La cultura mafiosa tra sacro e profano
Il funerale Casamonica ha sollevato sconcerto e scalpore per i retroscena che vedono alcuni ambienti della Chiesa complici esplicitamente ed implicitamente di tale evento. Della collusione Stato mafia eravamo tutti più o meno al corrente, ma riguardo il coinvolgimento della Chiesa nell 'apparato mafioso, c'era ancora chi urlava allo scandalo pilotato.
È comprensibile che una democrazia, la nostra, fondata su valori influenzati dalla compresenza nel territorio geografico nazionale dello Stato del Vaticano, abbia concepito generazioni di cittadini moralmente refrattari verso ogni forma di inquinamento spirituale. Così come è altresi vero che secoli di condizionamento culturale di stampo feudale abbiano consolidato certe forme di potere chiuso e arroccato nei suoi punti di forza che poco hanno a che fare con i valori di Fede. Il Medioevo italiano ancor più di quello europeo impostato sul vassallaggio e sulla gerarchia feudale, poggia su fragili equilibri tra i poteri spirituale e temporale.
L’alleanza feudatari Chiesa se da un lato ha leso in modo irreparabile la coscienza spirituale e religiosa dei fedeli e soprattutto dei rappresentanti di Cristo in terra, dall'altro ha incrementato meccanismi di potere a scapito dei ceti deboli e indifesi. I riti s'impostano sul corredo di simboli al quale si affianca la ripetizione ritmica di formule dal precipuo valore magico-sacrale le quali, sotto forma di veri e propri mantra, disarmano la componente razionale dell'individuo, risvegliando e potenziando la sfera emotiva. Le religioni, cosi come le scuole iniziatiche a circuito chiuso, la Massoneria in primis, si fondano su tale base.
Nel momento in cui l'istituzione religiosa porta avanti un sistema elitario fatto di privilegi a favore di pochi, l'impalcatura etica viene meno e s'inizia a ragionare con la logica del profitto. La cultura mafiosa ha molto in comune con tale impostazione. I riti di affiliazione sono considerati veri e propri battesimi di accoglienza nel tessuto malavitoso. Gli affiliati sono adepti che invece di seguire un percorso di formazione inclinato verso la luce, intraprendono un cammino deviato, ossia che li allontanera sempre più da quelle finalità spirituali proprie di ogni forma di fratellanza, divenendo pedine al servizio del potere. Le logge mafiose e alcuni ambienti presenti all'interno della Chiesa trovano il loro anello di congiunzione e il loro punto di forza proprio nella confusione e sovrapposizione dei concetti di"potere" e "potenza".
Se col termine di potenza si fa riferimento in ambito teologico-metafisico al Principio Primo, personalizzato nella figura del Dio uno e trino nel Cristianesimo, col concetto di potere ci spostiamo all'ambito ontologico, in riferimento all'uomo. Se la potenza divina è il fattore aprioristico con cui Dio determina ogni cosa, il potere è la forza arbitraria che l'uomo esercita sull'ambiente col fine di soggiogarlo alla sua volonta. Cio culmina con lo spodestamento di Dio quale autorità indiscussa, e l'accentramento nelle mani umane di ogni forma di decisione. Pertanto all ' obbedienza, che rappresenta l'inclinazione spontanea a seguire Dio e a perseguire la legge morale intrinseca nell'uomo, si sostituisce l'ubbedienza che determina la sudditanza della persona verso chi esercita dall'esterno il potere e impone la propria autorità.
Ne consegue uno scambio tra Chiesa e mafia dei due concetti di potere e di potenza. Infatti, se la Chiesa va sempre più intraprendendo il cammino verso la mondanità, coltivando il potere temporale, le mafie operano all'inverso, tendendo a quel fattore di potenza che le colloca al di sopra di ogni istituzione dello Stato e non solo. Il capo del malaffare territoriale diviene quindi un punto di riferimento indiscusso, riproponendo il modello gerarchico sociale a struttura piramidale tipico delle civiltà teocratiche. Gesti come il bacio all'anello vistoso e prezioso, da parte di chi riconosce nel boss l’autorità assoluta, diviene parte di quel rituale di sudditanza prima accennato. Ciò spiega l'ingerenza mafiosa nelle tradizioni religiose locali e in particolare nel controllo delle confraternite, così come nelle processioni.
L’inchino del santo o della Madonna dinanzi alla casa del boss, come si è verificato a Oppido Mamertina, ha un evidente valore simbolico, di omaggio reverenziale e di sottomissione a colui che ricopre il ruolo di massima autorità in senso lato. In tale prospettiva accade anche che i percorsi delle processioni subiscano apposite deviazioni per far sì che la statua patronale si fermi davanti all'abitazione del capomafia locale o al covo del boss. Per concludere, accenno al significato blasfemo che assumono San Giorgio e San Michele nella cultura mafiosa. Entrambi iconograficamente sono accompagnati dal simbolo della spada che, sotto il profilo archetipico, rappresenta il raggio di sole che spazza via ogni forma di tenebra e quindi suggerisce la regalità divina.
Trasposto questo discorso in ambito antropologico, si comprende il valore che ha la spada nella tradizione mafiosa. Essa esprime, al di là di ogni argomentazione etica e religiosa, il concetto di potenza. Il boss è la colonna portante di ogni esecutivo, il vertice della piramide del malaffare.