Non può esserci etica se non nella convergenza del molteplice nell'Uno, perché l'etica si fonda sul valore della giustizia e la sua applicazione concreta e pragmatica che consiste nell’arretramento di ogni istanza individualistica e quindi nella riconsiderazione, nonché attuazione, dei principi trascendentali e anagogici che nulla hanno a che fare con i fondamenti speculativi e induttivi della filosofia classica.
Ogni forma di vita attiva e passiva è emanazione del Principio Primo che l'ha generata e per generarla ha dovuto sognare, ossia ricondursi allo stato di energia potenziale che risiede nell'utero primordiale. Ogni essere vivente è potenzialmente Creatore in quanto la scintilla divina è agente in Lui. L'ammissione di tale principio riguarda il grado di consapevolezza raggiunto dall'individuo.
Col sogno ognuno si scopre creatore di una realtà che smembra in più ruoli la sua azione partecipazione al sogno medesimo. Ogni individuo è parte di un tutto che abbraccia i molteplici regni, anche quelli al di fuori della sua contemplazione intima e razionale.Affrontare lo studio dell'etica fermandosi al piano razionale significa non cogliere il tutto, ma una sua porzione, e proprio in questo risiede l'illusione. Non si può pensare all'attuazione del l'ideale di giustizia, se non congiungendo il singolo al Tutto e su questo principio si fonda la suprema conoscenza che anticamente prendeva il nome di Sapienza del Cuore (menzionata nella liturgia cattolica) in quanto il cuore è il luogo in cui convergono gli infiniti mondi. Investire per il futuro di una civiltà sull'indottrinamento passivo significa inequivocabilmente affidarsi alla ragione e ai suoi strumenti illusori.
La ragione è illusoria perché, come dice la parola stessa è una razione, una porzione del Tutto e i suoi strumenti non permettono di colmare le lacune dell'ignoranza. Sono insufficienti e inefficaci. La convergenza degli strumenti conoscitivi non può essere che absidale, di ritorno alla Luce che ci sovrasta, perché dal piano della Luce tutto discende e ha preso forma. Ci stupiamo del fatto che oggigiorno le opere pubbliche durino il tempo che trovano, nonostante gli ostici studi richiesti dalle singole specializzazioni. Ponti che si sfarinano, pilastri che cedono inspiegabilmente.
Ciò si spiega proprio con lo smembramento della cultura nelle sue relative branche che perdono di vista il Tutto e agiscono sulla non formazione degli individui. Gli antichi monumenti, espressione della tradizione muratoria che ha lasciato un’innegabile traccia della sua maestosità attraverso templi, piramidi e quant'altro, c'inducono a capire il fallimento del percorso formativo intrapreso nel corso dei secoli dall'umanità a scapito dell’accentrativa idea di cultura. Cultura è coltivare, seguire passo passo l'evoluzione di un singolo oggetto misurato nel suo ambiente e confrontato col suo Tutto di cui è un’innegabile espressione.
Gli antichi templi traevano ispirazione da questo concetto ed erano concepiti come discendente emanazione del Principio ispiratore dell'Universo. L'Antica tradizione muratoria sacra si fonda su questo ideale supremo. Le basi del tempio non sono che un riflesso della luce primordiale e l'abside che culmina con l’occhio solare nelle cattedrali, è il punto di origine dell'Universo in cui tutto converge. Il tempio è un albero perché un albero è l'uomo, come suggerisce l'albero ebraico della conoscenza rintracciabile in altre antiche civiltà, perché una è la tradizione primordiale.