Si è soliti riconoscere e apprezzare un buon testo di narrativa dall’abilita’ dello scrittore nel decifrare stati d'animo, ricorrendo a un uso lirico ma non barocco della lingua.
Impressioni e sentimenti attraversano chi è dall'altra parte e ascolta leggendo la composita rappresentazione delle anime abbozzata o, al contrario, descritta minuziosamente dall’autore e vi aggiunge sfumature proprie che completano il componimento, sovvertendo l'opinione comune secondo cui la lettura è un'azione passiva. In base a quanto sopra detto, una buona opera di narrativa la si distingue per gli orizzonti ampi che spalanca con l'ausilio di un linguaggio che sappia dipingere raccontando, ma accade anche di riuscire a intravedere un'aura di splendore li dove un linguaggio scarno sembrerebbe negare quanto sopra affermato. Perche’ un’opera narrativa sia apprezzabile, dev'essere innanzitutto convincente a prescindere dai criteri estetici che l'autore ha inteso seguire. Il libro che propongo questa settimana tradisce ogni aspettativa di giudizio secondo gli schemi canonici e alquanto rigorosi accennati da me all'inizio, eppure è meritevole di un'alta considerazione proprio perché il linguaggio privo di ogni espediente letterario introduce in una realta’ immaginifica per nulla confortante, un universo a parte in cui le leggi della sopravvivenza soffocano ogni esigenza del superfluo.
Nel La maestra bambina di Bharti Kumari la lotta per la vita non conosce tregua fin dalle prime righe. Il dissidio tra la fragilità dell'individuo, specie di sesso femminile,e la societa’ è esacerbato dall’ottusaggine di una cultura sociale che utilizza la religione per armare di, potere i ceti forti. Il ritratto che ne esce e’ quello di un’India che va b en oltre le informazioni che noi occidentali attingiamo dai documentari, in quanto forniteci dalla protagonista, una bambina dalit, della casta degli intoccabili che ci racconta la sua storia. La pazienza che si scorge dietro un atteggiamento servizievole nei confronti della vita e degli altri, evidenzia il sentimento profondo dell'umiltà, trampolino di lancio verso quel riscatto da una posizione di discriminato disagio, al fine di raggiungere nuove frontiere di umana e confortante vivibilita’. Il tutto dettato dall’amore per la cultura che unito allo spirito caritatevole di chi e’ umile, permette di salire, senza disdegnare le proprie origini. Compassione e carità quindi unite all'amore per il prossimo ai piedi di un comune albero di mango, rappresentazione vivificante di ciò che è l'essere umano e di quanto è in suo potere fare, se spalanca le proprie braccia agli altri.