Il dolore spesso indurisce e contribuisce all'egoismo, se associato all'infelicità. Il continuo confronto con gli altri ci mette a dura prova, specie oggi in cui sembra che la dimensione privata sia vanificata dal continuo apparire spesso falsato da vari espedienti come fotomontaggi e foto ritocchi.
Oggi il priivato non è silenziato, è semplicemente scomparso. Non esiste più perché non più esiste la cura dell'interiorità.
La dispersione è figlia della nostra epoca, di contro al raccoglimento che si fa crescita attraverso il dolore e la personale infelicità. Nel raccoglimento ritroviamo noi stessi e nel silenzio interiore oltrepassiamo le barricate della solitudine perché cogliamo i legami che ci rendono parte di un insieme che per i Romantici era la Natura.
In Leopardi la Natura e il nulla dopo la morte sono una certezza. La prima è intesa come consolazione, il secondo è visto come causa e superamento della infelicità stessa. Il primo è la culla e la cura, il secondo è l'annientamento che non viene interpretato in termini di sconfitta a seguito di una lotta epica tra la vita e la sua vanificazione, bensì come accettazione condivisa. Il pessimismo cosmico alleggerisce e diviene giustificazione plausibile all'infelicità che accomuna tutti e che caratterizza questa vita, congiunta al fattore della scarsa durata degli attimi di spensieratezza e di felicità. Il dolore, l'infelicità condivisi rendono Leopardi non il deluso cattivo, al contrario ammorbidiscono il suo tessuto interiore, consentendogli l'innalzamento aulico della vena poetica. In genere i filosofi appaiono arcigni e aridi. In lui questi due elementi non sono ravvisabili ed emerge dalle pieghe della sua profondità il disegno dell'amore che, seppur sfiorato da lui in vita, abbraccia tutto e si fa oggetto di riferimento dello spessore di movimento insito nella Natura.
In Leopardi respira Dante, nonostante la sua posizione ateista. "L'amor che move il sole e l'altre stelle" che conclude il Paradiso e l'intera Divina Commedia è un richiamo a considerare il tutt'uno che chiamiamo Universo legato da trame sottili che obbediscono alla legge dell'amore, l'unica che giustifichi la vita su questa terra. La concezione dei legami dell'uomo col tutto e di ogni ogni elemento col resto della Natura, giustifica la legge degli equilibri naturali del primo Naturalismo filosofico poi ripreso da Bruno e Telesio. Il tempo, la breve durata dei momenti di felicità creano la teoria delle illusioni in Leopardi e diffusamente nel Romanticismo.
La durata breve nella sua sfuggenza è un tema ricorrente nella classicità ripreso in modo considerevole dal Rinascimento congiunto al tema della donna. La vera bellezza è inguardabile in quanto folgora come folgorano gli astri del cielo. È impenetrabile e inafferrabile e sacra perché proviene da Dio che la rappresenta in tutte le forme. Questo concetto lo ritroviamo all'interno dell'estetica di Botticelli.
Il movimento che accompagna i soggetti del "La Primavera" o che ad esempio ritroviamo nel "La nascita di Venere", lo sguardo che non guarda suggeriscono il tema della vulnerabilità umana dettato dal tempo in cui la bellezza di origine trascendentale confluisce nel corso delle cose, trasparendo dalle forme umane in evoluzione continua.
La sfuggenza è ne "Il trionfo di Bacco e Arianna" del Magnifico e nel tema della caccia che ha come riferimento la dea Diana. "La caccia di Diana" del giovane Boccaccio e ancor più, la lettura del mito di Diana e Atteone fornita da Bruno che lega l'uomo e la sua intelligenza alla bellezza divina esprimono il tema della sfuggenza insieme alla ricerca insita nell'uomo dell'inafferrabile.