Questa è una delle foto che amo di più e non per la foto in sé, bensì per ciò che mi ricorda. È del 27 dicembre 2019. Ricordo quella sera non perché fossi particolarmente felice, ma per la serenità che avevo dentro. Ti ho sentito vicino e ho sentito vicina me stessa. Di lì a poco il mondo sarebbe cambiato fuori e dentro di me, ponendo una pietra tombale sui luoghi di accesso tra me e il nuovo.
Nella frenesia che quella sera mi circondava, pensavo alla tua gioia e alla tua spensieratezza. Alla tua casa illuminata e piena di gente e sorrisi. All'odore farcito di vino e di spumante pregiato, e alle tue giocate a carte fino all'alba. Ai regali costosi che avessi scambiato e ricevuto e alle promesse vere e presunte di amore che avessi stretto con te stesso e con chi amavi. Io non so se mi avessi vicina mentre vivevi. Io so solo che come in una nube io ero con te e assaporavo le tue atmosfere. Io ero sola e t'invitavo a raggiungermi in quel luogo dov'ero e dove vado sempre. Nella mia seconda casa alla Calavecchia, oltre la pelle dei luoghi che abito. Lì dove sono veramente me e con me.
Nel vano delle cose belle
Quell'anello non c'è più,
non ho più.
È crollato sotto il peso del mondo.
Quante volte crolliamo
e poi ci rialziamo
nel velo delle lacrime,
cortine d'argento
o trine di mare.
Quell'anello non esiste più.
È caduto nel vago,
nel vano delle cose belle,
come una valigia di sogni lasciata sul treno
alla fine di un viaggio tradito.
Non ho più quei capelli
che respiravano solitari
il formicolio della festa.
Nulla respira in noi più dei capelli,
mi dico ora,
pensando all'azzurro
delle luci color ghiaccio.
Ho cristallizzato sorrisi e ricordi
nel tempo e sotto i ponti degli anni,
per ritrovarmi e riassaporare me stessa
come non ho fatto mai.
Ora strigo il pugno,
un cuore che resta,
e trattengo l'aria,
cenere o polvere
di quanto avessi creato,
perso e ricordato.
Ippolita Sicoli