Nel Romanticismo europeo, in particolare in quello inglese dai forti accenti psicologici e tedesco, al rigore aristocratico fa da contrappunto l'impeto irrazionale della Natura che contagia e viene contagiata dalla sfera emotiva umana
La Natura e l'aspetto indomito dell'anima interagiscono, influenzandosi vicendevolmente. Nella Natura si agita il carattere oscuro, mutevole di Dio, espresso dalla sua forza prorompente. Il Destino è nell'urlo indecifrabile dei suoni del cielo e della terra, nelle loro estreme manifestazioni a cui l'uomo troppo razionale assiste soltanto muto e cieco e sordo, mentre il richiamo arcano verso ciò che è sublime vibra nell ' irrequietezza di chi è in sintonia con la Natura. Il sublime è nel selvaggio, perché qui Essa dispiega la sua forza. Ne deriva la domanda "chi o cosa è realmente nobile?" Asservire le buone maniere e la razionalità o difendere i moti dell'anima?
Un discorso a parte merita il Romanticismo italiano fintroppo illuminato, nonostante i toni oscuri alla W. Scott riscontrabili ad esempio ne "I promessi sposi" del Manzoni a proposito della descrizione della monaca di Monza, dell'Innominato o del sole spettrale nella Milano infestata dalla peste. Se la dimensione dell'oscuro pregna il Romanticismo, sorge spontanea la domanda: quale la differenza tra codesto movimento culturale e il Decadentismo? In effetti molte sono le analogie e una la vera differenza di fondo.
Se nel Romanticismo l'uomo ha una visione limpida della sua interiorità e l'ignoto è nei capovolgimenti imprevedibili della Natura, nel Decadentismo, la nuova frontiera della conoscenza contraddistinta dall'inconscio, sposta dall'esterno all'interno la dimensione del mistero. Potremmo in definitiva concludere che se nel primo movimento è la Natura a esercitare il suo fascino sull'Uomo e a influenzarlo col suo carattere sublime (vedi il quadro "il viandante sul mare di nebbia" di Friederich) nel Decadentismo accade l'esatto opposto. È l'uomo con il suo ignoto e la disperazione che ne deriva, a travolgere il mondo esterno, come testimonia il pittore Munch attraverso la sua opera "l'Urlo."
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