Il tema dello sconosciuto risuona nella letteratura del Novecento associato all'inconscio che attraverso il sogno lo porta alla ribalta.
Questa poesia da me composta all'età di diciotto anni è il racconto di un sogno in cui lo sconosciuto rappresenta l'ambivalenza dell'incontro sessuale che buca la sfera dell'intimità della persona, per assumere anche tratti inquietanti, specie in noi donne.
Sogno di uno sconosciuto
Mi ascolti, adesso?
Sto sognando
di te e di me,
di luci accese nel corridoio,
mentre la paura ci attornia,
di essere sole
(paura) che
qualcuno entri
a guardare dentro,
a portare fiori e lumi
ad olio e
dica parole
per far finta di niente e
rovisti tutto
per trovare qualcosa:
un segreto,
la chiave
per poter entrare
nella nostra stanza
chiusa e con la luce
accesa.
Attenta, non ti alzare!
Giù, giù, stai giù!
La porta è chiusa, ed
io andrò a guardare
chi è che vuole entrare, e
piano piano
senza far rumore, ma
con la paura e il rancore
di farlo entrare.
Ma lui è già dentro e
io lo vedo,
la sua ombra è già dentro ed io,
che fare?
Posso mandarlo indietro
se tu parli,
per non farti scoprire,
per non farti guardare o
forse
assassinare
tra tante luci,
tra gli sguardi che
ci ricoprono e ci uccidono.
Ma lo sconosciuto è già entrato.
La porta era aperta, ma
io l'ho fatto entrare,
nel silenzio.
Oh, avessi tu parlato!
Gli avrei impedito
di entrare,
di scrutare
le nostre vite,
la mia chiave e
la risposta,
ma lui è già dentro,
è nella stanza;
tu non hai parlato e
lui ci sta guardando,
lo sconosciuto ci sta uccidendo,
tra i fiori e il lume
ad olio,
tu non hai parlato,
sta avanzando tra mille luci.
Ippolita Sicoli (25 maggio 1989)