Analizzare le evoluzioni culturali e sociali di un popolo partendo dallo studio delle religioni che lo riguardano è un'impresa ardua ma capace di condurre a risultati stupefacenti.
I pantheon piu’ conosciuti rimandano alle civiltà mediterranee, in particolare a quella greca e romana, in modo più approssimativo a quella egizia, nonostante questa sia ben piu’ antica. Il credo monoteista assume delle peculiarita’ e una configurazione di Dio che, per quanto incorporea, appare ben marcata e incisiva, al punto da indicarci un sostrato culturale maturo. Il dio monoteista e’ accerchiatore di qualita’ che vanno al di la’ delle singole e alquanto irrisorie problematiche umane. E’ inclusivo e comprensivo di tutto, anche tiranno, al punto da forgiare il suo popolo su principi tradotti in ubbidienza e obbedienza. La potenza dell’unico dio fa da sprone a traguardi socioculturali di grande rilevanza che si traducono, come possiamo ammirare nel mondo arabo, nell’amore per la ricerca che sconfina dal naturalismo e abbraccia piu’ campi scientifici e filosofici.
il dio unico, paterno e altresi’ nemico verso chi non si attiene alla sua legge, per quanto a volte severo e vendicativo, non lascia trapelare vizi e virtù tipici presenti nelle divinità delle religioni politeiste del bacino mediterraneo. Lo slancio trascendentale che contraddistingue l’antico popolo egizio pure avvezzo a lusso e prestigi, comporta delle rilevanti differenze dalle altre culture mediterranee. Per quanto gli dei egizi fossero interessati e coinvolti dA sentimenti affini a quelli umani, quali gelosia e vendetta, sembra quasi che l'alone di mistero che li circuisse li rendesse meno coinvolti dalla dimensione terrena. La radice degli studi alchemici riconducibile alla cultura egizia, cosi’ come una raffinata conoscenza delle arti magiche da applicare alle teorie di passaggio tra i due mondi rendono il pantheon egizio di una raffinatezza unica, tale da ripercuotersi nella ricercata espressione estetica.
Il pantheon greco e romano invece è focalizzato più sul mondo. Per quanto entrambi i popoli greco e romano avessero raggiunto livelli di civiltà ben noti, sembra esservi una marcata contraddizione, piu’ che una semplice discordanza, tra la sfera degli uomini e quella divina. Gli infantilismi che caratterizzano le divinita’ dei popoli in questione richedono nuovi approcci al tema teologico. Gli infiniti spazi celesti sono uno schermo osmotico riflettente le attività di pensiero umane che ricadono a loro volta sulla terra. Gli dei non sono che detonatori di pregi e difetti umani amplificati dalla loro imperturbabile potenza. Ogni superficie d’acqua diviene quindi strumento speculare capace di filtrare attraverso l'estetica fisica canali di corrispondenza tra il grande mondo degli dei e il piccolo continente umano. La contemplazione di se’ e della propria belkezza apre a scenari psicanalitici di grande interesse che contempliamo in particolare attraverso il mito di Narciso.
L’immagine riflessa nello stagno offre un suggestivo scorcio di bellezza divina in quanto immutabile, avulsa dai sentimenti capaci di filtrare e ottundere il principio oggettivo di estasi estetica. Narciso s’innamora di se stesso, rapito dalla propria immagine che ne risucchia i contenuti. Egli per tale ragione diverra’ presso i poeti maledetti di fine Ottocento prelibata rappresentazione dell’artista, capace di riverberare di infinito nella sfuggenza del tempo e di cogliere nell’istante del fuggevole presente quell’apparente serenita’ scippata dall’implacabile tramonto della giovinezza.