L'inverno e il parto della neve
Neve tra le parole più semplici, apre a diversi dibattiti interpretativi. Spesso viene ricondotta ad "umido" di cui ne conserverebbe il carattere la traduzione in greco. Però, a ben guardare, "umido" si ricondurrebbe a una dimensione propria che identifica "neve" con l'integrità di ciò che è nuovo, immacolato. L'immacolatezza è proprio il carattere che più di tutti sovviene in relazione alla neve. Il suo candore che si rende poesia palpabile e anche quando il fiocco si è sciolto, ne resta l'impronta di un carezzevole velo che plana sull'anima.
Non svanisce mai quanto rimane dentro e quello stato di inviolabile purezza che associamo al bianco Natale. La neve ci porta a riscoprire la poesia dell'essenza che si rende essenziale nella sua vulnerabilità, infondendo sentimenti di tenerezza. È il vestito dell'inverno col freddo che fortifica prima di arrendersi al brusio di vita della primavera. È la vita che sorge e lavora dall'interno di ogni cosa, spingendoci a diventare più forti e allo stesso tempo pazienti al punto giusto da accogliere le gioie che arrivano nel tempo stabilito.
Ogni cosa parte da dentro e ciò è quanto ci insegna l'esperienza del parto anche in relazione all'inverno che congiunge il manto terrestre col manto celeste dando vita a un mondo tutto uguale di cui gli alberi ignudi sono i silenziosi guardiani.
In tale prospettiva la neve è il parto dell'inverno, un vecchio dall'aspetto regale, la versione solenne e austera di Babbo Natale. Il generale Inverno ha il suo lato dolce che esprime con la neve, la creatura pura che ci fa visita di anno in anno. Dolce poesia che profuma di nuovo e di ingenuità perché assente agli intrallazzi del mondo. Il carattere "ingenuo" legato alla neve lo ritroviamo in "naive" l'arte che sposa l'infanzia del cuore.
Pignola, Basilicata. Di Andrea Trivigno
L'inverno e il parto della neve
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