Nel "La cena di Emmaus" lo slancio del braccio e la mano irrompono dalla finzione della tela e raggiungono lo spettatore.
Siamo alle soglie del Melodramma.
Con Caravaggio la prospettiva buca la scena come farebbe la pellicola di un film o uno schermo. O come dolo riesce a fare nel duo tempo il teatro di Shakespeare. Solo che qui, a differenza del teatro moderno e del cinema, non c'è nulla di meccanico o tecnologico e tutto è affidato all'ingegno dell'artista che va a impiantarsi sui traguardi raggiunti dall'esplorazione della tecnica rinascimentale e dal suo sapiente . Lo studio delle ombre schizza oltre le figure e chiude il sipario alle loro spalle mentre a noi giunge la luce nei suoi impressionanti aspetti. L'ombra non è contrapposta ad essa ma segna i duri riverberi sui corpi e sui volti racchiusi nella loro profonda e stratificata enigmaticita'.
Cosa avrà voluto dire?
I titoli delle opere restano sommarie indicazioni. I personaggi di Caravaggio parlano ma ad ogni spirito il giusto intendimento. Qui è il realismo toccante del pittore, che sconfina nello studio della psiche abbozzato appena un secolo prima dal Masaccio. I chiaroscuri decifrano le espressioni lasciate in sospeso, mentre dallo studio dell'opera emerge una fisionomia sommaria data da tutti gli elementi presenti nella scena. La Natura s'imprime come avverrà nelle sculture del Canova, nella rappresentazione altilenante delle forme che eseguono un ritmo a tratti cupo, a tratti urlato e vibrante come osa riferirci la voce dell'organo nelle sacre fabbriche gotiche.
I raptus nervosi dell'uomo, le fughe scioccanti della sua psiche, la tensione nerboruta dei soggetti ritratti anche se affascinano non si fermano al volto protagonista, ma investono lo spazio intorno. È un mondo che guaisce e urla al male che si confonde con le turbe della mente. Le Scienze e le loro ampie applicazioni fanno uscire l'uomo da quella dimensione di conforto in cui era precipitato e il non compreso schizza fuori con i duri impulsi irrazionali. L'uomo balza in avanti ma parimenti la sua selvatichezza oltraggiosa verso la ragione galoppa di contro a un senso di civiltà che arretra dinanzi agli scontri, alle congiure e alla violenza che sembrano precipitare l'uomo in un secondo Medioevo.
Il Cinquecento si chiude con un elenco di conquiste dell'uomo sull'ambiente ma con un elenco di altrettante sconfitte riguardo all'etica e al senso di rispetto. Il materialismo si rende imperante e sconforta chi non si riconosce nel lussurioso mondo che l'ingegno delle arti non è riuscito a domare o a soggiogare. È la disfatta del Rinascimento. L'uomo comprende che tutta la bellezza creata non lo ha educato o affinato interiormente, ma lo.ga spronato nella corsa al potere. Papi, dinastie si combattono tra loro e si contendono il titolo di mecenate più potente. Titolo che tramite l'arte non gonfia il nome di Dio tramite i capolavori spremuti dell'ingegno artistico. Tuttaltro! Il compiuto che di riscontra nella cappella Dustina e nei capolavori del suo tempo evidenziano tutto è stato promosso e finanziato per la vana gloria dell'uomo. Caravaggio cerca il riscatto della coscienza da tutto questo. Dello svincolamento dal pantano e dal viscidume presente che invischia l'uomo in un conservatorismo che lo lega alla temporalità materiale della Chiesa.
Nel "la cena di Emmaus" le braccia tese in avanti reclamano ascolto e presenza all'osservatore, sforando nel futuro a cui chiedere una compartecipaziobe al disagio emotivo, mentre il braccio del discepolo teso all'indietro va incontro alle ombre del passato da cui sta sgusciando la contemporaneità del Caravaggio. I colori vividi, le riprese angoscianti. Il rosso che non demorde quale colore sanguigno da combinare al nero schizza di macchie oscure la coscienza del suo tempo e di una Chiesa che ha mancato di assolvere si suoi doveri. Viene da chiedersi. C'è forse maggiore verità nell'uomo per quanto bestiale appaia ai suoi comportamenti? O nelka Chiesa che ha dimenticato di servire e di offrirsi a Dio?
L'Umanesimo di Caravaggio non è virtuoso ma crudele. Non esalta ma invita a riflettere e a guardarsi dentro. Il suo Narciso esprime il coraggio di chi affronta se stesso nel bosco di ombre che attorniano il lago. Sarà il Mito in una rilettura simbologico ermetica a proporre all'uomo altre soluzioni per uscire dalle schiavitù materiali. Saremo nel Seicento ma il nuovo Oscurantismo papale vedrà come unico riscatto l'Illuminismo e sarà per l'uomo un altro viaggio ancora, eroico forse, per le campagne sociali e i suoi traguardi.