Nulla ci tormenta e addolora più della tenerezza. Delizia e fragilità dell'essere umano.
Sorgeranno i miti anche sugli anni Novanta, epilogo di una umanità che era da sempre e non esiste più. C'è come un'ombra di incerta veggenza che respira nelle anime belle di quegli anni. Troppo belle forse, per solcare le acque del reale. Incapaci di salpare dall'unico molo che getta tutti in mare aperto, allo sbaraglio tra esili fiori di gioia e tanti angoscianti marosi.
La fusion di quegli anni invade anche il rock e il Grunge ne diviene il vessillo. Gothic, heavy metal, reminiscenze blues, hard rock e Psichedelia si ritrovano dosati a seconda delle esigenze, dai singoli gruppi, marcando in ogni caso il disagio dell'esistenza chiusasi troppo presto e in alcuni casi, infrantasi contro l'alba del nuovo millennio. Non tutti forse erano chiamati a transitare. Ad alcuni spettava il destino di rimanere sospesi al di sopra del tempo futuro, in una nera gloria.
È tra questi che annoveriamo Layne Staley. Ad alcuni tale nome non dirà nulla, eppure in tanti con un sussulto di amarezza lo ricorderanno. Frontman prima degli Alice in Chains, poi dei Mad Season, la sua esperienza terrena nella musica sarà di breve durata. Come un soffio che aliterà nelle band future, rendendo il suo passaggio su questa terra leggero, imponente e silenzioso come silenziosa è stata tutta la sua vita e non ultimo la sua dipartita. La sua infanzia per molti versi è dolorosamente affine a quella di tanti altri geni del suo tempo e di chi come il vocalist dei Depeche Mode è stato chiamato a perdurare e attraversare il ponte che ci ha introdotti nel secondo millennio, uscendo vincitore dal tunnel delle dipendenze. La stessa possibilità a Layne è mancata. Eppure aveva tutte le carte in regola per riscattarsi da un'adolescenza difficile e irrequieta. Ma ai mali dell'anima non sempre c'è rimedio e spesso anche l'affetto materno non basta. Psicofarmaci, alcool e poi le droghe sintetiche di ultima uscita e l'eroina gli mettono le catene a gambe e polsi. Quelle catene di cui lui era consapevole ma delle quali e non per asservire la moda dei cantanti rock coetanei, non riusciva a fare a meno. Chains significa Catene e il richiamo ad Alice di eldritchiana memoria (così infatti si intitola il brano dei Sisters of Mercy uscito una decina di anni prima) fa riferimento all'Alice del paese delle meraviglie che chi fa uso di sostanze alteranti.
Tutti descrivono Layne fragile ma non debole, dall'umore altalenante causato dai cocktail micidiali di stupefacenti e alcool. Ma chi lo ha conosciuto, ha sempre detto di lui di un ragazzo buono ma introverso. Di un genio nato per il canto dietro il quale ha cercato di scomparire.
VIDEO. Mad Season - Wake Up (Live at the Moore, Seattle, 1995)
È con i Mad Season che Layne dà prova delle sue straordinarie doti vocali. Ponti leggeri comunicanti direttamente con l'anima. È l'anima a cantare e lo fa danzando sulle corde vocali. Il suo brano cult Wake Up dell'unico album Above descrive il suo talento capace di incrociare i drammi esistenziali, sostenendoli come su bianche e leggere nuvole. È una voce purissima ma increspata di sofferenza mai algida o rabbiosa, che poi s'inoltra in echi altissimi, sprofondando nelle sinuose volute di un'armonia che solo lui ha saputo inventare. Sapeva spostare i muri della disperazione, quella voce.
In Wake up c'è tanto strazio e altrettanta grinta capace di commuovere qualsiasi superficie solida. Composto a seguito dell'allontanamento definitivo richiesto da lui all'unico e grande amore della sua vita. Incapace di separarsi definitivamente dall'eroina, cosa che lui avrebbe voluto, Demri Lara Parrott morirà a seguito di un'overdose poco tempo dopo l'incisione del brano. Sarà questo a segnare il controvertibile destino a cui Layne andrà incontro. Ormai dipendente da droghe e videogiochi al punto di non essere più in grado di sostenere tournée e incisioni di nuovi brani, trapassera come lui aveva sempre sognato, in punta di piedi e nel silenzio dei suoi cari. Lo troveranno quattordici gioni dopo stroncato da un'overdose nel suo appartamento. Non si tirerà indietro la madre che straziata, come la Madonna della Pietà stringerà il corpo del figlio esile e paurosamente dimagrito. Pesava appena quaranta chili ed era ormai in decomposizione. Nel braccio ancora l'ultima siringa.
Il risveglio che si fa morte e silenzio. Era lui il giovane uomo. L'incapacità di fronteggiare il dolore straziante per l'assenza di Demri non ha determinato per lui alcun futuro. Chissà dopo quella scelta... Il dopo delle loro anime corona il silenzio interrotto dal clamore dei fans. Sappiamo che lui tempo prima raccontava di respirare la presenza dell'anima di lei intorno a sé, che lo conduceva in quelli divenuti suoi luoghi.
Siamo tutti sfere di luce di anima e spirito che s'incarnano, alcuni incapaci di portare il peso del corpo in questa vita. Esseri di luce e poesia sono questi ultimi, incapaci di incrociare la giusta lettura del mondo.
Svegliati, giovane uomo. Forse Layne già sapeva. Forse conosceva quale fosse il suo posto. Sulla terra sì, ma non questa. Ora vivrà nel corpo delle sue immortali canzoni.