L'incontro tra il re Pescatore e Parsifal è descritto nel romanzo di Cretienne de Troyes. Il nome Cretienne era molto diffuso nelle Francia medievale, come variante di Christian. In molti ravvisano una relazione tra il nome Cretienne e il dispregiativo italiano "cretino".
Nonostante l'affinità di suono le radici di quest'ultimo ci portano in ben altre direzioni rispetto al "povero cristiano", ossia al "poveraccio". "Cretino" ci condurrebbe per via diretta alla creta con cui si designava anticamente anche il vaso ricavato da essa. Il vaso era collegato per forma e per cavità interna alla testa e ad esso si ricondurrebbe anche il termine "teschio" in riferimento all'immagine della morte che svuota il corpo dell'anima, lasciandolo a putrefarsi.
Il cretino è quindi un soggetto non "poveraccio" ma privo di ogni qualità sottile e di spiccata intelligenza. Sarebbe come dire un "coccio vuoto".
Nonostante nel tempo in rapporto ai vasi e agli utensili l'uomo antico abbia sviluppato un certo gusto estetico, c'è da dire che la funzione dell'oggetto creato aveva la meglio sugli altri suoi attributi. Il vaso veniva usato come urna e per raccogliere gli escrementi. L'urna era un vaso piccolo e in rapporto alle ceneri che doveva contenere crebbe in qualità di fattura. Le ceneri di un capo trovavano dimora in un'urna curata nei dettagli anche estetici, messi in risalto dalla qualità del materiale lavorato.
Partendo dalla morte come culto, l'uomo ha sviluppato la sua gerarchia di valori estetici che hanno mantenuto in vita e trasmesso quindi secondo una linea di tradizioni, le differenze sociali in atto. Prima del matrimonio, la morte ha celebrato l'eternità dell'individuo che ha portato dietro di sé nel trapasso il corredo di costumanze della sua comunità. È curioso come la sensibilità si sia evoluta con l'intenzione di redimere l'aspetto meno nobile dell'essere umano, che lo lega all'espulsione dei rifiuti e alla decomposizione della materia. Proteggere e preservare dalla contaminazione di muffe e germi quanto l'uomo con fatica e duro lavoro era riuscito a procacciarsi allo scopo di sfamare se stesso e i componenti della sua famiglia, era prerogativa fondamentale della civiltà cacciatoriali. Preservare con l'alimentazione non era da meno dal preservare la propria stirpe attraverso l'atto di procreazione. La morte era il nemico della propria conservazione e da subito l'uomo capì che mangiare in modo sano equivaleva ad assicurare una buona discendenza, mettendo così in relazione cibo e sesso lungo la direttrice della vita. Sulla base di quanto detto "Vaso" avrebbe la stessa origine etimologica di "base" perché alla sua comparsa legata alle ragioni sopra espresse, sarebbe connessa l'evoluzione umana.
Il vaso nel Neolitico diviene espressione plastica del corpo umano, della donna che suggerisce con la maternità l'immagine del contenente. Il vaso prende valore inizialmente da ciò che deve contenere. Il contenuto giustifica il contenitore che deve quindi corrispondere alla sua funzione. Sul valore del contenitore metafora del corpo umano si espresse San Paolo, dicendo appunto che il contenitore corpo non va trascurato proprio perché ospita al suo interno la nostra interiorità, il bene più prezioso. Non deve questa considerazione di San Paolo spostare l'interesse sull'involucro dal contenuto, in quanto il contenitore è sempre subordinato al contenuto che è l'essenza del buon Cristiano.
Nel pieno Neolitico la forma del vaso viene progettata in relazione al contenuto. I vasi che ospitavano i trucchi e le creme di bellezza femminili nell'estetica suggerivano la loro funzione tenendo sempre conto della gerarchia sociale della proprietaria. Anche i vasi destinati alla raccolta di feci e urine manifestavano nel tentativo di curarne l'estetica la volontà di orientare l'attenzione sulla sostanza interiore dell'uomo. Prerogativa dell'uomo diventa quella di preservare l'interiorità dalla corruzione fisica. Partendo da questo, possiamo quindi affermare che l'Estetica come esigenza da trasferire in ambito pratico è stata assolutamente fondamentale nella percezione di una vita oltre la morte, che occorre meritarsi agendo e pensando bene lungo il nostro viaggio sulla terra.