Napoleone Bonaparte autoincoronandosi costruì un mito attorno a sé. Dobbiamo però tenere a mente che l'uomo dell'Ottocento era totalmente diverso da quello attuale e a caratterizzare le enormi differenze non è solo il tempo storico ma anche i modelli d'ispirazione.
Quando parliamo di modelli a cui ricondursi non ci riferiamo solo a persone e a personaggi, ma a ciò che essi rappresentano in quanto accompagnati da un corredo di ideali. Sulle basi di quanto appreso dalla psicanalisi del Novecento, le cose appaiono per come siamo. Siamo noi a riflettere su di esse le nostre esigenze e le nostre qualità. Questo non riguarda solo il rapporto uomo animali filtrato dallo studio dell'Antropologia in relazione al teriomorfismo in cui i simboli interpretano gli animali, illuminandoci su noi stessi.
L'uomo dell'Ottocento soprattutto in Francia e in Italia era una figura impegnata nel reale. Credeva perché erede delle grandi conquiste illuministe nell'intervento nella storia e nelle sue capacità di trasformarla. L'uomo artefice del proprio destino è quanto l'Illuminismo francese e italiano lasciano in eredità all'Ottocento come abbiamo visto contrassegnato soprattutto nel Nord Europa dall'irrazionale che sovrasta e inclina le singole esistenze.
Determinante nella nuova visione borghese che campeggia nel pensiero di Manzoni è la figura di Napoleone. Considerato un tiranno da Madame De Stael in quanto disattende i valori della Rivoluzione Francese, è colui che come i grandi imperatori del passato, Carlo Magno nello specifico, vive nel miraggio di un'Europa unitamente solida sotto la sua corona. L'epilogo disastroso con l'abdicazione e l'esilio a Sant'Elena umanizzano la sua figura destinata a lasciare nella storia un'impronta di leggenda. A Napoleone si riconoscono importanti meriti: una visione moderna della città, l'istituzione dei cimiteri... e non ultimo il divorzio dall'amata Giuseppina in nome di un erede che ella non riusciva a garantirle e il conseguente tentativo di rafforzare il suo impero sposando in seconde nozze Maria Luisa d'Asburgo.
L'eroicità di Napoleone è l'aspetto che verrà consegnato nella sua obiettiva lettura ai posteri. Ed è quanto emerge dall'Ode a lui dedicata a seguito della sua morte da Alessandro Manzoni. Rivolta tutta al tempo passato, è un invito a consegnare al futuro in forma integra una figura da molti calpestata perché forse mal compresa. Il presente per l'uomo romantico è quanto si lascia in eredità si posteri e su questo concetto l'impegno politico degli intellettuali Primo Novecento insisterà. Non può esserci eroicità senza sacrificio e nonostante Manzoni non sembri trattare questo aspetto apertamente, esso è contemplabile attraverso l'impegno politico dell'intellettuale nel suo tempo, impegno in cui Manzoni crede convintamente.
Il concetto di eternità passa attraverso la gloria costruita concretamente in vita con le azioni. La morte diventa quindi un momento tutto personale, sacro in quanto preceduto dalla solitudine e dal silenzio. La conversione che Manzoni immagina a proposito di Napoleone immerso in una condizione eremitica di contemplazione di se stesso, consacra l'esiliato all'eternità.
A molti il 5 Maggio di Manzoni appare un'opera troppo idealistica e in quanto tale lontana dalla vera figura di Napoleone. Non dobbiamo però dimenticare le esigenze di unità nazionale e patria che animavano in Italia gli intellettuali risorgimentali. Manzoni se ne fa un degno interprete col sogno di consegnare l'Italia a una figura di alta statura politica e militare come appunto Napoleone.