L'infinito è una lunga attesa. Sa essere pace come anche estenuante afflizione. L'infinito è un profumo che aleggia nell'anima dei giusti così come in coloro che non hanno visione di se stessi.
Si può ovviare al dolore agendo all'interno e sul piano dell'elevazione spirituale. Crediamo difatti troppo spesso che l'inferno non abbia cielo, e invece così non è. Pensiamo con convinzione che l'inferno sia una condizione immutabile e non una regione dello spirito che, a seconda, può essere modificata da chi siamo e da come agiamo. L'infinito pertanto è la scrittura del presente. Ha colori, suoni e profumi. È il tratto dolce del pittore maturo o il nero schizzato sulla superficie dall'artista ribelle.
Pensiamo all'infinito con gli occhi della vecchiaia che sorvegliano il cielo con la stanchezza che provoca un richiamo, perché nel cielo si riconoscono. Ma L'infinito sa essere piccolo e raccolto nell'uovo che si spacca ai colpi di un tenero becco o il bocciolo che ci fa il regalo di fiorire in un tempo inatteso.
La sorpresa è l'infinito e chi crede ha lo sguardo rivolto ovunque e alla magia che serenamente e a volte prepotentemente si svolge addolcendoci e ammonendoci.
Siamo il tetto delle cose, il principio e la fine. La cantina che porge la voce al pavimento. Siamo collocati in un viaggio continuo che chiamiamo vita. La vita ci chiama e oltre il crinale altri percorsi incominciano fino a quando non ci riconosciamo nella vita stessa e nell'ululato che lasciamo a chi porge guancia e orecchio al silenzio che pullula di stelle. Di infiniti trilioni di vite.