L'amore spacca il mondo e se ne frega delle restrizioni. L'amore è di chi va senza paura e sfida e vince ogni attesa.
L'amore è trionfo sull'attesa, ma noi ultimamente sembriamo averlo dimenticato. O forse da tempo, e questa epidemia non è che la giustificazione a ciò che manchiamo di dare ogni giorno e dagli ultimi vent'anni a questa parte. Il vero morbo è il virtuale. Da quando è entrato prepotentemente nelle nostre vite ci ha chiusi dentro e noi abbiamo accettato di vivere nelle sue gabbie dorate. Tutto è parso talmente raggiungibile, da rendersi vero e reale. Al punto da farci dimenticare che la verità più della realtà è nell'irraggiungibile che comporta scontri col reale e forti sacrifici per essere vissuto. Il virtuale è il non vivere e questa pandemia lo vuole dimostrare.
Perché non si fa nulla per superare le ingiuste restrizioni imposte? Perché tutti accettiamo stando a guardare? Un tempo in cui si viveva di vicinanza anche fisica, tutto questo sarebbe apparso intollerabile. I soldati sfidavano la sorte e le intemperie. Malconci si presentavano senza fiori e disadorni ma col cuore gravido all'amata non vista per mesi, e lei lo abbracciava. Oggi nessuno o quasi rischierebbe tanto. Siamo talmente succubi dei filtri, che l'idea di approcciarci la prima volta senza capelli tinti o aggiustati ci fa mancare di comparire all'appuntamento con la realtà fuori dagli schemi cibernetici.
Quante coppie non si incontrano da mesi? Lui su e lei giù e viceversa. È la regola. Vite spezzate da incontri latitanti o mancanti. C'è la rete a unire o a disperdere questo legame labile che cade con la scusa della mancata connessione. Quanti hanno intrapreso una relazione vera, lui su o giù, concreta, che ha sbaragliato le unioni funzionanti da tempo e ormai come si dice comunemente, sicure o collaudate? La realtà trionfa sempre e spesso silenzia la verità dell'intenso vissuto. Il carnale in un tempo in cui ci si guarda allo specchio e ci di vede vuoti diventa il raggiungimento di ogni pienezza.
Ecco a cosa serve la pandemia! A far dimenticare le reciproche responsabilità. Perché la vita è innanzitutto muoversi lungo una scala fatta di priorità, che richiede impegno serio e motivato da parte di ciascuno di noi. Oggi la pandemia ci riempie di scuse come la rete fino a qualche tempo fa. Non c'è rete e tutto salta. C'è la pandemia e si giustificano i disservizi burocratici, le inadempienze personali e il mancato esserci l'uno per l'altra e viceversa. Senza reciprocità, nulla regge e intanto a noi sta bene così: vivere da impoltronati sul divano, fantasticando il calore di un corpo che non desideriamo se non sul piano del sogno. Siamo divenuti così sostituibili e inutili! Come i vecchietti parcheggiati negli ospizi, un impegno fisso fino a un paio di anni fa. Ora non più e per la pandemia si giustificano le assenze.
Tutto questo è mostruoso e io non lo accetto. Purtroppo è la normalità accettata da chi rifiuta di mettersi in gioco con tutto se stesso e prende a risate se non a sassate chi ancora crede a un reintegro nella propria individuale umanità, e lotta contro i mulini a vento.