Glotta e grotta. Le immagini nella pietra
Il sito "il Centro Tirreno.it" utilizza cookie tecnici o assimiliati e cookie di profilazione di terze parti in forma aggregata a scopi pubblicitari e per rendere più agevole la navigazione, garantire la fruizione dei servizi, se vuoi saperne di più leggi l'informativa estesa, se decidi di continuare la navigazione consideriamo che accetti il loro uso.

Glotta e grotta. Le immagini nella pietra

Amore e Psiche
Typography
  • Smaller Small Medium Big Bigger
  • Default Helvetica Segoe Georgia Times
Giuseppe Rito - Fontana monumentale de il Cavatore a Catanzaro
Giuseppe Rito - Fontana monumentale de il Cavatore a Catanzaro

 

C'è sempre un limite all'infinito e questo limite è ciò che ognuno si porta dentro. Un macigno, un'ombra, una trave. È ciò che gli fa paura. E questo è il suo limite che diventa tale quando lo pronunzia e così, pronunziandolo, il limite diventa eterno perché traccia dietro di sé un'eco quanto una cometa che compie giri e rigiri nei vuoti dell'Universo.

L'Universo allora lo concepiamo come uno spazio pieno di materia ingombrante, il cervello che ci riporta sempre sui soliti passi. Il cervello somiglia a un cordone o a un tubo lungo che si attorciglia molle e si ripiega su se stesso. Quando funziona bene accoglie e smaltisce come l'intestino che gli somiglia.

L'uomo ha considerato da sempre la pietra un ostacolo insormontabile. Un pericolo perché di massa compatta. Pietra e mare vanno insieme nella loro compattezza muscolare che non lascia via di scampo. La pietra ci parla dell'erosione dell'acqua salata che contro di essa sbatte e combatte. A volte ha il tocco lieve che lima e accarezza.

Simon Pietro diventa Pietro e pescatore di uomini. Era possente ma non molto sveglio, eppure Gesù lo scelse come guardiano del Paradiso a cui consegnò le chiavi. Tante pietre insieme formano una rete con tanti buchi dai quali filtra l'acqua. Anche la pietra necessita di aperture, altrimenti è insormontabile. Non c'è gigante che non vada a completare l'immagine della pietra come masso che interrompe un sentiero o chiude un passaggio. E nel gigante di pietra, qualsiasi esposizione alla luce ha ancora dell'incredibile non alla vista dell'uomo ma alla mente dell'uomo.

Il macigno che chiude il sepolcro è un uovo che non lascia esprimere la vita dal di dentro ma sorveglia quanto si compie nel buio del luogo angusto. Ciò che è cavo accoglie e trasforma, ciò che è pieno sorveglia e impedisce. I due guardiani sono colonne di pietra che sorvegliano l'ingresso non consentito a tutti e neanche a pochi, giusto agli eletti. La Chiesa si fonda sulla pietra per trasmettere il concetto di solidità e parimenti l'idea di mistero che la pietra solleva collegata a una fonte di luce che non si sa da dove provenga, forse dalle stelle. La pietra rende tangibile e solida la visuale del cielo. Pensiamo ai menhir così come al betile sacro per i Musulmani. È luce solidificata che contiene tracce di metalli preziosi. La pietra rosa, di quarzo, è scivolata dalle labbra dell'alba. Così l'ametista e insieme al marmo decora gli interni dei grandi edifici antichi.

Esistevano un tempo gli spaccatori di pietre, prima dei minatori. Un mestiere antico che oggi sembra privo di senso. Un mestiere di grande fatica che scolpiva le fattezze fisiche e muscolari conferendo tempra alla mente e all'anima. Le statue di uomini muscolosi con pietre e arnesi come martelli e piccozze di età fascista riconducono ai miti dei giganti, uomini prodi che non temono la forza oscura e inespugnabile della pietra, materia piena. Spaccare la pietra si concilia col sudore con cui edificarsi per ottenere un animo forte e incrollabile. È altro dallo scavare che compare nell'immagie primitiva della grotta. Scavare è anche diverso da sgrossare. Scavare lo ritroviamo nella rappresentazione simbolica della grotta, nella cavità orale in cui abita la lingua. Qui in rapporto a questa immagine, la lingua ricorda ciò che separa e unisce. È il fallo maschile che fende e penetra e risulta complementare all'immagine della tana o della grotta. La parola "sgrossare" la ritroviamo in quella di "grotta" e glossa, glotta (lingua come tramite di comunicazione e d'intesa.) Il dialogo conduce a una sintesi. Questo è l'aspetto più produttivo: il discorso a due che porta al numero tre, la sintesi appunto che coincide con il passo oltre e non con il traguardo.

Ho scritto e condiviso questo articolo
Ippolita Sicoli
Author: Ippolita SicoliWebsite: http://lafinestrasullospirito.it
Responsabile del Supplemento di Cultura "La finestra sullo Spirito" del quotidiano online "ilCentroTirreno.it"
Docente della Federiciana Università Popolare, Specializzata in Discipline Esoteriche, Antropologia, Eziologia e Mitologia, ha partecipato in qualità di relatrice a convegni e conferenze. Ha pubblicato le seguenti opere: “Il canto di Yvion - Viaggio oltre il silenzio” prima edizione Wip Edizioni 2003, seconda edizione Ma.Per. Editrice 2014. Il romanzo “Storia di Ilaria e della sua stella” Edizioni Akroamatikos 2008. La raccolta di racconti per ragazzi “Storie di pecore e maghi” Ed. Albatros 2010. Il romanzo “Il solco nella pietra” Editore Mannarino 2012. Il saggio antropologico “Nel ventre della luce” Carratelli Editore 2014.

Ti potrebbero interessare anche:
home-2-ads-fsp-cca-001