La sottomissione della donna al marito ha sicuramente contribuito allo sviluppo delle virtù della donna celebrate dallo Stilnovismo. La discrezione, la grazia e la pazienza differenziano le nobildonne dalle popolane.
Checché se ne dica, l'aristocrazia medievale era molto attenta all'igiene personale. Questa attenzione alle nostre latitudini viene ereditata dal mondo romano. All'ospite che giungeva da lontano era consuetudine invitarlo a un bagno confortevole nelle grandi vasche dove si calava anche il dominus che approfittava per affrontare temi importanti politici ed economici senza indispettire l'altro. La privacy nel Medioevo era ancora un obiettivo lontano. Nel castello c'erano spie ovunque e la prima notte di nozze soprattutto nel Nord Europa era anticipata dall'esultanza faceta degli amici più intimi dello sposo, che brilli seguivano a mo' di corteo i due fin nella stanza privata, fermandosi dietro la porta dove prolungavano i loro fragorosi inneggiamenti. Non sempre le neoconsorti gradivano e a un gesto categorico del marito la folla di festaioli in silenzio si ritirava.
Questa usanza dimostra il valore assegnato nel Medioevo alla nascita di un erede. Se il matrimonio non dava frutti, il marito era tenuto a scegliersi le cortigiane dalle quali avere eredi. Chiaramente nelle fasce basse della popolazione ciò non avveniva.
È curioso come il rigore abbia nell'antichità caratterizzato proprio i ceti dominanti alimentando spesso gravi trasgressioni che minavano la credibilità dei nobili.
Il popolo viveva più liberamente. Le gravi condizioni igienico alimentari impedivano di soffermarsi sulle questioni ritenute irrisorie delle regole e dei principi severamente impartiti a corte. Purtuttavia era alle prese con preoccupazioni di altro tipo, spesso con accuse infondate, imputate ai sobillatori che agivano dietro pagamento, per conto dei feudatari o dei prelati rivali. Le accuse erano quasi sempre legate al tema della negromanzia e stregoneria e se il nobile o l'alto rappresentante della Chiesa quasi sempre la facevano franca, altre erano le conseguenze per chi si era lasciato corrompere. Le celle delle carceri erano posti squallidi dove si moriva se non di stenti, di lebbra o malaria. Peste e lebbra erano le malattie più diffuse che ponevano un forte distinguo tra le alte classi e i ceti bassi.
Anche vivere a corte comportava seri rischi. L'avvelenamento da cibo era la via più semplice per eliminare il soggetto scomodo, senza che si lasciassero tracce. L'assaggiatore una volta scelto dal re o dal nobile, non poteva esimersi dal ruolo affidatogli. L'uso di servire in piatti e con posate d'argento si basava sulla convinzione che l'argento neutralizzasse i principi velenosi. In realtà queste forme di precauzione risultavano utili ad evitare che a corte si propagassero infezioni.
Sia le donne, sia gli uomini, per quanto di alto rango, vivevano a stretto contatto con la sofferenza e la morte. Le donne morivano spesso di parto dando alla luce la nuova creatura, gli uomini si ferivano duramente in battaglia, riportando amputazioni rudimentali che non guarivano del tutto dall'infezione che degenerava in cancrena, conducendo alla morte. I punti di sutura venivano dati a crudo, spesso sterilizzando vicino al fuoco i peli tirati alle code dei cavalli. Erano punti inaffidabili e spesso le ferite si riaprivano mentre si duellava o si rientrava in battaglia.
Dell'antico passato il Medioevo riproponeva le stesse problematiche, nonostante un certo affinamento di tecnica e strategia e l'introduzione di una più elaborata armatura. Ecco pertanto spiegata l'importanza attribuita ai nostoi dietro i quali si nascondevano importanti intrighi di corte. Far credere morto un cavaliere che mal serviva il potente di turno, era l'occasione per piegare la domina alle esigenze politiche dei superiori. Spesso erano proprio i padri a invogliare le figlie sventurate che aspettavano il rientro dei loro mariti a fomentare tristi voci, affinché si stringessero nuove alleanze. Le donne erano il tramite per sodalizi che altrimenti non avrebbero avuto luogo. In queste vicende di nuovi matrimoni contratti, un ruolo imporrante, lo svolgevano i ministri della Chiesa comprati e compiacenti.
Il tema dei nostoi medievali dà luogo alle romanze medievali. Le loro trame ingarbugliate servivano a intrattenere piacevolmente ospiti e cortigiani e contribuirono alla fioritura di una mitologia parallela a quella classica in cui la figura di Penelope viene soppiantata da un nuovo modello femminile all'apparenza volubile, in realtà sottomessa alla volontà del padre e alle esigenza del casato. Si costituisce così un filone parallelo a quello dei nostoi di impostazione classica, che ha matrice nordica e bretone o comunque celtica. Il modello di donna traditrice impersonato da Ginevra che s'innamora di Lancellotto non è solo un segno di modernità, ma di una profonda consapevolezza che dà voce ai sogni di tutte quelle donne costrette a vivere al fianco di mariti mai desiderati.
Tristano e Isotta e la coppa di amrita sono i testimoni dell'amore trionfante celebrato a corte e in cui la coppa diviene simbolo anche di massima fiducia reciproca e condivisione in un tempo in cui, come sopra detto, facilmente si moriva di avvelenamento spesso orchestrato proprio da uno dei due sposi.