Se la spiritualità mediterranea e mediorientale trae ispirazione dal linguaggio della pietra che nella sua primordiale fissità si presta ad essere considerata contenitore della spiritualità umana e ad essere lavorata per l'edificazione di templi e monumenti sacri, il concetto di sacralità nelle aree centro-nordeuropee è reso dalla presenza vivificante degli alberi.

Da sempre l'albero nell'arcano linguaggio dei simboli è associato all'Uomo, quale ponte di congiunzione tra il piano terreno e quello divino rappresentato dal cielo. Essere vivente sacerdote del silenzio che ha per voce gli echi della natura la quale si esprime attraverso i suoni di acqua e vento, l'albero diviene nell'immaginario popolare l’intercettatore del Cosmo, parlando la divina lingua non da tutti compresa o adottabile. Generatore di Sapienza, è di per se stesso simbolo del processo chiave dei misteri della Natura basati sul ciclo biologico di vita, morte e rinascita.

Polmoni della terra e traghettatori del respiro dell'aria, gli alberi vanno incontro al viaggio metastorico, per sposare la condizione divina alla quale i più sensibili ambiscono già nella vita terrena. Gli esempi associati ai vari tipi di iniziazione ispirati e rappresentati dagli alberi scorrono tra le pagine del testo Mitologia degli alberi di Brosse Jacques il quale ha costruito un viaggio nell'universo complesso delle più affascinanti tradizioni culturali che dalle sponde greche pregne dell'euforia dionisiaca approda all'Europa centrale dove incontra le civiltà druidiche di Germani, Celti per poi proseguire alla volta della penisola scandinava per narrare di Odino e della sua rinascita come figlio del Cielo.
È qui che l'albero compare nella sua sacralità più imponente, dando prova della sua maestosità. La progredita civiltà romana arretro’ dinanzi alle favolose foreste germaniche e galliche che pullulavano di creature che di mostruoso avevano solo il fatto di non essere razionalizzabili. Protagoniste del resoconto storico di Strabone che nel I sec. d.C. descrive l'avanzata dell'esercito romano alla volta dell'occupazione dei territori germanici, il leggendario bosco di Nemeton riemerge dall'oblio del tempo grazie all'intervento letterario di Brosse Jacques.
Alberi che si umanizzano per combattere al fianco di guerrieri rozzamente definiti barbari e che enunciano radicali diversità culturali. Da un lato Roma eccessivamente urbanizzata che considera l'aspetto domito e domestico della Natura, dall'altro il mondo nordico costellato di laghi, di ombre, e paesaggi verdi, culla del divino Odino e del grande Artù, patrimonio di una cultura ancestrale riconsiderata a volte con impennate eccessivamente nostalgiche, in età moderna. Un'osservazione fiorisce in seguito a una lucida analisi del testo e riguarda il difficile adattamento dell'uomo antico a territori per usi e costumi diversi dai propri.
Il tutto ammorbidito da un racconto che non toglie pregio all'obiettività storica e ha semmai lo scopo di scorgere sottili forme d'intesa laddove appaiono solo divergenze, avvallando così il principio che l'uomo ovunque è un ospite del variegato universo della Natura che lo accoglie.
Leggi la poesia: La pineta