E’ forse proprio l'elemento tragico a debordare dai miti, a renderli al tempo stesso intramontabili e incisivi. Non esiste difatti epos narrato o raccontato che non contenga oltre la soglia della didattica un mondo di pulsioni che non obbedisce al tracciato scrupolosamente costruito della trama, ma al recondito mondo dell’irrazionale proiettato e introiettato dalle divinita’.
L’ordito di eventi galleggia nel suo oceano di articolazioni in cui si avvicendano uomini e patrie, ma cio’ che respira nel regno sommerso e’ l’amplificazione di stati d’animo e sentimenti che gli dei ascoltano senza deragliare sul piano delle sensibilita’ e venire meno al fine ultimo riflesso dalle azioni dell'eroe.
L’identita’ di un popolo trova il suo gemello nel mito che ne racchiude a mo’ di scrigno l’anima e lo spirito. Se lo spirito lo rintracciamo nell’intricato ordito, l’anima rappresenta cio’che soggiace alla trama industriosamente elaborata. Spirito e anima sono aspetti della psiche. il primo fa riferimento non solo allo spessore delle imprese narrate a al fine ultmo collettivo, ma anche al carattere eroico dei personaggi protagonisti. L’anima, a seconda della cultura madre che pone il singolo mito in essere, può rivelarsi o respirare nel silenzio, emergendo dai flutti narrati attraverso la figura di moglie o amante. La coralita’ preesistente all’elaborazione delle opere e che le conduce, non contraddiice il volume interiore delle stesse. Esiste una coerenza diffusa che amalgama scene e profili eroici e da questa trae ispirazione la configurazione dell'antieroe.
Chi è l'antieroe dei miti?? Colui che intralcia l’opera del designato dagli dei? Di Ulisse nello specifico dell’Odissea? Spesso, contrariamente a quanto di pensi, l’antieroe non e’ l’avversario bellico, ma chi si contrappone alla ferrea logica del comando divino espresso in obbedienza dall’eroe protagonista. Sorprendentemente questo “chi” e’ proprio una figura femminile. La splendida Calipso, le seducenti sirene dell’Odissea, ma ancor piu’ Didone nell’Eneide segnano l’aspetto umano e sensibile di entrambe le opere. L’elemento coerente razionale e affettivo costituito da Penelope conferisce il taglio umano all’intera summa epica. Penelope e’la compagna ideale e reale che obbedisce all’intera storia di compiersi, contrariamente a quanto suggerisce l’immagine di Didone nell’Eneide. Qui Didone rappresenta la ribellione dell’anima al Fato in fieri rappresentato dalla volonta’ degli Dei. La partita e’ persa in partenza e la regina di Cartagine si uccide con la spada dell’agognato Enea, l'esecutore invisibile e immateriale dell'uccisione. È un suicidio o meglio, un omicidio simulato da suicidio che esalta la valenza tragica dell'atto in sé e la sconfitta dei sentimenti nel tracciato epico virgiliano. La pietas divinizza e al contempo disumanizza. Stigmatizza l’antieroicita’ del popolo femminile, sostanza e placenta dell’universo terreno e altresi’ umano.
Le eroine che finiranno preda del delirio “furor” dei sentimenti sono tipiche di ogni cultura e civiltà e su queste insistera’ la letteratura del primo Medioevo nella costruzione e divulgazione di saghe epiche orientate a dare risalto all'aspetto umano e femminile degli episodi attraverso i travagliati sentieri dell’universo interiore.