Pescatore e pesce si equivalgono. Il mare bagna chi lavora a contatto con esso e anticamente questo faceva sì che il pescatore fosse considerato anticamente una figura sacra. Il pescatore è colui che non si separa mai dal liquido amniotico che lo preserva dall'impurità della vita terrena. È come se fosse in contatto con un altro cielo, fluido e misterioso.
Nelle Scritture compare l'immagine del pesce ripetutamente, ma solo una volta nella sua identità inserita in un contesto di collettività. La moltiplicazione dei pani e dei pesci lega i due mondi ctoni, terracquei alla sacralità del Regno del Padre. Gesù con le mani li moltiplica accostandosi alla sua funzione di Nuovo Adamo che rifonderà la dimensione terracquea.
Più volte ci si rivolge alla Madonna con appellativi che rimandano al mare e a una nuova consapevolezza di rinascita nella fede, mantenendo l'aderenza ai primordi che attengono alla Creazione di Dio. Nella Madonna ritroviamo la sacralità che era di Venere, preservata nella sua purezza dalla conchiglia. Per cui la dea è sì simbolo di bellezza assoluta ma in relazione alla sua integrità.
L'usanza di mangiare pesce la Vigilia di Natale e il giorno della Festa vera e propria invece carne, esprime la volontà di accompagnare nell'arco di dodici ore (dodici, numero sacro) la nascita dalle acque materne e l'esperienza terrena di Dio fattosi uomo.
Il pescatore è colui che conosce i segreti del mare e il fatto che il suo fosse comunque un lavoro scarsamente retribuito, ci conduce a considerare il pescatore una figura mistica particolarmente avvertita in determinate aree della terra. Da noi tramite i testi evangelici che legano Gesù alla pesca per l'episodio della moltiplicazione e per tramite di altri episodi tra i quali la scelta di Simon Pietro e la partita di pesca con le reti, la figura del pescatore viene considerata.
Il pesce più del pescatore ha il suo valore, perché radicato nella sua dimensione. Il pesce esprime quindi l'umiltà di chi osserva e obbedisce alle sue radici e in esso Gesù viene riconosciuto per l'aderenza alla volontà del Padre. In più, il pesce non conosce ozio e questo lo rende un'immagine da emulare nel Protocristianesimo e in tutto il Medioevo. La mitra papale rappresenta il delfino che, nonostante sporga dall'acqua e la sua natura di mammifero, preferisce il regno marino. L'operosità del pesce è evidenziata dall'uso costante delle pinne, le loro mani sostituite nel regno degli uccelli dalle penne.
La leggenda del re pescatore che si diffonde nel Medioevo, si presta a interpretazioni controverse. Legato alla figura del Cristo e del quarto re magio, una leggenda ripresa sul finire dell'Ottocento, il re pescatore è la voce della verità trasmessa dal Cristo morente. È l'erede della saggezza del Redentore infusa nel quarto magio, che avrebbe di conseguenza screditato l'operato degli Apostoli e degli Evangelisti. Pertanto viene convertito nel bugiardo che avrebbe macchiato la reputazione dei pescatori considerati di fatto nell'Alto Medioevo imbroglioni e truffatori al pari dei mercanti.
Nel contesto Nord Europeo invece, accostato al mito di Parsifal, il re pescatore è una figura illuminante che prepara il cavaliere alla visione del Graal. C'è chi ravvisa nella figura enigmatica del re pescatore quella di Cristo che, rivolgendosi ai suoi disse "Vi farò pescatori di uomini" introducendoli alle conoscenze superiori, del Regno del Padre.