La calligrafia immette nella concezione di bellezza legata alla scrittura. Il concetto di bella scrittura risale all'antichità, a prima che la scrittura per come la conosciamo oggi facesse la sua comparsa sulla scena del mondo.
Nei geroglifici, negli ideogrammi parenti stretti delle incisioni rupestri è presente il concetto che il pensiero bello o brutto che sia, merita di essere trasferito con estrema cura. Questa esigenza che rivela un alto grado di maturità espressiva che si trasfonde nell'azione di scrivere, tiene conto di un rapporto gemellare tra lo scrivente e il ricevente. Scrivere bene significa avere cura di quello che si pensa, quindi curare se stessi e i propri pensieri, essendo consapevoli del ruolo che, per quanto minimo, si esercita nella comunità. Scrivere bene insegna a pensare e a esprimersi bene e la scrittura in qualsiasi forma la si voglia considerare, ha rappresentato una tappa fondamentale nell'evoluzione culturale e psichica dell'uomo, rafforzando il legame tra l'individuo e la comunità.
Inizialmente la scrittura era uno strumento divulgativo con la funzione precisa di rendicontare quanto avveniva all'interno della comunità. Svolgeva una funzione collettiva dentro la quale lo scrivente nascondeva se stesso, in quanto portavoce di un gruppo. L'affinamento estetico dei caratteri della scrittura è subentrato come esigenza nel momento in cui la scrittura è uscita dall'alveo delle necessità pratiche per orientarsi verso il Sacro e divenire tramite tra l'uomo e il divino.
Nell'archeologia del Bello legato alla scrittura c'è la necessità di venerare opportunamente lo Spirito che governa il mondo e il Creato tutto. Per ottenere qualcosa è utile usare la gentilezza, ma prima ancora che per chiedere, la scrittura in rapporto al Sacro ha definito il passaggio dalla comunità al singolo componente. L'uomo ha così imparato, riflettendo ed esternando su pietra o pergamena il proprio pensiero, che ognuno è un essere preciso che non va confuso con gli altri ma che appartiene a una realtà di famiglia estesa.
La scrittura è stata il tramite tra il pubblico e il privato e grazie al rapporto uomo Dio si è definita nelle singolarità di ciascuno scrivente. È così che alla scrittura ufficiale è andata affiancandosi quella privata e quindi intima.
Il rapporto di intimità uomo Dio evidenziato dalla scrittura privata è passato attraverso la forma di ringraziamento e adorazione, quindi di preghiera. La preghiera scritta ha preso così forma di confessione non sempre pubblicamente esternata, definendo i confini tra gli officianti del culto e il semplice fedele. I profeti diventano emissari della volontà divina che va resa nota a tutta la comunità. Sono gli antesignani dei poeti vate, d'intercessione tra Dio e l'uomo.
La scrittura asettica, senza alcun riflesso psicologico ed emozionale, è impossibile da realizzare, ma proprio in Oriente attraverso gli ideogrammi si è cercato di rafforzare il valore estetico della grafia in rapporto e agli argomenti sacri e a quelli burocratici. La burocrazia di un ordinamento sociale schematizzato e ben strutturato ha aiutato a separare il documento dal testo vero e proprio, allargando la forbice tra la scrittura privata e quella ufficiale. L'abilità creativa relativa alla scrittura di fede ha portato l'individuo a esprimere se stesso attraverso il proprio legame con Dio, facendo derivare il principio secondo cui è l'Alto a ispirare la bellezza dell'uomo.