armonizzare oltreché a formare interiormente e a rafforzare la cultura dell'individuo, affinché egli partorisca la persona che è in lui.
Eppure un tempo di flagelli ve n'erano tanti e anche di calamità. La morte era di contraltare alla vita che ne usciva quotidianamente rafforzata grazie al sorriso.
Che cos'è la bocca se non l'ingresso pubblico e solare alla nostra casa interiore? La porta che dà sul patio governata dalla colonna fumaria, il naso e dai due occhi grandi come finestre che affacciano sull'infinito. La bocca è la sede dell'accoglienza e attraverso di essa accogliamo e respingiamo chi non è gradito. Spesso, purtroppo, la vita in sé.
La voce è il profumo della nostra casa che si espande e accomuna tutte le diverse espressività che il microcosmo, ossia la casa, contiene. La voce è quindi la cassa armonica e ognuna è provvista di timbro visivo e olfattivo oltreché acustico.
È l'orchestra che accoglie gli invitati.
La voce è anche tatto morbido come setoso velluto o al contrario ruvido che ricorda la lana grezza. Ecco, la voce è la sede del ricordo che non si spegne e quindi l'impronta autentica di chi siamo. Quindi, anche nella voce ruvida può esservi bellezza che rimanda ai luoghi accoglienti, intimi e caldi dell'inverno o al riverbero dell'acqua che gorgheggia nelle stagioni calde.
Ci sono anche le voci brutte, come no?! E da queste bisogna guardarsi perché immettono in cantine macabre o in stanzini chiusi dove non vi è magia ma solo sensazioni di incubo e angoscianti. Mi viene in mente a proposito la stanza proibita di Barbablù.
Oggi nessuno fa più caso alla voce che sorregge la colonna di tutto il corpo, concentrando anima e cielo e terra e materia. Sembra che le voci si siano estinte quasi fossero patrimonio di una tradizione che trova solo pochi seguaci appassionati. La scrittura virtuale e poi i messaggi preconfezionati di segreteria e poi ancora i nastri che scorrono per le indicazioni ci stanno alienando dalla voce e dal suo bagaglio ancestrale. Restano pochi cultori e guarda caso sono gli stessi contraddistinti da una personalità forte ancora ancorata alle proprie radici, ben saldata alla propria interiorità e per nulla artefatta. Preserviamo chi sa accarezzare con l'udito una bella voce e la sa proteggere. Perché in un mondo di totale sofisticazione e straniamento da tutto la voce conserva l'eredità che ci ha formati. Sono perle rare i cultori e gli amatori della bella voce, pietre brillanti come coloro che salvaguardano la bellezza sincera del mondo. Sono coloro armati di intuito che apre all'arte e alla verità intrinseca alle cose. Sono coloro che la modernità tecnologica bandisce come veri nemici perché distanti e non contaminabili dalla logica del Transumanesimo che ci vuole omologati e schedati dal vaccino dell'assenza che si afferma togliendo la qualità di essere tutti nel bene e del male squisitamente unici.