La “q” e’ una lettera che racchiude al suo interno la chiara rappresentazione dell’individuo in rapporto all’altro.

È la decifrazione del proprio essere in rapporto al luogo che egli occupa, e quindi ci parla dell’essere in rapporto all'esserci. Con l’evoluzione questo legame e’ andato sempre piu’ consolidandosi, a mano a mano che lo scambio tra individui dapprima della stessa comunita’ poi con gli esterni ha garantito la sussistenza non solo biologica ma strutturata a piu’ livelli. Il qui e il questo hanno subito messo a confronto l’ambiente in cui si vive e cio’che e’ esterno , il “quello”. Il proprio indica l’insieme o cerchio che con l’individuazione delle singolari necessita’ ha spinto l’uomo a trasferirsi concettualmente sul piano delle angolazioni o spigolature.

La frattura tra l’individuo e la societa’ alimenta scontri e involuzioni. In ambito sociologico, come evidenzia nella sua saggistica anche il filosofo Lacan, il posto che occupa l’individuo da’ forma e consistenza al suo potere. Oggi si e’ qualcuno in rapporto al posto che si occupa. Il posto, e’evidente, non evidenzia l’interazione alla pari ma e’ il risultato di una logica separatista che contrappone in chiave egoica l’io all’altro. L’assorbimento dell’altro che va a includersi nell’ambito egoico di chi ha raggiunto l’identificazione col proprio posto e qui di detiene un ruolo di comando, va inteso in una logica di servile subordinazione ed e’ quanto sta avvenendo oggigiorno col fenomeno dell'accoglienza. Nel momento in cui l'altro viene ad essere incluso e diviene “questo” la frantumazione di una realta’ precostituita e’inevitabile. L’altro non diventera’ mai parte integrata del sistema a lui preesistente, ma agente di una realta’ nuova e inventata. E’ la gambetta della lettera “q” che spinge alla rottura del sistema vigente.
L'Impero Romano è caduto non per il confronto con altro, ma per l'assorbimento nel circuito delle preesistenti costumanze di elementi esterni che ne hanno determinato la fine. La storia in tale logica andrebbe rivista e reinterpretata, e per non ripetere vecchi errori, e per dare corpo e senso a quanto realmente accaduto. La logica del potere e’ sempre connessa alla cultura dell’integrazione che non abbia obiettivi e base affini con il terreno ideologico e culturale precostituito. La coerenza dei principi andrebbe sempre rispettata anche all’interno di un sistema governativo, per ovviare all’insorgere di quelle spigolose fragilita’ che ne determinerebbero l’epilogo.