Impariamo a considerare gli altri in base a quello che ci hanno donato e non dato.

Si tende a fare confusione tra il dare e il donare e tra il prendere e l'essere grati. In realtà, tra i due binomi c'è una differenza abissale che passa attraverso l'impostazione utilitaristica e materialistica conferita alla propria vita. A chi dà, oggi si risponde prendendo. Da qui l'espressione ogni lasciata è persa fondata sulle relazioni basate sullo scambio di merce anche corporea.
Il dono ha un diverso valore. È considerare l'altro non sulla base di quanto ci dà, non per quello che ci dà. Il dare e il ricevere determinano un meccanismo che non tiene conto di tanti fattori e dei due attori principali: l'umiltà e la gratitudine.
Siamo grati per il gesto in sé ma non per quello che in realtà racchiude, dimenticando così l'importanza di una parola di conforto che può risollevare l'altro da una condizione di amarezza. Sottovalutando il gesto in quanto veicolo di sostegno spirituale, sottovalutiamo noi stessi e chi lo riceve, permettendo all'ingranaggio del materialismo qualitativo di permanere nella cultura relazionale.
È innaffiando l'altro di parole positive che permettiamo al bocciolo che è in lui di maturare e di fiorire rosa. Alla nostra civiltà il compito di ricordare e insegnare la gratitudine, in virtù della quale ogni passaggio verso livelli spirituali superiori sarà possibile.
Chi dona riceve perché donare è donarsi. All'altro il compito di coltivare in se stesso il seme ricevuto.