Quest'anno in tanti ci hanno lasciato. Mi riferisco alle perdite di cari e congiunti, ma non solo. Anche a quelle di artisti, persone di valore che sono volate via, forse richiamate da un mondo migliore.
L’epidemia, quasi un turbine violento, ha spazzato via persone che hanno dato e tanto e sembra vogliano richiamare al nostro centro quelle cose di cui tanto abbiamo abusato, da arrivare al punto di ignorarle. Come fossero un abito quotidiano che neanche si sente più sulla propria pelle. Battiato figura tra coloro che hanno fatto della propria musica una missione nel senso più nobile, agendo da quella prospettiva terapeutica ma non troppo tecnica, mirata a guarire da un'ignoranza intesa erroneamente come mancanza di intellettualismo. Era colto Battiato ma non aristocratico per scelta aprioristica. Era colto e selettivo perché in pochi lo hanno scelto come via. Più che un maestro era un percorso su cui riflettere e da abbracciare. Diverso dai poliglotti per partito preso, che con aria tronfia si crogiolano nel loro mondo frequentato dai pochi reputati eletti. Battiato era un costante richiamo alla sostanza e molti lo applaudivano senza capirlo. Forse proprio per questo se n’è andato. Aveva la sua lingua e la riconosceva tra tutte in una società dal facile adattamento culturale e che ha smarrito ogni riconoscimento nella realtà. In una società che guarda all'uomo nel senso del profitto e che di umano non ha più nulla.
Era colto Battiato perché coltivava se stesso e gli altri attraverso le sue canzoni, esortando tramite quei motivi di arabescate filastrocche a riconsiderare la sostanza per lui veicolata innanzitutto dal suono, attraverso il linguaggio delle frequenze. In una realtà che pensa di aver capito il Tutto, lui era avanti anni luce, al di là della meditazione seguita e vissuta. Era interprete del mondo che inquadrava da una prospettiva sana per se stesso e per tutti noi, vedendo nel sopraggiungere del Mondialismo la minaccia allo sviluppo di uno spontaneo ecumenismo anche "profano", con la consapevolezza che di "profano" non può esserci nulla se si considera l'Uomo interconnesso con la sostanza divina. E "La cura" ne è somma interprete. Il vuoto che noi guardiamo ma non vediamo perché da esso assorbiti, per Battiato che aveva assunto lo sguardo critico di chi è a se stante dalla logorante superficialità, indica la negata partecipazione a tutto ciò che orienta significativamente l'uomo. Da qui la scelta del distacco. In questo trova fondamento la meditazione vissuta nel concreto. Mantenersi distaccati per essere cura verso se stessi e verso l'uomo lacerato dagli ingranaggi sbagliati. Non per moda o per sembrare diverso da chi fa musica e arte, ma come chi umile nella sostanza, cammina a testa alta, una persona tra i tanti anonimi, agendo in silenzio e a riflettori spenti.
È morto ma lo ricorderemo come un vincitore. L'unico in un mondo che ha fallito perché proteso verso il modello che vuole o blatera di voler abbattere. È solo come un sole, Battiato e per questo lo ricorderemo. Inconfondibile nel suo radicalismo perché vero e sano. L’unico che oggi non lascerà eredi nella musica e nell'Arte. Troppo troppo originale per essere abbracciato o emulato. Lo chiamiamo ancora Maestro, perché un trascinatore di anime che ha invitato qui su questa terra a incontrare la salvezza, ma a nessuno evidentemente, a parte le acclamazioni varie, questa interessa. Forse un giorno qualcuno oltre ad acclamarlo, eseguirà qualcosa di buono e di bello non in suo nome, ma perché in lui sarà il germe buono di quella umanità che necessitava di cura e di amore. Come un soffio sommerso nel lago dell'insensatezza, che poi di colpo riaffiora con i petali distesi simili a braccia dischiuse in un vero gesto di pace.