Affianco alla concezione del tempo lineare espresso da un rapporto di causalità rappresentato da un prima e da un poi, e alla concezione del tempo ancora più antica che affonda le radici nell'Età del Mito, rappresentata dal cerchio, simbolo dell'Eterno Ritorno, è degna di menzione un'altra raffigurazione del tempo, forse ancora più antica dell'uroboro (il serpente che si morde la coda espressione di circolarità) e che ha ancora come protagonista il serpente ma nella sua sinuosità abituale.

Tale simbolo esprime l'elasticità della memoria che risveglia l'uomo da una concezione latente del tempo, facendo risorgere dall'inconscio spaccati di vissuto. Questa concezione elastica del tempo risiede visceralmente nell'inconscio individuale ed è antica sì, ma anche modernissima, lontana anni luce dalla configurazione lineare del tempo aliena alla sfera emozionale, e precipuamente razionale, in quanto permette di catalogare gli avvenimenti in base a un ordine "spaziale" come evidenzia il filosofo antisartriano G. Bachelard nel suo saggio "La poetica dello spazio".
Il tempo si dilata e si restringe nel momento in cui gli eventi emergono dal buio ancestrale dell'inconscio e prendono forma nella luce della coscienza. Questa concezione elastica del tempo ritorna dopo secoli se non millenni di letargo agli inizi del '900 col nome di "Stream of consciousness" a caratterizzare le opere di J. Joyce, V. Woolf e M. Proust, fornendo le basi al Decadentismo.