Piango la mia bella che ho respinto.

Ogni struttura di legame che si rompe, è un assaggio della morte. Che cos'è la morte se non respingimento? La Natura ci accoglie ed è nostra madre in prestito nella forma, ma noi siamo altrove, apparteniamo all'altrove.
In molte culture tra le più antiche, la morte è un'esperienza che ogni essere è chiamato a fare nell'ambito dell'Universo che conosciamo. Quando l'anima è pronta, sceglie il suo momento e lo fa attraverso il corpo.
Quando si è imparato tanto, quando non si ha più nulla da dare in questa dimensione, quando si comprende che oltre il raggiunto non è più dato andare, il corpo cede e si abbandona allo stato di morte. Si offre e la morte diviene dono, coronamento dell'offerta. Il corpo lo fa piegandosi, genuflettendosi alla vita, spesso attraverso il dolore, indossando il primitivo atteggiamento di umiltà.
Siamo della terra e alla terra ritorniamo.
La morte allora acquista i connotati di completamento e di perfezione che non ci corrispondono in questa vita. È il volo certo attraverso la terra. Il sogno proibito con cui rientrare in se stessi. Se il sogno attraverso la dimensione finita ci conquista, quando varchiamo le soglie dell'infinito diviene lo spazio che ci accoglie. Per gli Orientali la dimensione del cuore.
Se la logica è separatista, lineare, il luogo del cuore è un abbraccio caldo, accogliente, in cui ogni cosa appare infinita. Il sogno che ci aspetta non conosce asprezza e acredine, ma l'avvolgenza di un abbraccio in cui ogni anima è diluita in una profusione di richiami individuali, ciascuna con la propria voce.
La dimensione del cuore è il luogo dei ricordi che non conoscono tramonto. È il luogo del tramandamento e in quanto tale è la terra promessa che si stende oltre ogni orizzonte tangibile. È il disco inarrivabile del sole che schiuma nel proprio bagliore e ci ricorda che tutto ciò che si mostra irraggiungibile esiste e aspetta il nostro momento per condurci per mano.