L'uomo vivendo spiritualmente in contatto con Dio ricrea il tempo e si ricrea nello spazio. È quanto succede nel Medioevo. I luoghi e il tempo diventano quelli in cui ci si ritrova ricalcando le grandi gesta di eroi e divinità, queste ultime rapite dai loro contesti e rivisitate nell'ottica del dio cristiano.
Ciò dà vita a una percezione di malleabilità che non si ravvisa solo nel modo d'intendere la cultura ma anche nella plasticità conferita alle forme. Uno stesso personaggio si sdoppia, si frammenta in altre copie di sé, ma nel nome mantiene l'aderenza al suo io originario che tramite il nome era possibile recuperare nella sua storicità vera o presunta. C'è in questo un richiamo al Dio uno e trino della Cristianità, difficile da accettare razionalmente. Sempre su queste basi ritroviamo una Ginevra regina tramutata nella povera sventurata e addirittura in un'altra identità che la vede santa protettrice della Francia. Tre sono le anime di Ginevra e ricalcano quanto il nome stesso in gaelico significa, ossia "Fantasma bianco". Il suo fluttuare tra tre diverse identità sembra essere incluso nel nome e come dicevano i Romani, "omen nomen" sembra trovare risposta concreta attraverso di lei nel Medioevo.
Quanto ora espresso è uno dei tratti medievali recuperati dal Manzoni nel suo "I promessi sposi", che apre a nuovi scenari sulla comprensione del Medioevo. È l'azione a fare l'uomo e chiunque si fermi o precipiti moralmente nel baratro del male, non merita alcun nome. Il nome nel Medioevo rappresenta l'aderenza a Dio. Il soprannome già in uso presso i Romani, nel Medioevo diventa un attributo della coscienza, aiutando il proliferare di miti e leggende anche troppo colorite a proposito dello stesso soggetto. Esiste l'uomo ed esiste il personaggio. La vera identità viene rivelata da quanto la persona comunica una volta trapassata, sottoforma di fantasma o demone vagante.
Avere una meta, una destinazione, equivale ad avere una missione che è luce e proviene da Dio. Chi si mette in viaggio nel Medioevo sa dove andare e cosa portare. È del demone invece vagare senza meta e così facendo trarre in inganno gli ingenui. Essere ingenui è un forte limite nel Medioevo. L'ingenuo è colui che vive nel limbo come i non battezzati e quindi in balia della persuasione demoniaca. Nel Medioevo non era consentita né perdonata l'ingenuità e chi la mostrasse veniva accusato di essere complice del maligno. L'ingenuità era altro dalla purezza che prevedeva a monte una scelta e una forma di educazione al bene da portare avanti. L'ingenuità era il bersaglio facile di cui diffidare e spesso gli ingenui facevano una brutta fine.
Sull'esempio di Gesù, il Cristo, il soprannome nel Medioevo era l'attributo rivelatore dell'identità di un soggetto e per identità il Medioevo intende l'aderenza a Dio. Il nome nella sua accezione sacra indica il salto esistenziale compiuto dalla persona rivoltasi alla fede e connota pertanto gli ambienti della chiesa. Gli alti prelati oltre al nome di battesimo si arricchiscono di un altro o più nomi che rappresentano la loro scelta di vita. Nell'ambiente militare si segue la stessa strada perché il Sacro e l'investitura della spada nel Medioevo si corrispondono. Altra storia per il popolo per il quale ancora persiste l'uso del soprannome che originariamente siriconduce al doppio nome del figlio, e che poi perde la sua impronta sacra come accade ai miti declassati a leggende. Il soprannome come nel caso del Barbarossa designa soggetti rappresentativi delle forze oscure del male e a questa tradizione si ricollega Manzoni a proposito dell'Innominato, nonostante ci fossero dei motivi effettivi per i quali era sconsigliabile che l'autore ne riportasse il nome esatto.