Ho sempre rincorso l'eterno nelle cose che hanno per definizione un limite.
Forse perché credo nella Verità dell'invisibile presente negli spazi infiniti, nel vuoto tra una particella e l'altra che anche nella materia più comune custodisce un profondo mistero. Sembra un ossimoro cercare ciò che riempia in un mondo sfolgorante di sazietà e struggente nel suo essere nel tempo e nello spazio, eppure ho sempre valutato l'invisibile come fosse la vera natura delle cose, cercando di afferrarne il senso con l'immaginazione che porta a una visione traballante della concretezza manifesta.
"Siamo ciò che non vediamo" raccoglie il succo di questa mia esperienza terrena che porta dentro di sé il bagaglio di altri cieli di cui non conservo memoria se non un'inguaribile nostalgia. Essere qui e altrove rappresenta l'eterno conflitto a cui il mio spirito mi sottopone grazie al supporto di una vista che nonostante stia affievolendosi per l'età, rivela sempre più tracce di cose nascoste. Non so se l'effetto sfumato destato dalla miopia agevoli questo processo di espansione della percezione delle cose o frustri il viaggio nel limite, fatto sta che l'alba per me va racchiudendo sempre più al contrario del tramonto il senso del giorno. Sarà che l'alba sbianca nella rivelazione ciò che nel buio tace. Alba, dal latino: bianco è la somma di tutto, della notte e della luce che pian piano acquista la sua collocazione nel mondo ridisegnando i contorni.
Il tramonto è rassegnazione all'oblio e il tuffo nella nostalgia che imbratta le mie ali preparandomi al sonno in cui perdo il contatto col tangibile per riemergere nel regno del vuoto, ossia dell'infinitamente piccolo e distante nel tempo e nello spazio.
La distanza ci rende presenti ovunque perché nella distanza ci riempiamo di quella verità inafferrabile che determina la sfuggenza nel momento in cui siamo a contatto stretto col mondo.
Sono altrove e sono qui da sempre e credo che morirò rifugiandomi negli spazi dormienti, in quei vuoti che conciliano immaginazione e scienza trovando il punto di congiunzione tra i miei ossimori.