L'Autunno c'insegna che le foglie sono farfalle che danzano prima di incurvarsi e donarsi alla terra. Che c'è un nodo inestricabile quanto sensibile a tenere unite tutte le forme di vita e che ognuno è un raggio di sole che si compie brillando nell'insieme.
La doratura del cielo è imperio dai toni caldi che perdureranno in noi nel duro inverno, ricordandoci che c'è sempre una porta da cui ripartire. Il taglio delle percezioni viaggia dall'alto verso il basso percorrendo le oscurità che si fanno sempre più vivide.
La scure e l'oscurità si appartengono. Entrambe derivano dal latino "secare: tagliare" da cui deriva anche il termine "sega". La scure più dell'ascia rende visibile il taglio netto da essa operato. È pertanto nell'immaginario popolare collegata alla morte. Se la vita è luce e apertura, la morte è chiusura. Da qui la derivazione da "secare" di "oscurità" che si richiama ad essa. La notte che avanza è un sipario che si chiude sull'operosita della vita. Le attività giornaliere s'interrompono e vengono spazzate via dal tempo del sonno e del sogno.
C'è un taglio netto, un orizzonte che non deve mai essere confuso, né tanto meno cancellato, tra i due mondi che sono ribaltabili nella loro indiscussa identità. Ed è proprio sulla base dell'assottigliamento di questo confine che oggi si tende ad attaccare ogni conquista perpetrata dall'umanità a riguardo dell'etica.
Ciò che chiude, nel linguaggio ermetico tende a relazionare. L'idea è riflessa sulla soglia che apre e chiude prima di una qualsiasi porta. La porta ha una sua funzione pratica di separare gli ambienti, ma è l'uscio da "uscire" a conferire visibilità all'immagine del passaggio. All'uscio corrisponde la soglia "sul punto di" a determinare il varco. Gli usci e le soglie in passato avevano un valore intrinseco alle case quali rappresentazioni dell'uomo stesso.
La dimora è legata alla proprietà, la casa, l'abitazione è il riflesso di chi siamo. Non a caso il verbo "abitare" e il sostantivo "abito" hanno lo stesso significato. Entrambi fanno riferimento a quanto gli altri devono recepire sulla base di chi siamo e che mostriamo all'esterno. Contengono difatti entrambi la radice di "eo-is:andare verso (gli altri)", ossia di traslare se stessi negli occhi di chi guarda e deve vedere. Ecco il motivo per cui si dà grande importanza all'arredamento parimenti all'abbigliamento.
Gli scuri alla finestra tagliano fuori il mondo esterno in vista della notte che porta a concentrarci su noi stessi. Non sono forse le finestre gli occhi della casa?
In passato, nell'Ottocento nello specifico, gli scuri alla finestra servivano a determinare quella condizione di intimità cara ai poeti. Oggi sono sostituite per la maggiore dalle più pratiche ma prosastiche tapparelle. Nei Paesi nordici dove i giorni d'inverno sono bui e le notti estive irrorate di luce, scuri e tapparelle sono sostituiti da tende spesse che ovattano l'ambiente ma non lo isolano perché la luce è una benedizione, una visita che non deve essere alienata e che spiega ad esempio in Svezia il culto presolstiziale di Santa Lucia, nelle fredde notti di dicembre.